24 ott 2017

ARRIVANO I MORTI: I DOLCI TIPICI DELLA TRADIZIONE SICILIANA


Si narra che la notte tra l’1 e il 2 novembre i morti tornassero in vita per far visita ai familiari e portare loro dolcetti e regalini testimoniando così il loro passaggio.



Le origini della Festa risalgono all’anno 835, quando papa Gregorio II cercò di sradicare gli antichi culti pagani legati alla tradizione celtica (il cui calendario indicava nel 31 ottobre l’ultimo giorno dell’anno) e secondo cui il 1 novembre era il Samhain, letteralmente “tutte le anime” fine dell’anno e primo giorno d’inverno, in cui la notte era più lunga del giorno. Questa particolarità permetteva al principe delle tenebre di chiamare a sé tutti gli spiriti e poter passare da un mondo all’altro. L’intento del papa però non riuscì. La chiesa aggiunse quindi, nel X secolo, la “Festa dei Morti” il 2 novembre, in memoria delle anime dei defunti.

Come è cambiata la festa oggi? Le tradizioni si evolvono e siamo molto più influenzati dalle mode d’oltreoceano, così da alcuni anni celebriamo anche noi la festa pagana di Halloween, ma i nostri nonni ricordano come la notte dell’1 novembre i familiari lasciassero la tavola imbandita con diverse prelibatezze in modo tale che i defunti, durante la loro visita, rimanessero contenti di ciò e lasciassero doni in cambio. Non si aveva paura dei defunti, poiché erano i nostri cari che ci avevano voluto bene e la giornata era una vera festa gioiosa per tutti che seguiva con la commemorazione al cimitero.
In alcune famiglie i bambini lasciavano durante la notte le scarpe in un angolo e la mattina del 2 novembre al risveglio le trovavano colme di dolcetti e regalini. Altri genitori organizzavano delle cacce al tesoro e una volta trovati i doni i bimbi esclamavano: “li cosi di morti cà su” [sono qui i doni dei morti.]



Non c’è Festa in Sicilia che non sia accompagnata anche da piatti tipici, dai dolci al salato ecco quali sono le pietanze della tradizione dei Morti:
Pupi ri zuccaro: statuette di zucchero dipinte, ritraenti figure tradizionali come i Paladini. La tradizione vuole che vengano chiamati “pupi a cena”, per via di una leggenda che narra di un nobile arabo caduto in miseria, che li offrì ai suoi ospiti per sopperire alla mancanza di cibo prelibato. Oggi i pupi assumono le forme più svariate per far contenti i bambini con i loro supereroi moderni.

Ossa dei morti: piccoli biscottini molto duri a base di farina, zucchero, chiodi di garofano, acqua e cannella

Frutta di martorana: dolci in pasta di mandorla a forma di frutta.

Muffuletta con acciughe: la tipica pagnotta calda e cunzata con olio, sale, pepe e origano, filetti di acciuga sott’olio e qualche fettina di formaggio primosale tipico siciliano.



(da www.esploratoridinatura.it)

STORIA DELLE TONNARE SICILIANE


Nel corso dei secoli, lungo le coste del Mediterraneo, sono sorte tantissime aziende dedite alla pesca del tonno rosso, meglio conosciute come tonnare, che rievocano un pezzo di storia e di autentica tradizione marinara. Costruite con le fatiche dei tonnaroti, ci raccontano la vita e la cultura siciliana, divisa tra mare e terra.



La pesca del tonno inizia nel Mediterraneo molte migliaia di anni fa già con i primi insediamenti umani. Successivamente i fenici constatarono che le migrazioni dei tonni avvenivano con intervalli regolari e idearono alcuni sistemi di pesca, ma solo nell’XI secolo con gli arabi venne ideato un metodo di pesca efficace, che prevedeva l’uso delle tonnare.

Da sempre infatti in primavera il tonno (di andata) entra nel Mediterraneo dallo stretto di Gibilterra e compie un lungo giro delle coste siciliane per depositare le proprie uova, passando per lo Stretto di Messina. In autunno, una volta giunto nello Ionio e ormai privo di uova, il tonno (di ritorno) si dirige nuovamente verso l’Atlantico.

La tonnara dunque è in realtà un intricato sistema di reti posto in acqua per interrompere e deviare il percorso dei tonni così da imprigionarli, ed è ancora oggi il sistema più utilizzato ed efficace per pescare i grandi pelagici azzurri. L’impianto costiero invece si chiama marfaraggio e racchiude le abitazioni del proprietario e dei tonnaroti, il cortile, i luoghi di pulitura e lavorazione del pesce, i depositi del sale e diversi altri magazzini, ma comunemente viene chiamato stabilimento o più spesso tonnara.



Qualche giorno dopo la cattura dei tonni si procede con la mattanza, costituita da una prima fase in cui le reti vengono ritirate per costringere il pesce ad emergere a galla ed una seconda in cui i tonni vengono arpionati e issati nelle imbarcazioni. Naturalmente, il pescato veniva infine portato nei locali di pulitura, cottura e conservazione attraverso sale.

Successivamente, con l’introduzione del metodo industriale e della tecnica di inscatolamento del tonno, il ruolo della tonnara è passato da attività di sostentamento ad attività pecuniaria basata sul commercio e i marfaraggi si sono ampliati ed evoluti, incrementando anche di dieci volte la forza lavoro e coinvolgendo dunque l’intera borgata, se non tutto il paese. Sorsero anche molte nuove strutture dedite alla pesca del tonno, basti pensare che all’inizio del Novecento Sicilia e Sardegna vantavano oltre 20 tonnare ciascuna.



Tra queste la più grande e florida del Mediterraneo fu quella di Favignana, isola appartenente all’arcipelago delle Egadi, situata di fronte la punta ovest della Sicilia. Come diverse altre tonnare di andata, anch’essa risaliva ai secoli del dominio arabo.

Verso la metà dell’Ottocento l’imprenditore Ignazio Florio acquisì l’intera isola ed i relativi diritti di pesca, dando origine a quello che probabilmente fu il primo stabilimento per la conservazione del tonno sott’olio, reso possibile proprio grazie alla recente introduzione dei metodi di Appert e di Durand, che brevettarono rispettivamente il confezionamento del cibo sterilizzato e le scatole in latta a chiusura ermetica.



Dopo aver rinnovato ed ampliato l’intero marfaraggio, da quel momento conosciuto come Stabilimento Florio, che si estende per circa 32 mila metri quadri, la tonnara di Favignana e l’intera isola si dedicarono alla commercializzazione del tonno rosso sui principali mercati internazionali, divenendo uno dei maggiori centri industriali del Mediterraneo.

Come dicevamo, i nuovi processi industriali giovarono molto all’economia delle aziende ittiche, ma causarono un abbassamento del costo del prodotto e un aumento della richiesta. Di conseguenza vennero ideati nuovi metodi di pesca, come le tonnare volanti, reti mobili collocate non più sulla costa, in prossimità delle tonnare fisse, ma in alto mare, sfruttando imbarcazioni sempre più grandi. In quel periodo inoltre non esisteva ancora la cultura della pesca sostenibile e molti pescavano con le reti a strascico, capaci di catturare tutto il pesce senza distinzioni, sradicando interi habitat in un colpo solo, usate ancora oggi da numerose industrie ittiche.



Non bisogna dunque stupirsi se nella seconda metà del Novecento il fenomeno della pesca intensiva ha causato un’incredibile diminuzione degli stock di pesce pelagico presente nei mari e negli oceani, nonché il cambiamento di numerose rotte dei pesci, tonno rosso compreso. Anche lo Stabilimento Florio dovette chiudere i battenti, negli anni ottanta, proprio a causa della concorrenza dei grandi pescherecci che operavano al largo delle coste, con cui nessuna tonnara fissa poteva competere.

Con lo scopo di arrestare una simile criticità, nel 1957 venne creata la Politica comune della pesca (CFP), che ancora oggi regolamenta la quantità di pescato per ciascuna specie marina e per ciascuno stato dell’Unione Europea. Grazie a questa efficace gestione delle quote pesca (e non solo ad essa), oggi molti stock di pesce sono nuovamente in aumento, tra cui il tonno rosso.



Contestualmente, grazie all’interesse sempre crescente dei turisti verso l’antica cultura dei tonnaroti e della mattanza, oltre al desiderio dei popoli costieri di riscoprire le proprie radici e con esse le proprie tradizioni, nell’ultimo ventennio molte tonnare del Mediterraneo che versavano ormai in uno stato di abbandono sono state ristrutturate, trasformandosi in agriturismi, bagli, fabbriche e musei. È il caso dell’ex Stabilimento Florio, considerato oggi uno dei principali musei da visitare in Italia e definito dai turisti “un luogo suggestivo dove si fonde il passato con il presente”.

Ma non è tutto. Recentemente è giunta la notizia che la tonnara di Favignana riprenderà presto la sua attività!

Benché sprovvista delle quote pesca, squadre di tonnaroti si daranno nuovamente da fare, intonando le antiche cialome, per scopi culturali, sportivi e turistici. I tonni così catturati verranno subito rilasciati in mare, e non verrà effettuata alcuna mattanza. Tale attività sarà infatti gestita secondo le linee guida dell’Area Marina Protetta delle isole Egadi, nel rispetto dei criteri di sostenibilità e soprattutto del re del mare, il tonno rosso del Mediterraneo.



(da www.esploratoridinatura.it)

Tour della Sicilia Occidentale, da Palermo ad Agrigento

Il punto di partenza scelto per il nostro tour della Sicilia occidentale è Palermo, raggiungibile da tutta Italia sia in aereo, sia in traghetto. La città di Palermo offre davvero moltissimo dal punto di vista culturale ed avendo programmato la nostra sosta per una giornata abbiamo fatto una selezione dei monumenti da non perdere.

Avendo scelto per il nostro soggiorno un hotel nel cuore della città, abbiamo iniziato il nostro tour dai Quattro Canti, in Piazza Vigliena che fa parte di quello stile di Palermo spagnola. Poi a pochi passi c’è la grandiosa Fontana Pretoria, creata per una villa a Firenze, smontata in più di 644 pezzi e ricostruita nella posizione attuale. Sul lato meridionale della Piazza c’è il municipio, denominato Palazzo delle Aquile. Meritano una visita sia Palazzo Chiaramonte Steri, sia la suggestiva Santa Maria dello Spasimo, una vasta Chiesa a cielo aperto perché mai interamente completata.



Per pranzo vi consigliamo di transitare dal celebre mercato di Ballarò per gustare dello street foodlocale, dalle arancine, al pani câ meusa o le panelle la scelta è ampia e sicuramente non vi deluderà. Senza citare le prelibatezze dolci come i cannoli, le cassatine o la Iris con ricotta.

Nel primo pomeriggio abbiamo dedicato ampio tempo alla visita dell’imponente Cattedrale di Palermo, che racconta, come un libro di storia monumentale, la molteplice stratificazione di stili a seguito dei molteplici rimaneggiamenti. Si passa da una base eretta intorno al 1100, trasformata in moschea dagli arabi e poi riconvertita al culto cristiano dai normanni. Oggi è possibile visitarla per scoprire le tombe reali e imperiali tra cui quella di Federico II, il tesoro composto dalla preziosissima tiara d’oro di Costanza d’Aragona, la cripta e il tetto da cui è possibile avere una vista insolita sulla città.

Non molto distante dalla Cattedrale c’è l’imponente Palazzo dei Normanni e le Catacombe di Cappuccini, quest’ultime non adatte ad un pubblico sensibile. Al primo piano del Palazzo dei Normanni c’è invece la Cappella Palatina, sorprendente e altissimo esempio di arte contaminata dalle influenze arabeggianti del nord Africa e le capacità artistiche bizantine.

Infine, più staccati dal pieno centro cittadino segnaliamo il Castello della Zisa. Per cena ci siamo spostati di qualche km per raggiungere Mondello, località di mare. 

Di prima mattina, lasciata Palermo, ci siamo diretti a Monreale. La sosta è d’obbligo per godere dei panorami collinari suggestivi e ammirare il famoso Duomo, capolavoro assoluto di epoca normanna, che sorge proprio al centro del paese. L’edificio racchiude espressioni della cultura islamica, bizantina e romanica collocandosi tra le opere del Medioevo italiano con mosaici di straordinario interesse. Proseguendo nell’entroterra dopo la sosta di Monreale vi consigliamo di dirigervi verso l’area archeologia di Segesta, riconoscibile già da lontano per un tempio isolato sul colle adiacente al monte Barbaro, in un paesaggio spoglio con un bosco alle spalle.

Dall’ampia area di parcheggio, dove è possibile acquistare i biglietti per l’accesso al parco, è possibile salire al tempio velocemente mentre per la salita allo scenografico teatro, posto sulla vetta del monte, c’è un bus-navetta o si può optare per una passeggiata di circa 30 minuti. Durante il periodo estivo vengono attivati degli spettacoli all’interno del teatro, per un tuffo nel passato.

Per l’ora di pranzo siamo giunti ad Erice, attraverso una tortuosa strada ricca di curve e tornanti che parte da Valdèrice. La posizione della città è incantevole, “arroccata” sulla sommità del Monte San Giuliano, ed è possibile raggiungerla anche con la funivia dalla stazione alla periferia di Trapani. Tra le strette viuzze di Erice è imperdibile la Chiesa Matrice affiancata dal poderoso campanile, eretto circa nel 1300, dalla cui cima si può godere di una vista straordinaria sulle Egadi e sule saline di Trapani. Ed è proprio verso le Saline di Trapani che ci siamo diretti per concludere il nostro secondo giorno di viaggio in Sicilia.

Prima di raggiungere le saline ci siamo concessi una granita siciliana di grande bontà nel centro di Trapani da “Colicchia” per poi raggiungere il Museo del Sale, allestito in un’antica casa salina in cui un tempo si macinava il sale.


Per la sera, abbiamo scelto un’accoppiata suggerita dalla Guida Rossa Michelin, il Relais Antiche Saline e la trattoria del Sale in località Paceco. Il primo si è rivelato un affascinante baglio immerso tra vasche e canali delle saline, un posto dallo charme unico e rilassante, mentre il secondo un piacevole ristorante che propone cucina trapanese racchiuso tra le mura dell’antico mulino adiacente al Museo del Sale. Così, tra i mulini che si riflettevano sull’acqua e uno splendido tramonto, abbiamo chiuso la nostra giornata acquistando un po’ di sale di queste terre con cui condire i cibi una volta tornati a casa, per riassaporare almeno in parte gli straordinari sapori di Sicilia.

Per il nostro terzo e ultimo giorno di tour della Sicilia occidentale, ci siamo diretti verso Marsala, lungo la via del sale e del vino che da Erice porta proprio a Marsala come indicato anche nella guida “Itinerari tra i Vigneti” di Michelin. Seguendo la SP 21 ci siamo imbattuti nelle saline Ettore e Infersa, un grande mosaico di vasche interrotte dalle sagome degli antichi mulini tra cui spicca il Mulino d’Infersa, dal tetto rosso acceso. Da qui è possibile imbarcarsi per l’isola di Mozia. Noi abbiamo proseguito lungo la strada che lambisce le acque dello Stagnone per arrivare a Marsala dove abbiamo visitato la Storiche Cantine Donnafugata. Il nome fa riferimento al romanzo di Tomasi di Lampedusa il Gattopardo. Un nome che significa “donna in fuga” e si riferisce alla storia di una regina che trovò rifugio in quella parte della Sicilia dove oggi si trovano i vigneti aziendali. Per chi lo desiderasse è possibile effettuare una visita guidata attraverso la cantina e la barriccaia sotterranea, degustare vini e scegliere tra sei proposte per conoscere queste storiche cantine e i suoi vini attraverso degustazioni professionali e ricercati abbinamenti con le specialità della cucina mediterranea.

Lasciata Marsala ci siamo rimessi in viaggio, per il nostro tour della Sicilia occidentale, verso Mazara del Vallo per visitare la kasba ed ammirare le ceramiche dei suoi vicoli. Un intreccio di stradine lastricate, quelle della kasba, da scoprire con una passeggiata, l’itinerario completo è disponibile sul  sito ufficiale. Prima di ripartire da questo luogo sorprendente non potete non recarvi al museo del Satiro, dedicato alla statua bronzea greca, denominata Satiro Danzante, ritrovata da un peschereccio nel 1998 nelle acque vicino a Pantelleria. Curioso è anche scoprire i resti della Chiesa di Sant’Ignazio, non molto distante dal museo del Satiro.

Da Mazara abbiamo imboccato la strada verso Agrigento lungo la quale vi suggeriamo le possibili soste al parco archeologico di Selinunte, sede di una città greca distrutta una falesia viva costituita da uno sperone di marna bianca e riapparsa verso metà 800, un passaggio a Sciacca e una sosta per ammirare la Scala dei Turchi, una falesia viva costituita da uno sperone di marna bianca, in grado di regalare una visione unica da lasciarvi a bocca aperta.


Se le meraviglie viste fino ad ora non vi hanno ancora saziato è arrivati nella valle dei templi di Agrigento che si raggiunge il culmine della bellezza, un’area archeologica estesa da ammirare con la dovuta calma per non perdervi nulla: il Tempio di Giunone, il Tempio della Concordia uno dei reperti dell’architettura Dorica meglio conservati, le rovine del Tempio di Ercole e il Tempio di Giove insieme alle quattro colonne supertesti del Tempio dei Dioscuri. Per la notte abbiamo scelto il Villa Athena, indicato in Guida Rossa Michelin, con una vista esclusiva sui templi del parco archeologico. Infine, per cena ci siamo affidati ad uno dei ristoranti Bib Gurmand segnalati dalla Guida Rossa, l’osteria Expanificio che offre specialità siciliane ottimamente interpretate. Se vi fermate qui vi consigliamo la pasta Pirandello, una pasta fresca con ricotta saltata, i Brusciuluneddu cu sucu e il Cous Cous di pistacchio, un dolce di Agrigento composto da palline di vaniglia e cioccolato piccante con peperoncino di Modica.

Purtroppo è tempo di riprendere la via verso casa e concludere il nostro tour della Sicilia occidentale. Porteremo con noi il ricordo delle tante cose viste e assaggiate a Palermo, dell’imponente Duomo di Monreale e della graziosa Erice. Sarà difficile dimenticare i panorami mozzafiato sulle saline trapanesi e l’incredibile Scala dei Turchi. Infine sono tante le meraviglie dei parchi archeologici, da Segesta a Selinunte fino alla Valle dei Templi, senza dimenticare il fascino misterioso della kasba di Mazzara. Siamo certi che se sceglierete di seguire questo nostro itinerario non resterete delusi.

(da www.autoappassionati.it)