5 ott 2016

NUNZIO NASI

Nunzio Nasi : “Si ricordi, signor ministro, che l’Italia comincia da Trapani.”

Nunzio Nasi nasce a Trapani il 2 aprile 1850 nella Rua Grande, l’attuale Corso Vittorio Emanuele, figlio di un droghiere, tutto sommato benestante. 
Nunzio si diploma al Liceo Classico e su insistenza del padre si prepara per l’ammissione all’accademia militare, ma appena rimasto orfano capisce che la vita nelle caserme non si adatta alla sua ambizione. 
Si laurea allora in Giurisprudenza a Palermo, e dopo un breve soggiorno a Roma, ritorna a Trapani dove si inserisce nella vita cittadina diventando uno dei principali protagonisti della nuova classe borghese che contende il potere alla vecchia aristocrazia.

A Nunzio piace la politica. A 33 anni viene eletto consigliere comunale, e due anni dopo consigliere provinciale. 
Il salto di qualità arriva a soli 36 anni, quando divenne deputato del Regno d’Italia nel 1886, continuando ad occupare gli scranni parlamentari fino al 1926, quando il regime fascista lo dichiarò decaduto. 
Fu Ministro delle Poste nel Governo Pelloux (1898-1899) e Ministro della Pubblica Istruzione nel Governo Zanardelli (1900-1903).

Come ministro della Pubblica Istruzione opera numerose riforme. Non solo abolisce l’esame di fine anno, ma fa adottare come testo obbligatorio un libro scritto da uno che morì da latitante per via delle numerose condanne subite in diversi tribunali d'Italia e che ancora all’inizio del ‘900 era considerato un sovversivo, un cospiratore, un rivoluzionario ma che, anche grazie all’opera del ministro Nasi, sarà in futuro considerato uno dei padri della patria. Il libro si intitola “I doveri dell’uomo” e lo ha scritto Giuseppe Mazzini.

L'astro di Nunzio Nasi era in brillante ascesa, tanto da sembrare destinato alla successione nella giuda del Governo come Primo Ministro, ma come affermerà Ciraolo nel 1913, fu «vittima di un odio e di una persecuzione politica implacabile».

Fu travolto ingiustamente da uno scandalo che interruppe la sua brillante carriera, anche se fu sempre rieletto, a furor di popolo, per l’immutata stima che di lui continuarono ad avere i suoi elettori siciliani ed in particolare i suoi concittadini trapanesi.

Accusato dal Corriere della sera e dal socialista Bissolati di aver sottratto fondi dall’Amministrazione scolastica, la sua vicenda giudiziaria si mescolò con la lotta politica, che trovò nel nuovo Primo Ministro Giovanni Giolitti il suo più grande oppositore poiché sembrava destinato proprio ad essere il più autorevole antagonista e successore di lui alla direzione del Governo italiano. 

Memorabili rimasero le parole con cui Nasi si rivolse al rivale durante un acceso dibattito alla Camera : 
“SI RICORDI, SIGNOR MINISTRO, CHE L'ITALIA COMINCIA DA TRAPANI.”

La vicenda politico-giudiziaria aveva avuto inizio nel 1903, con una infamante accusa di peculato. Accusa dimostratasi, poi, infondata.
Nel 1905, l'ex Ministro aveva avuto un rinvio a giudizio da parte della Magistratura ordinaria (anziché dal Tribunale competente che era quello dell'Alta Corte Giudiziaria, così come, appunto, prevedeva lo Statuto Albertino, allora in vigore).
La Francia diede, comunque, rifugio politico all'ex Ministro Siciliano che, così, si era sottratto alla persecuzione politico-giudiziaria che non teneva conto neppure del suo STATUS di Parlamentare.
La Corte di Cassazione, intanto, aveva annullato il rinvio a giudizio (siamo già nel 1907) dello stesso Nasi. Il quale - anche a seguito di assicurazioni specifiche sulla sua libertà - decise di tornare in Italia. 
Fu, però, subito arrestato e portato in carcere. Dopo tre giorni gli furono concessi gli arresti domiciliari. Nessuna libertà, quindi.

Il 17 luglio del 1907 - in tutta quanta la Sicilia ed in particolare a Palermo - ebbero luogo vivacissime manifestazioni popolari di protesta contro l'arresto dell'ex Ministro Nunzio Nasi, eletto a Trapani e considerato un esponente di primo pano del riemergente Meridionalismo.
A Messina i disordini Pro-Nasi (che, sostanzialmente, erano manifestazioni PRO LIBERTA DELLA SICILIA) furono tanto violenti e partecipati da obbligare il GOVERNO ITALIANO a PROCLAMARE lo STATO D'ASSEDIO.
L’agitazione “nasista” degenerò in movimento autonomista, che a Catania ebbe perfino un organo molto battagliero, “L’azione di Catania”.

Il 24 febbraio 1908 fu condannato per peculato continuato, con danno lieve (si trattò di una vicenda di sottrazione di materiale di cancelleria e simili), dall’Alta Corte a 11 mesi di reclusione da trascorrere nel proprio domicilio.

I Trapanesi reagirono con durezza. Disordini avvennero, infatti, a Trapani, dove furono abbattuti e buttati a mare gli stemmi dello Stato. S’intitolarono a Nasi e ai membri della sua famiglia alcune strade e per molto tempo l’autorità statale non fu riconosciuta dalla città esasperata. 

La storia di Nasi sembra finita, ma, a giudicare dall’accoglienza che gli riservano i trapanesi, non si direbbe. Nel luglio 1908 riparte per Trapani. Arrivato a Napoli trova una folla festante che lo acclama. Sono i 500 trapanesi del piroscafo “Pachino” che sono arrivati a Napoli per dargli il primo saluto e scortarlo fino a Trapani.
L’affetto della sua città è rimasto immutato. Il 22 luglio sbarca nel porto di Trapani circondato dall’entusiasmo della folla. E’ costretto anche a improvvisare un discorso dal Palazzo Civico.

Trapani fu fedelissima a Nasi; lo rielesse deputato tutte le volte che la Camera annullò le elezioni anche quando l’interdizione dai pubblici uffici era scaduta e con Trapani gareggiarono parecchi collegi della Sicilia e del Napoletano in segno di protesta contro Giolitti, al cui odio si dovette, quindi, in gran parte, la sua sventura .
Nasi indice comizi in Sicilia e nel sud Italia ergendosi a paladino dell’autonomia economica e amministrativa del meridione sfruttato dal nord con l’avallo del governo centrale.
A Palermo addirittura, riporta il Giornale d’Italia, la folla è più entusiasta che per l’arrivo di Garibaldi. Alla fine vince la sua battaglia: il 3 febbraio 1914, dopo un iter giudiziario tormentato, la Cassazione gli restituisce il seggio alla Camera.

Il prof. Giuseppe Lamia, scultore trapanese, che nel 1980, gli dedicò alla Marina un busto bronzeo, in quell’occasione disse fra l’altro: «Dedicando a Nunzio Nasi questo monumento, Trapani fedelissima non solo ha reso giustizia al grande la cui vita fu crudelmente amareggiata dall’invidia e dall’odio settario dei malvagi, ma lo ha proposto alle nuove generazioni come esempio fulgidissimo d’integrità, di probità, di dedizione al Paese spinta fino al sacrifizio. Dal ricordo di Nunzio Nasi i giovani, a cui saranno affidate domani le sorti della patria, apprenderanno che la politica non è un comodo mezzo per arraffare stipendi e prebende o per soddisfare insane bramosie di comando, ma un’autentica missione che esige disinteresse, abnegazione, rinunzia a qualsiasi vantaggio personale e talvolta l’olocausto della stessa vita».

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