22 nov 2017

Un bagno nelle sorgenti siciliane d'acqua dolce



Dalla provincia di Messina a quella di Siracusa: ecco i luoghi da visitare per scoprire gli scorci d'acqua dolce più belli e suggestivi della Sicilia, premiati da Tripadvisor


Se lo stretto legame tra la Sicilia e l'acqua salata è assodato e se pensando all'Isola l'associazione con il mare è immediata, un po' meno immediata è l'idea che tra un salto a San Vito e un bagno alla Riserva dello Zingaro ci si possa fare il bagno anche in alcunipreziosi scorci d'acqua dolce.






















Sì, perché la Sicilia è fatta anche di specchi d'acqua dolce che diventano sempre più luoghi d'attrazione e punti di riferimento tanto per i siciliani che per i turisti. Un notevole incremento di visitatori è stato registrato, negli ultimi anni, alle Gole dell'Alcantara, parco fluviale che si snoda su una superficie di circa 1928 ettari. Il costo d'ingresso per gli adulti è di 3 euro, ma sono previste diverse riduzioni.


Altrettanto gettonate sono le Gole di Tiberio, un canyon naturale incastrato nelle Madonie. Alle Gole si accede gratuitamente e prenotando sull'apposito sito: è possibile navigare sul fiume, fare diverse escursioni ammirando le specie animali presenti e, naturamente, è possibile fare il bagno.


Altro posto dove passare una piacevole giornata è senza dubbio la Cascata delle Due Rocche a Corleone: lo scenario è spettacolare ed è possibile bagnarsi, cercando di stare sempre molto attenti.


Altrettanto bello è il Lago Maulazzo: un invaso artificiale di circa 5 ettari vicino Cesarò, nei cui dintorni si trova anche un'area attrezzata. Non ci sono costi d'ingresso e per arrivare (e fare il bagno) basta seguire il sentiero e godersi la bellezza della faggeta che lo circonda.


Uno dei luoghi più gettonati degli ultimi anni è la Riserva Naturale di Valle dell'Anapo (Sortino) l'ingresso è gratuito e all'interno della riserva è possibile fare il bagno sia nel fiume che nei vari laghetti che negli anni si sono formati grazie all'azione di quest'ultimo. A proposito di laghetti, è impossibile non citare la Riserva Naturale di Cavagrande del Cassibile (Avola), dove uno dietro l'altro si trovano laghi di piccole dimensioni, tutti incontaminati.


A Pantelleria, infine, i trova il Lago Specchio di Venere: alimentato dalle piogge e dalle sorgenti termali al suo interno, che raggiungono temperature intorno ai 40°/50°, il lago è un cratere naturale di un antico vulcano.

Non resta dunque che pianificare un'escursione per un giorno di vacanza diverso. 

(da www.balarm.it)

20 nov 2017

I SITI UNESCO IN SICILIA


AREA ARCHEOLOGICA DI AGRIGENTO


L’arte, la storia e la natura hanno reso questo posto famoso dall’antichità ai giorni nostri come testimoniato dagli scrittori classici Pindaro, Polibio, Diodoro Siculo e altri, dagli storiografi del 16th e 17th secolo e artisti e viaggiatori del 18th e 19th secolo che hanno lasciato dietro di loro tesi e immagini memorabili. Basta pensare a Houel, Saint-Non, Denon, Swinbume, Brydone e su tutti Gothe, che nel suo Italienische Reise (Viaggio in Italia) dedica la maggior parte delle sue pagine alle bellezze naturali e artistiche di Agrigento. 


LA VILLA DEL CASALE, PIAZZA ARMERINA 


La Villa Romana del Casale di Piazza Armerina è unica. Altre strutture che rispecchiano così dettagliatamente non solo l’antico stile di vita ma anche un complesso sistema economico che costituisce un momento di unione tra differenti culture nel bacino del Mediterraneo (quella Nord-africana e quella Romana) semplicemente non esistono in nessun altra parte del mondo.


LE ISOLE EOLIE


I peculiari aspetti vulcanici delle Isole Eolie rappresentano in maniera esemplare l’oggetto degli studi della vulcanologia mondiale. Grazie alle ricerche avviate nel XVIII secolo, le isole hanno consentito l’approfondimento dei due tipi di eruzione (vulcaniana e stromboliana) e la trattazione dei temi più importanti della vulcanologia e geologia moderne contribuendo alla formazione di una classe di scienziati in oltre 200 annidi ricerche. Le Isole Eolie continuano ancora oggi ad essere un ricco terreno di studi e continui processi che ancora stanno mutando l’aspetto del paesaggio e la composizione geologica dell’arcipelago.


LE CITTA' BAROCCHE DELLA VAL DI NOTO 


Per il periodo Barocco in Europa, non esistono fenomeni urbani e architettonici di comparabile interesse. Le 8 città nominate nel sud-est siciliano furono tutte ricostruite nel 1693 sopra o vicino alle città esistenti al tempo del terremoto di quell’anno.


Queste rappresentano un notevole impegno collettivo, condotto con successo ad un alto livello di realizzazione architettonica e artistica, compresa nello stile tardo barocco dell’epoca ma con innovazioni distintive nella urbanistica ed edilizia urbana. Le otto città sono: Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa, Scicli, Caltagirone  e Militello in Val di Catania.


SIRACUSA E LE NECROPOLI RUPESTRI DI PANTALICA 


Sostituendo la precedente cultura preistorica che è aveva il suo centro a Pantalica, la cultura della civiltà greca che si insediò e si sviluppò a Siracusa ha rappresentato il centro del Mediteranneo per un significativo arco di tempo della storia dell’umanità. Questo fu predominante sui rivali Cartaginesi e Ateniesi e crebbe fino a diventare il cuore del pensiero, dell’arte e della cultura.


La storia ha lasciato anche straordinari segni del suo passaggio nella pianificazione urbana delle città e nelle sovrapposizioni architettoniche dei secoli successivi, che sono stati sviluppati sul modello della città greca e conserva straordinarie tracce dell’esistenza e integrazione di diverse culture della più significativa era del mondo occidentale. Questa stratificazione culturale fa di Siracusa un patrimonio unico.


IL MONTE ETNA


L'etna è un imponente vulcano che contraddistingue che si innalza sull’isola della Sicilia. La diversità e la complessità del paesaggio intorno al vulcano, la colorata giustapposizione dei substrati vulcanici, la vegetazione boschiva e non boschiva si combinano sopra la vista della Sicilia e del Mar Mediterraneo. [criterio di bellezza naturale ed importanza estetica]. Il Monte Etna è uno dei vulcani più attivi ed icona tra gli stessi, eccezionale esempio di processi geologici evolutivi e di formazione di piattaforme vulcaniche. Il vulcano è caratterizzato da attività eruttive continue dai suoi crateri sommitali e abbastanza frequenti emissioni di fiumi di lava dai crateri laterali. Questa eccezionale attività vulcanica è stata documentata da almeno 2700 anni. Le diverse e accessibili caratteristiche vulcaniche come i crateri sommitali, i coni vulcanici inattivi, i fiumi di lava, le grotte di lava e la depressione della Valle del Bove hanno fatto del Monte Etna una destinazione primaria per ricerche e istruzione. Oggi il Monte Etna è uno dei più studiati e monitorati vulcani al mondo, e continua ad influenzare la vulcanologia, geofisica ed altre discipline della scienze della terra.

PERCORSO ARABO-NORMANNO DI PALERMO, MONREALE E CEFALU'



Situato nella costa Settendrionale della Sicilia, Il percorso Arabo Normanno di Palermo include una serie di 9 strutture civili e religiose, la Cattedrale della città, il Ponte e le Cattedrali di Cefalù e Monreale. 


L’insieme delle costruzioni rappresentano un esempio di un sincretismo socio-culturale tra la cultura occidentale, quella islamica e quella bizantina che in questa terra diedero vita a nuove forme di spazi, strutture e decorazioni. Rappresentano inoltre la testimonianza di come differenti culture e religioni coesistettero per secoli in Sicilia dando vita a nuove forme di arte.


Le strutture Patrimonio Unesco sono: il Palazzo dei Normanni e la Cappella Palatina, la Zisa, La Cattedrale di Palermo, La Cattedrale di Monreale e la Cattedrale di Cefalù, la Chiesa di San Giovanni degli Eremiti, la Chiesa di Santa aria dell’Ammiraglio, la Chiesa di San Cataldo e il Ponte dell’Ammiraglio.

(da www.visitsicily.travel)

I Castelli più belli della Sicilia

IL CASTELLO DI CACCAMO


Il primo cancello, risalente al Quattrocento, conduce all’ingresso del complesso, con a sinistra un imponente costruzione, l’ala Prades. Qui erano organizzate le scuderie del castello, mentre all’esterno sono ancora presenti le feritoie o calditoie in cui venivano versate olio bollente o scagliate frecce contro i nemici. Sulla roccia si trova un bassorilievo che esorta in latino, la benevolenza di chi esercita la giustizia. Si giunge al secondo cancello, realizzato nel ‘600 in ferro battuto che dà l’accesso ad un cortile, detto della Cavalerizza. Da qui si giunge alla grande cisterna e ad un ambiente di ridotte dimensioni, usato in passato quale ossario. Proprio sopra tali ambienti si trova la sala delle udienze dei Prades, trasformata nell’Ottocento in teatro. Le carceri invece hanno tutt’altra atmosfera: basse, scure e umide riportano ancora i disegni e le scritte dei detenuti in attesa di giudizio. La stanza più grande poteva ospitare sei detenuti mentre la più piccola era costituita da un vano piccolissimo in cui il prigioniero poteva a stento a muoversi. E’ presenta inoltre una stanza delle torture.

All’interno si giunge da un portone in legno, sovrastata da una scritta in onore della famiglia Amato. Si arriva al Salone delle armi, o Sala delle congiure, un tempo riccamente abbellita con tappeti e arazzi, oggi abbastanza semplice, ma grande nelle dimensioni: è la stanza più ampia dell’intero complesso, con due bei balconi da cui si godono belle viste sul panorama circostante. Nella parte ovest si trova la stanza del camino e una stanza da letto, con pavimento in maiolica, rifatto secondo l’originale. Si giunge quindi all’ampio terrazzo che domina l’intero paesaggio, da cui si ci rende conto come tale luogo era strategicamente ideale per il dominio della zona. Diversi indizi fanno presupporre che qui venivano giustiziati gli avversari politici e i personaggi più rilevanti. Nel versante est del complesso, si trova la stanza da pranzo, con pavimento in mosaico e tracce di affresco sulle pareti, oltre ad un bel terrazzo esterno. In questa parte dell’edificio si trovava anche la cappella per gli ospiti. Dalla terrazza si giunge ad altre camere, nella parte superiore dell’edificio, interamente ricostruiti.

Cenni storici
Le prime notizie documentate si hanno nel 1093, ma la zona fu certamente abitata anche in periodi antichi. Il frequente utilizzo di termini di derivazione araba nel dialetto locale, rappresenta più di una prova che qui la dominazione d’oriente aveva messo radici profonde. La struttura del castello nacque probabilmente come semplice torre di avvistamento, alla quale venne aggiunta una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana. Fu intorno al XII secolo che il castello di Caccamo assunse le dimensioni odierne: vennero alzate possenti mura e ampliata la struttura, che diventò una fortezza di primaria importanza. Fu durante il regno dei Chiaramonte, nel Trecento, che il castello vide la costruzione della parte sud-est e il consolidamento del sistema difensivo, al quale vennero aggiunte nuove torri. Furono molte le dinastie che si succedettero al regno della città e alla dimora del castello: dai Chiaramonte agli Amato, passando per gli Henriquez-Cabrera, il castello subì sempre nuove modifiche e aggiunte. Dopo il periodo degli Amato (XVII secolo) però i lavori di restauro e manutenzione furono sempre minori fino ad un totale degrado della struttura. Nella seconda metà del Novecento, il castello di Caccamo fu acquistato dalla Regione Siciliana che provvide al restauro del maniero e di alcuni dipinti e affreschi presenti all’interno del castello.

Il sistema difensivo
Il castello e la cittadella erano dotati di un sistema difensivo che prevedeva un primo complesso, costituito da spesse mura e da quattro torri per fronteggiare un eventuale attacco: la Torre della Piazza, distrutta nel XVII secolo; la Torre delle Campane, oggi divenuta Torre campanaria del Duomo di Caccamo; la Torre di Byrsarone, collegata al castello da un passaggio segreto; infine la Torre che oggi funge da torre campanaria della chiesa di Santa Annunziata. Una seconda fila di mura costituiva la cinta difensiva interna, dalle quali spiccavano tre torri: la Torre Maestra, la più grande, ma andata distrutta nel 1823 a causa di un terremoto; la Torre Gibellina; e la Torre della Fossa. Il castello non fu mai espugnato.


IL CASTELLO DI CARINI


L’affascinante complesso del Castello di Carini si deve alla volontà di Rodolfo Bonello, fedele condottiere del Conte Ruggero che alla fine del XI secolo decise di realizzare una imponente costruzione difensiva nel sito in cui precedentemente sorgeva un avamposto arabo. Nel 1283 il Castello diviene proprietà della famiglia Abate, che ne fa una un’elegante dimora residenziale. A queste opere seguirono massicci cambiamenti durante la prima parte della reggenza della dinastia La Grua-Talamanca, progettati dai migliori architetti siciliani dell’epoca. Le imponenti mura della parte frontale, aperte da un ingresso ad arco, risalgono all’XI secolo: entrati all’intero si apre un ampio cortile su cui prospetta la facciata interna, in passato intonacata. Al pian terreno si susseguono quattro portali, tutti sormontati da diversi stemmi, come l’emblema araldico della gru, uccello simbolo della famiglia La Grua, o le zolle di terra a simboleggiare la dinastia dei Chiaramonte. 

All’interno un grande salone, una volta aperto all’esterno tramite tre finestre e con colonna centrale, e nella parte est del complesso un lavatoio ed una cappella affrescata, in cui è presente una statua marmorea della Madonna di Trapani. Tramite uno scalone, si giunge al piano superiore, dove un portale in marmo reca un scritta, riferita ai lavori di ristrutturazione del Quattrocento. Qui si trova il Salone delle feste, in cui spicca lo stemma dei La Grua nel soffitto, in parte originale dell’epoca, con una scritta latina e una figura leonina, a simboleggiare la dinastia dei Lanza. Tramite diverse scale si giunge alle cucine e ai piani superiori ed infine alla torre del Castello, dove grazie a un balconcino di recente fattura si può ammirare il paesaggio tutto intorno la città di Carini.

La storia di Carini
La città di Carini fu conosciuta nell’antichità con il nome di Hyccara, dinamico centro marittimo già durante il periodo fenicio. Venne distrutta da truppe ateniesi giunte in Sicilia a supporto di Segesta e Selinunte nel 415 a.C. e riedificata per scopi difensivi lontana dal mare. Carini ritorna a splendere durante il periodo arabo, grazie alla grande maestria dei conquistatori nella coltivazione dei fertili campi. Dopo la conquista normanna, la baronia di Carini venne affidata a Rodolfo Bonello, al quale si deve la costruzione del castello-fortezza di Carini. Dal 1397 al XIX secolo l’intero feudo fu di proprietà della dinastia La Grua-Talamanca, formatasi grazie al matrimonio combinato tra Ilaria e Gilberto. L’intero periodo medievale fu un periodo di relativo benessere per la popolazione di Carini, grazie anche all’influenza positiva derivante dalla vicinanza con Palermo. La città di Carini si distinse inoltre per essere stato centro di fermento durante tutto il Risorgimento, e testa di ponte delle truppe garibaldine prima della conquista di Palermo.

L'amaro caso della Baronessa di Carini
Classica opera della letteratura popolare siciliana, ballata tramandata da generazioni in generazioni con canzoni e cantastorie, l’Amaro caso della Baronessa di Carini è stato rivisto come sceneggiato televisivo nel 1975. La storia, avvolta tutt’oggi in un alone di mistero, narra dell’amore tra Laura Lanza di Trabia, figlia del Conte di Mussomeli, Cesare Trabia, e un giovane nobile del luogo, Ludovico Vernagallo. La giovane donna spinta al matrimonio dal padre a soli 14 anni con il Conte di Carini, si innamora del giovane Ludovico: scoperti in fragranza di adulterio, i due vennero uccisi dal padre e dal marito, entrambi feriti nell’orgoglio. La stanza dell’accaduto doveva trovarsi nella parte ovest del castello, andata completamente distrutta: si narra che la giovane lasciò una sua traccia insanguinata sulla parete, ma non mancano altre dicerie sul fantasma della baronessa, ancora vagante all’interno del Castello di Carini.


IL CASTELLO DI DONNAFUGATA


L’ingresso al Castello di Donnafugata avviene tramite due cortili interni, che si concludono con un’ampia scala che conduce al piano superiore. Sono diverse e ben ricostruite le stanze, con sedie, lampadari e tappezzeria originale dell’epoca. La Sala delle donne, la Sala per i fumatori, la Sala della Musica, la Sala degli Specchi, la Sala del biliardo erano un tempo il luogo dove si consumavano importante vicende della nobiltà siciliana Il percorso si conclude con l’ampio Salone degli Stemmi, in cui tutte le pareti sono ornate con 734 stemmi nobiliari delle famiglie del Regno delle Due Sicilie. All’esterno, il grande giardino vanta enormi ficus secolari e piante esotiche. Nascosto, si trova l’attrazione più curiosa e avvincente del Castello di Donnafugata: il labirinto, costruito nella caratteristica pietra bianca, con numerosi vicoli e viottoli che non consentono di trovare facilmente la strada d’uscita.

La storia
Il nome Donnalucata deriva dall’ arabo Aian as iafaiat, fonte della salute: nella zona erano presenti sorgenti di acqua salutare. La denominazione subì notevoli, fino a essere la definitiva Donnafugata. Questo luogo, di eccezionale valore strategico, fu prontamente fortificato dagli arabi, che ne issarono una torre. Ma fu soltanto nel XIV che il complesso assunse le sembianze proprie di un moderno castello. Ma no fu abbastanza: la dinastia degli Arezzo lo cambiò notevolmente durante l’Ottocento, conferendogli le dimensioni che sono oggi ammirabili: posto in un parco di oltre 2500 ettari, il Castello di Donnafugata fu dotato di ben 122 stanze, oggi solo in parte aperte al pubblico.

La leggenda

Alla morte del Re di Sicilia Martino I nel 1410, sua moglie Bianca di Navarra divenne reggente e regina di Sicilia. Il Conte di Ragusa, Bernardo Cabrera, invaghito dal fascino della nuova regina e dalla possibilità di divenire Re, chiese la mano alla Regina. La donna, fedele al marito, rifiutò senza indugi la proposta del Conte. Bernando decise allora di punire la Regina per l’affronto subito, rinchiudendola in una stanza del castello di Donnafugata. Venuti a conoscenza della scomparsa della Regina, i suoi fedeli sudditi riuscirono a liberarla e a catturare il Conte Cabrera. Secondo alcuni, il nome Donnafugata deriverebbe proprio da questo episodio romanzesco.



IL CASTELLO DELLA ZISA 



La Zisa, edificio del XII secolo, risale al periodo della dominazione normanna in Sicilia. La sua costruzione fu iniziata sotto il regno di Guglielmo I e portata a compimento sotto quello di Guglielmo II. La Zisa delle origini era una residenza estiva creata nelle vicinanze della città per il riposo e lo svago del sovrano. I Normanni, subentrati agli Arabi nella dominazione dell'Isola, furono fortemente attratti dalla cultura dei loro predecessori. I sovrani vollero residenze ricche e fastose come quelle degli emiri ed organizzarono la vita di corte su modello di quella araba, adottandone anche il cerimoniale ed i costumi. Fu così che la Zisa, come tutte le altre residenze reali, venne realizzata alla maniera "araba " da maestranze di estrazione musulmana, guardando a modelli dell'edilizia palazziale dell'Africa settentrionale e dell'Egitto, a conferma dei forti legami che la Sicilia continuò ad avere, in quel periodo, con il mondo culturale islamico del bacino del Mediterraneo.

Al Aziz (lo splendido, il nobile)
Il nome Zisa deriva probabilmente da al-Aziz (che in lingua araba significa nobile, glorioso, magnifico). Il vocabolo (in caratteri nashi), rinvenuto nella fascia epigrafica del vestibolo dell'edificio, denota la caratteristica d'uso islamico di contraddistinguere con un appellativo gli edifici civili più importanti. La costruzione venne commissionata dal re normanno Guglielmo I ad architetti arabi di cui apprezzava lo stile ed il gusto e nasce come "casa di villeggiatura" nella quale sovrane, dilettandosi nell' attività della caco la, poteva riprendersi dalle preoccupazioni del regno. La dimora era immersa nel verde e Invitava ali ozio con lo sciabordio delle acque che dalla sala della fontana scorrevano alla peschiera e poi st riversavano nel parco, favorendo li rigoglio dei palmizi e delle piante, alcune delle quali emanavano un intenso profumo. La sala della fontana, con le sue decorazioni simboliche richiamava il sovrano a quelle che erano le sue responsabilità, ricordandogli che il suo potere discendeva direttamente da Dio e non doveva perciò essere trascurato.

Le vicissitudini del Castello sono state varie e non sempre felici e la sua costituzione architettonica ha risentito del trascorrere dei secoli e dello stato di abbandono in cui è stato. Nel 1951 divenne demanio regionale ma per essere preso in considerazione Al Àziz ha dovuto lanciare un ulteriore "grido di dolore" con il crollo di un'ala nel 1971; solo cosi si è dato il via al restauro. Il lifting non è ancora completalo, ma noi del quartiere speriamo vivamente che esso ritorni ad essere "il paradiso terrestre che si apre allo sguardo". 

Il parco del Genoardo
La Zisa delle origini si trovava inserita nel grande parco reale di caccia del Genoard (paradiso della terra), che si estendeva ad occidente della città. Tutti gli edifici reali ricadenti in esso (oltre alla Zisa, il palazzo dell'Uscibene ed i padiglioni della Cuba e della Cuba soprana) erano circondati da splendidi giardini, irrigati ed abbelliti da fontane e grandi vasche, utilizzate anche come peschiere.

Le trasformazioni nei secoli
La Zisa delle origini subì nei secoli numerose trasformazioni. Nel Trecento, tra le altre modifiche apportate, fu realizzata una merlatura, distruggendo parte dell'iscrizione in lingua araba (a caratteri cufici) che faceva da coronamento all'edificio. Radicali furono le trasformazioni seicentesche intervenute quando il palazzo, in pessime condizioni, venne rilevato da Don Giovanni di Sandoval, a cui risale lo stemma marmoreo con i due leoni, oggi posto sopra il fornice di ingresso. Per le mutate esigenze residenziali dei nuovi propri etari furono modificati alcuni ambienti interni, soprattutto all'ultima elevazione, furono realizzati nuovi vani sul tetto a terrazza, fu costruito un grande scalone e vennero modificate le finestre sui prospetti esterni. Nel 1808, con la morte dell'ultimo Sandoval, la Zisa passò ai Notarbartolo, principi di Sciara, che la utilizzarono per usi residenziali fino agli anni '50, quando la Regione Siciliana la espropriò. Il restauro della fine degli anni '70 ed '80 ha restituito la Zisa alla pubblica fruizione. Nella parte dell'ala Nord crollata nel 1971 si è proceduto alla ricostruzione delle volumetrie originarie, adoperando, per una piena riconoscibilità dell'intervento, cemento e mattoni in cotto, materiali differenti dalla originaria pietra arenaria.

L'esposizione
Nelle sale sono esposti alcuni significativi manufatti di matrice artistica islamica provenienti da paesi del bacino del Mediterraneo. Tra questi sono di particolare rilevanza le eleganti musciarabia (dall'arabo masrabiyya), paraventi lignei a grata (composti da centinaia di rocchetti incastrati fra di loro a formare, come merletti, disegni e motivi ornamentali raffinati e leggeri) e gli utensili di uso comune o talvolta di arredo (candelieri, ciotole, bacini, mortai) realizzati prevalentemente in ottone con decorazioni incise e spesso impreziosite da agemine (fili e lamine sottili) in oro e argento.

Le origini del quartiere
In origine, il territorio del quartiere faceva parte del "Parco normanno", luogo di caccia e di villeggiatura dei sovrani e si estendeva da fuori le mura fino a sotto i colli. L'aria salubre, la ricchezza di acque (quelle del torrente Gabriele), la rigogliosa vegetazione e lo stupendo Castello che lo caratterizzava dandogli il nome, ne avevano fatto un luogo rinomato da salvaguardare. Per questo motivo, quando Palermo cominciò ad estendersi fuori le mura, la Zisa resta ancora "zona verde" (campagna). La prima delibera comunale che la cita è quella del 1860 che la definisce "territorio suburbano n. 2" unitamente all'Uditore. Solo nella delibera comunale del 1889, che da un nuovo assetto alla città di Palermo il nostro quartiere appare come "Sezione urbana n, 6" della città. Da allora, è stato un continuo espandersi e popolarsi, talvolta con uno sviluppo edilizio poco razionale, di questo quartiere che, a ridosso del vecchio centro storico, è stato delimitato dalla nuova circonvallazione che ne costituisce il confine, Iato monte, e lo separa dagli altri quartieri, cui in origine era unito.



Oggi, amministrativamente, il quartiere fa parte (insieme con i quartieri di Noce, Uditore, Passo di Rigano e Borgo Nuovo) della quinta circoscrizione del Comune di Palermo. Vi possiamo distinguere tre diverse realtà urbanistiche: Zisa Olivuzza, dal palazzo di Giustizia fino a Piazza Principe di Camporeale, Zisa Ingastone, dal Corso Alberto Amedeo (subito fuori le mura) fino a Piazza Zisa (ai piedi del Castello), Zisa Quattro Camere, dalle spalle del Castello della Zisa fino ai Viale della Regione siciliana, anche se tale distinzione non ha nessun supporto formale. Dal punto di vista sociologico-culturale, rappresenta ancora oggi un punto di unione tra antico e moderno, tra vecchia e nuova Palermo, tra la civiltà dei venditori ambulanti che chiamano i clienti per nome e quella dei grandi discount massificanti.


IL CASTELLO DI ADRANO


La Costruzione del Castello di Adrano si deve ai Normanni, che dopo aver scacciato gli Arabi decisero di porre una poderosa costruzione a difesa dello strategico sito, entrando a far parte di un più ampio progetto di militarizzazione della Sicilia. Durante la dominazione normanna, il centro, rinominato in Adernò, conobbe un prolungato periodo di prosperità, dove Arabi, Normanni e gente del luogo riuscirono a convivere e rendere l’odierna Adrano un centro fiorente. Nel Trecento, Adrano passò in mano alla famiglia Sclafani, che adibì il castello in propria dimora, edificando all’interno anche una cappella di famiglia. Oggi Adrano si presenta con sembianze moderne, all’interno del quale si trovano luoghi di sicuro interesse storico che lo rendono uno dei centri più importanti posto alle falde dell’Etna.

L’opera di edificazione del castello avvenne sotto il Gran Conte Ruggero, alla fine dell’XI secolo. La costruzione militare venne stranamente posta in una posizione che, a differenza degli altri bastioni, non si trova nella parte più alta della città. Questo probabilmente a causa di una sorgente d’acqua che vi scorreva vicino. Oggi si presenta imperioso e perfettamente mantenuto al centro della piazza principale di Adrano, con la struttura allungata a parallelepipedo, rafforzato da una cinta muraria, con torri ai lati costruita in epoca successiva. Durante il periodo normanno doveva presentarsi protetto da una cinta muraria esterna, all’interno della quale trovano collocazione le stalle, magazzini e abitazioni per i servi. All’interno del Castello è stato organizzato già dal 1958 il Museo Archeologico di Adrano, comprendente cospicui materiali che ripercorrono tutte le tappe storiche della città, dalla preistoria fino al periodo medievale. Non mancano inoltre, resti di altri siti archeologici di Sicilia.

Piano terra
Il piano terra espone in due sale distinte materiali risalente all’epoca preistorica: nella prima stanza, utensili, armi primitive e piccoli contenitori, proveniente da siti di scavo differenti. Nella seconda invece, sono presenti numerosi corredi funerari rinvenuti nelle grotte che si trovano nei dintorni di Adrano: la difficoltà a scavare il terreno a causa della durezza della pietra lavica, ha favorito l’utilizzo delle grotte naturali quale posto dove collocare i defunti.

I Piano
Il primo piano conserva all’interno della prima stanza reperti risalenti al VII-V secolo a.C. Nella seconda invece materiale provenienti da necropoli, quali corredi e vasi in cui venivano poste le ceneri dei defunti. Tra di essi si trovano materiali probabilmente proveniente dal nord-africa, oltre ad un elmo di battaglia in bronzo. Nell’ultima sala invece, materiale proveniente da diverse zone della Sicilia orientale, tra cui un busto femminile.

II Piano
Al secondo e ultimo piano del Museo archeologico si trovano numerosi materiali, soprattutto vasellame e statuette risalente al periodo della fondazione di Adranon. Nella sala successiva invece, materiale romano,bizantino e medievale testimonia l’importanza che Adrano ha ricoperto in passato.


IL CASTELLO DI NARO


Intatto e potente, il castello di Naro è una delle più belle costruzioni militari presenti in Sicilia. Posizionato nella parte più elevata della città, la sua struttura originaria si fa risalire al periodo arabo. I Normanni lo riformularono nella sua totalità dopo averlo sottratto ai musulmani mentre diverse aggiunte furono operate da Federico III d’Aragona, come la torre a pianta quadrata sulla parte est. La costruzione odierna è il frutto dei rifacimenti voluti da Matteo Chiaramonte durante il periodo feudale. All’interno dell’alta cinta muraria che corre per 166 metri, la parte centrale è occupata dal vasto cortile dove si trovavano le stalle, la cappella ed il pozzo. Al suo interno sono diversi gli ambienti che fanno ritornare con la mente all’epoca che fu. Tra i più belli da annotare il Salone del Principe, situato nella torre aragonese ed illuminato da due finestre di chiare fattezze gotiche. Il castello si trova in splendide condizioni grazie al recente restauro. Dal 1912 è monumento di interesse nazionale.


IL CASTELLO DI SPERLINGA


Sperlinga è una piccola e graziosa città dell’entroterra siciliano. Situata tra i Monti Nebrodi e le Madonie, distante circa 50 km da Enna, Sperlinga è una delle località siciliane che meriterebbero più attenzione da parte dei visitatori: antico borgo d’origine medievale si contraddistingue per il suo castello interamente scavato nella roccia, così come alcune costruzioni civili. Il nome della cittadina, derivante dal greco Spelonca (grotta), si deve proprio all’ attitudine della popolazione del luogo a ricavare le proprie dimore direttamente dalla pietra nuda.

Il castello, edificato in epoca remota da popolazioni autoctone, è uno degli esempi più esaltanti di architettura rupestre nel panorama nazionale ed internazionale. Un tempo fortezza inespugnabile, dotata di ponte levatoio, mantiene intatto tutto il suo fascino: all’interno del complesso si possono ancora visitare le scuderie, le prigioni e gli ambienti dedicati ai numerosi fabbri del possedimento, oltre ad una serie di luoghi di culto. In cima al castello si giunge grazie ad una angusta ma suggestiva scala composta da 80 scalini, anch’essa scavata nella roccia. Nella spianata trovavano posto le armi militari utilizzate per respingere gli assalti al castello (oltre delle cisterne usate per convogliare le acque piovane). Da qui si gode un eccezionale colpo d’occhio sul verde ancora intatto di questo scorcio di Sicilia.

Le grotte di Sperlinga


Le Grotte di Sperlinga o Borgo Rupestre è una zona della città caratterizzata da numerose abitazioni rupestri, probabilmente risalenti a periodi preistorici. Abitate fino agli anni Sessanta, oggi sono in parte visitabili e adibite a piccoli musei locali, al cui interno sono esposti attrezzi contadini. Via Valle è un’altra parte del Paese assai suggestiva dove le costruzioni di recente realizzazione si mischiano alle grotte, formando un panorama davvero insolito.

La storia
Del piccolo borgo di Sperlinga si hanno poche notizie relativamente alla sua fondazione e al periodo antico. In epoca medievale il suo poderoso castello venne sfruttato dai Normanni quale fortezze strategica sulle rotte viarie che collegavano la Sicilia centrale verso il Mar Tirreno. Durante la Rivolta dei Vespri del 1282, la città divenne di fondamentale importanza per le sorti della Sicilia: la dinastia francese degli Angioini infatti, riuscì a trovare riparo dalle rivolte della popolazione siciliana soltanto nella fortezza di Sperlinga. Fu l’esercito di Piero d’Aragona, l’anno seguente, ad espugnare il castello rupestre. Nei secoli successivi, Sperlinga legò il suo nome alla potente famiglia dei Ventimiglia, che vendette nel 1597 il feudo ed il Castello a Giovanni Forti Natoli, primo principe di Sperlinga. Una curiosità è importante sapere: il dialetto di Sperlinga è famoso per aver mantenuto nel tempo gli influssi fonetici francesi, tanto da essere definito una parlata gallo-italica.


IL CASTELLO URSINO


Il Castello Ursino rappresenta l’edificio più imponente di Catania. Costruito per volontà di Federico II e più volte danneggiato e restaurato, era il bastione principale di un sistema difensivo voluto dal sovrano per difendere la parte orientale dell’isola. Il castello al tempo della sua edificazione sorgeva direttamente sul mare: l’eruzione del 1669 lambì l’edificio, riempiendo i fossati della sua colata lavica, e di fatto lo allontanò dalla costa. La sua pianta quadrangolare, le imponenti torri che si innalzano dai vertici e le massicce mura, lo rendono una delle più grandi costruzione dell’epoca normanna in Italia. Durante il corso dei secoli venne usato sia per guarnigione, sia per motivi politici e amministrativi. Mantenuto in eccellente stato, il Castello Ursino ospita il museo civico della città, in cui vengono sono esposti reperti archeologici di epoca classica, dipinti medievali e collezioni di armi e armature di diversi periodi storici.




(da www.visitsicily.travel)