30 ott 2016

DREPANUM URBS INVICTISSIMA


La città di Trapani per tutto il Medioevo è presente nei momenti storici più rilevanti.

Nel 1282, la città partecipò alla rivoluzione dei Vespri Siciliani, sotto la guida di Palmiero Abate signore di Trapani, uno dei maggiori promotori della rivolta del vespro contro il dominio francese degli Angioini. La città accolse per prima Pietro III d'Aragona che, sbarcato a Trapani il 30 agosto 1282, ivi soggiornò ospite dello stesso Palmerio Abate e il 4 settembre venne proclamato Re di Sicilia a Palermo. Gli Angioini, mal sopportando la sconfitta subìta, tentarono successivamente in più occasioni di riconquistare l'isola ed assaltarono ripetutamente con le loro navi le città costiere e principalmente Trapani, per strappare agli Aragonesi un punto strategico, per essi importantissimo.

Nel 1284 avvenne nel mare della città la battaglia navale tra le galee siciliane, comandate da Palmerio Abate e Ruggero Lauria, e le galee napoletane e francesi, conclusasi con la vittoria della flotta siciliana. Il primo dicembre del 1299 si combatté, invece, quella che lo storico Michele Amari definì la più grande battaglia a campo aperto, mai avvenuta in tutta la guerra del vespro.

La Battagli della Falconaria (o Falconara) avvenuta, allorquando Federico III d’Aragona governava la Sicilia contro il volere angioino e pontificio, in cui l'esercito di Federico sconfisse quello del Regno di Napoli comandato da Filippo I d'Angiò, principe di Taranto. Il sito della battaglia, secondo le fonti, fu nelle campagne di Trapani (in direzione di Marsala), nel triangolo compreso nelle frazioni trapanesi di Fontanasalsa, Marausa e Locogrande.

Così scrive l’Amari nel suo libro “La Guerra del Vespro Siciliano”: «Apprestatisi in Napoli quaranta galee, con quanti rimaneano in terraferma più rinomati nobili nazionali e francesi, e milizie, e soldati mercenari; capitanando l'oste il principe Filippo, col consiglio di sperimentati uomini di guerra; l'armata Pier Salvacossa vice ammiraglio: in sull'entrar di novembre fan vela per Trapani, a infestar le regioni occidentali dell'isola, grasse e fin qui illese, dalle quali Federigo traea il nerbo delle sue forze. Donde, come e' seppe sbarcati inimici a capo Lilibeo, depredanti il paese, accinti a strigner Trapani per mare e per terra, fieramente turbato, consultavane co' suoi capitani che fare?» 

Carlo II d’Angiò inviò il figlio Filippo, principe di Taranto, in Sicilia. La spedizione, allestita dopo la richiesta di un altro suo figlio, Roberto duca di Calabria, era costituita da quaranta galee, oltre alle navi da carico. La flotta prese il largo da Napoli i primi di novembre del 1299 e si diresse verso la Sicilia occidentale. Sbarcati a capo Lilibeo, depredato il paese, gli angioini si diressero verso Trapani, la quale venne assediata per mare e per terra. Non essendo riuscito a conquistare Trapani, piazza d’armi fortificata, che contrariamente alle aspettative si difese abilmente, arrecando notevoli danni alle truppe assedianti, il principe Filippo ritornava verso Marsala.

Federico III, che nel frattempo appresa la notizia, e radunati i suoi sostenitori, aveva rapidamente raggiunto la Val di Mazara, incontrò il suo avversario sul piano denominato della Falconara, ad otto miglia da Trapani, dieci da Marsala, due o tre dalla marina. Federico III, considerato il fatto che il suo nemico non avrebbe potuto fuggire sulle sue navi, che si trovavano a largo e forte del vantaggio di poter dare battaglia per primo, decise di affrontare gli avversari, che furono sconfitti.

Con Filippo I d'Angiò catturato e fatto prigioniero, Federico III re di Sicilia, come scrive Michele Amari, a sera entrava vittorioso in Trapani; spacciava corrieri a spron battuto per tutta l'isola: che ne resta la lettera scritta a' cittadini di Palermo, significando quella vittoria, ed esortandoli a montare su lor galee, e accozzati con le genovesi di Egidio Doria, salpare contro la sprovveduta flotta nemica. 


Inoltre, in merito de'servigi resi di questi cittadini , chiama ad osservanza e riconferma i privilegi di Federigo imperatore, Corrado e Manfredi, sopra le franchigie all'entrata o uscita delle derrate, i favori ai commerci, e altri di minore importanza. E seguì, girando per tutti i luoghi in val di Mazzara, a mostrarsi vittorioso, e spronar gli animi a nuovi sforzi per la patria.

Anche successivamente nel 1315, gli Angioini, negli ulteriori tentativi di strappare agli Aragonesi la città di Trapani, furono respinti dopo un assedio durato più di un anno per terra e per mare. Ed anche un secolo dopo, Luigi d'Angiò nel 1432 invano assediò Trapani, che vittoriosamente resistette. 

Fu così che, NON ESSENDO MAI STATA ESPUGNATA, nel 1478, Ferdinando il Cattolico concesse alla città il titolo di INVITTISSIMA per via « delle gloriose resistenze fatte sempre ai nemici del regno» e da allora non vi fu nessun atto ufficiale del Senato cittadino, lapide o atto notarile che non riportasse questo regio apprezzamento. Le lettere D.U.I.( Drepanum Urbs Invictissima), insieme alla falce e alle cinque torri sormontate da una corona, formerà anche il marchio degli argentieri trapanesi dal 1612 ai primi decenni del XIX secolo.

Il Titolo fu riconfermato dall'imperatore Carlo V, uno dei più grandi sovrani della storia moderna. Il suo impero era così vasto che si dicesse che su di esso non tramontasse mai il sole.

Il 20 agosto 1535 l’imperatore Carlo V d’Asburgo, dopo aver espugnato Tunisi, che era stata conquistata dagli ottomani, sbarcò a Trapani, con i 20.000 schiavi cristiani liberati in Tunisia e qui si trattenne fino al 25 agosto risolvendo problemi cruciali per le finanze locali , con provvedimenti che andavano dal risarcimento dei danni subiti durante l’impresa alla riconferma della concessione delle franchigie relative ai diritti di dogana per mare e terra.

Nella Chiesa di Sant’ Agostino, che ricordiamo essere stata dei cavalieri templari sin dal 1140, e che nel frattempo era diventata sempre piú importante, grazie anche alla vicinanza col Palazzo Cavarretta, sede del Senato cittadino, in pratica era diventata il Duomo nella Cittá, l'Imperatore appese il suo drappo rosso, come ex-voto, e giuró: “Drepanum civitas invictissima in qua Caesar primum juravit” di confermare i privilegi giá concessi a Trapani da Alfonso il Magnanimo e Ferdinando il Cattolico "sicut et quemadmodum nunc gaudet civitas Messinae". In questa occasione egli definí la cittá Chiave del Regno, e sul suo regno, ricordiamolo, non tramonava mai il sole.


Lo sciupato disegno di Trapani - Inchiostro su carta, raffigurante una “Veduta di Trapani”, opera di Francesco e Antonino Tummarello, copia del 1900 di un originale settecentesco. Il disegno donato dagli autori nel 1902 all’onorevole Nunzio Nasi, recentemente restaurato, è conservato presso il museo regionale Conte A. Pepoli di Trapani.

TRAPANI E LE CROCIATE



Come scrive Mario Serraino nella "Storia di Trapani", tre sono stati gli avvenimenti di rilievo che hanno interessato Trapani all'epoca dei crociati: 

la venuta delle prime comunità religiose maschili; l'occupazione di Tripoli di Libia, e l'insuccesso dell'VIII Crociata.

Infatti, una conseguenza delle crociate fu l’arrivo a Trapani di alcune confraternite maschili, che di ritorno dalla Terrasanta si fermarono in cittá: i Francescani nel 1224, i Domenicani nel 1230 e i Carmelitani nel 1240. 

La prima confraternita ad arrivare a Trapani fu peró quella dei Poveri Compagni d’armi di Cristo e del Tempio di Salomone, meglio conosciuti come Cavalieri Templari, che si stabilí a Trapani nel 1140.

Trapani fu per i Cavalieri del Tempio, il secondo porto più importante della Sicilia, dopo Messina (strategico porto mercantile per i traffici con la Terrasanta): mentre Trapani era soprattutto una base militare dove spesso sostava la flotta templare.

Il cardinale Enrico Beccatelli, trapanese e protettore dell'ordine, donó loro un palazzo nel centro della cittá, accanto ad una preesistente chiesetta dedicata a santa Maria del Tempio (attuale chiesa di Sant'Agostino), che i Templari riadattarono ad ospizio per ospitare i loro confratelli di ritorno o in partenza per la Terrasanta.

Notte di Natale del 1130, sotto il normanno Ruggiero d'Altavilla nasce il Regno di Sicilia e comprendeva non soltanto l'isola cosiddetta di Trinacria, la Sicilia, ma anche le terre di Calabria e Puglia.

In seguito gli Altavilla si dedicarono ad espandere il proprio reame, annettendo Napoli verso nord ma anche e soprattutto vari territori nord africani e Corfù. 

Ruggero II intuì la posizione ideale e strategica dell'Isola e, nell'intento di controllare il mare Mediterraneo, ritenne necessario creare per il regno un punto d'appoggio sulla costa africana, dirimppetto la Sicilia. 

Nel 1146 una grossa flotta siciliana al comando di Giorgio D'Antiochia, ammiraglio di Ruggero II, partì da Trapani e conquistò Tripoli e la Tripolitania costiera, che rimase sino a quasi la fine del secolo sotto il Regno di Sicilia.

Nel 1174, il successore Guglielmo II, promettendo aiuti navali ai crociati, radunò a Trapani una numerosa flotta, ma l'occasione d'intervenire si presentò nel 1188, quando lo stesso re con le sue navi impedì a Saladino di occupare Tripoli di Siria.

L'avvenimento più importante fu di sicuro, in occasione della VIII crociata, sotto il governo angioino. 

Lo storico britannico Runciman, così lo descrive:

Munstansir, emiro di Tunisi, era noto per essere accondiscendente verso i Cristiani, ma aveva offeso Carlo d'Angiò per avere dato asilo ad alcuni avversari politici, fuggiti dalla Sicilia. 

Re Carlo persuase il fratello Luigi IX, sovrano di Francia grande e buono, divenuto santo, ad organizzare una spedizione nelle terre dell'emiro, allettandolo della possibile conversione dell'islamico alla fede cristiana. Nonostante il parere contrario di alcuni suoi amici saggi, re Luigi IX accolse la proposta dell'astuto fratello, pensando anche che una simile spedizione avrebbe aggiunto alla cristianità una nuova provincia in un territorio di grande importanza strategica per ogni fu tura crociata.

Il 1 ° luglio 1270, alla testa di una formidabile spedizione, re Luigi salpò da Aigues-Mortes, erano ad accompagnarlo i tre figli Filippo, Giovanni ed Isabella, consorte di Teobaldo di Navarra, lo stesso Teobaldo, il nipote Roberto di Artois, i conti di Bretagna e di La Marche, l'erede di Fiandra: Guglielmo, il conte di Saint-Pol, e il conte di Soissons.

La crociata giunse a Cartagine il 18 luglio, cioè nel pieno calore dell'estate africana. Qui il sovrano crociato incontrò la prima sorpresa: Munstansir non si convertì al cristianesimo e, rafforzando le fortificazioni, si apprestò alla difesa; ma non si ingaggiò combattimento alcuno, perché l'esercito francese fu colpito dalla peste, che falcidiò migliaia di combattenti. 

Re Luigi fu tra i primi ad essere colpito dal morbo mortale, sicché quando Carlo d'Angiò giunse col suo esercito in terra africana (25 agosto) apprese che il regale suo fratello era morto poche ore prima. Secondo il costume del tempo, le carni dell'infelice sovrano defunto furono separate dalle ossa per ebollizione e deposte in due bare distinte: le ossa vennero consegnate all'erede Filippo III e le carni, il cuore ed i visceri a Carlo d'Angiò; i primi per essere trasportati a Parigi, i secondi, contenuti in un'altra cassa, per essere inviati e tumulati nel duomo di Monreale.

Il 17 novembre 1270 le due flotte, la francese e la siciliana, lasciarono Tunisi, dirigendosi rispettivamente verso la Francia e verso la Sicilia: la prima con la cassa contenente le ossa di san Luigi e con a bordo re Filippo III, il cognato Teobaldo, la sorella Isabella, un gruppo di illustri personaggi della corte, ed il resto dell'esercito; la seconda con la bara contenente le carni, il cuore ed i visceri del santo sovrano e con a bordo Carlo d'Angiò, accompagnato dal suo seguito. 

Le due flotte, colte da una violenta tempesta nel canale di Sicilia e un po' anche per l'aggravarsi del morbo, che aveva colpito buona parte degli imbarcati, fra questi gli stessi sovrani Isabella e Teobaldo, approdarono il 20 novembre nel porto di Trapani e quivi provvidero a riparare i danni delle navi e a sbarcare i contagiati. 

Le due bare, contenenti i resti mortali di san Luigi, furono epositate nella piccola chiesa dell'Annunziata, fuori le mura della città; onde evitare il contagio della peste alla popolazione, si fecero alloggiare pure i componenti della sventurata spedizione nella stessa località, distante dal centro abitato; ed altro luogo migliore non si offriva che il caseggiato con la chiesetta e grande orto annesso, sin dal 1250 donato ai Carmelitani dalla famiglia Abbate e non ancora utilizzato dai religiosi; senza dire che la conservazione del corpo di Luigi IX nella piccola cappella degli Abbate costituiva motivo d'orgoglio per quella nobile e prestigiosa famiglia, considerata tra le prime della città. Dopo la morte di re Teobaldo e della regina Isabella, avvenuta il 4 dicembre dello stesso anno 1270, i francesi si partirono da Trapani via terra: a Monreale fu 

consegnata la cassa, contenente i visceri, le carni ed il cuore di san Luigi, per essere tumulata in quella cattedrale, mentre l'altra cassa, contenente le ossa, accompagnata dal corteo reale, proseguì per Parigi, sempre via terra.

Giuseppe Maria Di Ferro, così descrive l’arrivo di questa flotta nel porto di Trapani. “Ai 20, Novembre 1270, giorno di Venerdì godè Trapani l’assai fugace piacere, di vedere nel suo porto le due flotte, Francese, e Siciliana, recanti il corpo di S. Luigi re di Francia, IX. di questo nome, morto in Tunisi.

Vi erano in quelle armate tanti Sovrani, e Principi del sangue, unitamente al re Carlo di Sicilia, ed a Filippo, figlio di San Luigi, ed erede della corona di Francia, che indi ebbe il sopranome di Ardito.

L’allegrezza di questo spettacolo non fu per Trapani, che il baleno di sua distruzione. Quei guerrieri aveano respirato in Africa le micidiali esalazioni di un’aria la più corrotta. 

Quell’avvelenata bava distesa sopra i sensi s’insinuò nel sangue, lo corruppe, e vi lavorò la morte. 

Il mercoledì, giorno di Novembre, il re di Francia, il re di Sicilia, il re di Navarra con Odoardo, che svernò in Trapani, ed Arrigo d’Inghilterra, ed altri Principi Reali, giurarono di ritrovarsi fra tre anni in questo medesimo porto di Trapani.

Stabiliron’essi che a 22. Luglio 1274, giorno della Maddalena, dovesse ronda qui far passaggio in Oriente per l’impresa di Terra Santa. Il male però avea sviluppato in questa città, quegli spaventevoli sintomi, i cui rapidi, e le conseguenze sempre mortali. La peste moltiplicando i suoi omicidj, nel lunedì 4. Dicembre portò al sepolcro Teobaldo re di Navarra, Isabella sua sposa, figlia di S. Luigi, e tanti altri Principi, ed illustri personaggi. Vennero essi seppelliti nell’antica chiesa di S. Maria la Nuova, oggidì S. Domenico. Filippo re di Francia per non abbandonare la sorella, e il cognato Teobaldo, così gravemente infermi erasi fermato quindici giorni in Trapani; in partì con Carlo re di Sicilia per la volta di Morreale”. 

(Guida per gli Stranieri in Trapani - Celebes Tp 1977)

I Domenicani, che a fianco santa Maria la Nova costruirono poi la grande chiesa di san Domenico col relativo convento, vollero perpetuare l'avvenimento, apponendo in cornu Evangeli dell'altare maggiore la lapide, che tutt'oggi leggiamo.

La battaglia di Drepana (Trapani) 249 a.c.



Intorno al 260 a.c. il generale cartaginese Amilcare fece fortificare il promontorio, facendo costruire anche una fortezza sull’isola della Colombaia e il Castello di Terra nei pressi dell’attuale questura, e vi trasferì una parte degli abitanti di Eryx.
La scelta si rivelò azzeccata, e verso il 250 a.C. Drepanon era una delle ultime due roccaforti cartaginesi in Sicilia; dacché l'altra, Lilybaeum, era assediata da parte dei Romani..
La manovra dei cartaginesi era chiara: fortificare l’importante approdo di Drepana significava, infatti, controllare l’ampio tratto di mare fra la costa siciliana e le isole Egadi e di conseguenza controllare tutta la costa nord-occidentale della Sicilia, con grande vantaggio per una sicura navigazione fra Cartagine e l’Isola

Nel 249 A.C. i Cartaginesi sconfiggono la flotta romana nella battaglia nel porto di Trapani.
La flotta romana subisce la più grave sconfitta navale mai avuta nella sua storia, una vera e propria disfatta.

Nel 249 avanti Cristo i Romani, pensando che solo conquistando
Trapani avrebbero posto fine alla guerra, tentarono di entrare con la flotta nel suo porto; ma i Cartaginesi, comandati da Aderbale, non si fecero sorprendere, e con una ardita manovra navale riuscirono a sopraffare la flotta comandata dal console Publio Claudio Pulcro.

La testimonianza storica è di Polibio -Storie, Lib. I/51 e 52.

La flotta romana formata da 120 navi (Paolo Orosio) guidata dal console Publio Claudio Pulcro salpò ed arrivò nel mare di Drepanum all'alba, tra la sorpresa dell'ammiraglio cartaginese Aderbale. 

Polibio così' descrive il fatto. 

Al sorgere del giorno, le prime navi erano in vista di Drepanum: Adebale in un primo tempo rimase attonito alla vista improvvisa, ma ben presto si riprese e capì che il nemico era venuto per attaccare. 
Giudicò allora di dover fare ogni sforzo e affrontare qualunque sacrificio pur di non esporsi ad un sicuro assedio. Raccolse dunque sulla spiaggia gli equipaggi e convocò con un bando i mercenari della città ..... ordinò di imbarcarsi subito e, guardando la sua nave, di seguirlo a poppa (ordinò che lo seguissero). Detto questo, egli stesso in tutta fretta salpò e condusse fuori i suoi proprio sotto alle rupi dalla parte opposta a quella dalla quale i Romani stavano entrando nel porto. ( Pol. 1) 
Publio Claudio Pulcro, mentre parte della sua flotta era entrata nel porto, parte stava entrando e parte era ancora fuori, vide che i Cartaginesi avevano disposto la loro flotta, posta all'esterno del porto e distante dalla sua imboccatura, in posizione di battaglia. 
Ordinò che subito tutte le navi invertissero la rotta per uscire e dare battaglia ai nemici. Non considerò l'affollamento eccessivo di navi, in relazione allo spazio disponibile, in un'area che per la sua naturale esiguità intralciò le manovre dei natanti e causò grandi danni. 
Molte delle poliere che uscivano, urtarono seriamente quelle che entravano; molte inoltre si danneggiarono reciprocamente i remi: Il tutto in una confusione che rallentò molto l'operazione di disporsi in battaglia, mentre soltanto quelle ancora all'esterno del porto, grazia al maggiore spazio disponibile, furono leste a dirigersi contro la flotta cartaginese. Tra queste v'era la quinqueremi del console, avvantaggiata dal fatto che era posta in retroguardia. 
Le navi che erano senza impedimenti, perché ancora fuori dal porto, vennero fatte disporre dai trierachi nelle vicinanze della spiaggia e con le prue contro gli avversari. 
Claudio Publio Pulcro si dispose a sinistra dello schieramento, lontano dalla spiaggia, verso l'alto mare. [Pol. 1]Mentre la flotta romana risolveva le proprie difficoltà, quella cartaginese guidata da Aderbale modificò la propria disposizione e dallo stato di attesa, con cinque delle sue pentere (quinqueremi), si diresse oltre l'ala sinistra romana e quindi verso il mare alto. 
A questo punto fece diramare l'ordine alle rimanenti poliere di compiere una manovra tattica uguale alla sua. In tal modo la flotta cartaginese si trovò in vantaggio dato che, con alle spalle il mare aperto, poteva assaltare i Romani o poteva fuggire a seconda dell'esito dello scontro. 
I Romani venivano così costretti in uno specchio d'acqua delimitato, da dietro, dalla costa. Ciò precludeva loro la possibilità di manovra. 
Completata la manovra le navi cartaginesi indirizzarono la loro prua verso quelle romane; ma queste, tenendosi sotto costa, erano impegnate a presidiare il tratto di mare antistante l'imboccatura del porto, in modo da consentire alle loro restanti navi di uscire indisturbate. Ecc.ecc.

Ma alcuni anni dopo, nel 241 a.C., Gaio Lutazio Catulo sbaragliò la flotta cartaginese nella famosa battaglia delle Isole Egadi che pose fine alla guerra, senza che però Drepanon fosse mai effettivamente espugnata.

I Romani così conquistarono la città, latinizzandone il nome in Drepanum

PIETRO III D'ARAGONA SBARCA A TRAPANI




I VESPRI SICILIANI
Nella seconda metà del secolo Trapani cade, con tutta la Sicilia, sotto la dominazione angioina.

Carlo d'Angiò, fratello del re di Francia Luigi il Santo, fu incoronato a Roma re di Sicilia nel 1266, dopo avere sconfitto a Benevento Manfredi, figlio di Federico II e Bianca Lancia, che morì in battaglia, ponendo fine al potere della dinastia sveva e con essa anche il concetto stesso di "stato autonomo" del Regno di Sicilia, istaurato e portato avanti dai re normanni con la conquista di Ruggero II d'Altavilla 

Carlo d'Angiò non rispettò la tradizione di essere eletto a Palermo dal popolo e dai baroni siciliani e trattò l'Isola come una provincia occupata da milizie ostili, mentre Napoli diventava il centro del regno.
La Sicilia era governata da baroni francesi, che assunsero il controllo delle città. Pure l'amministrazione della giustizia e dell' erario passò nelle mani di esosi e corrotti funzionari francesi, che introdussero pesanti corvées e inaccettabili limiti alla libertà di caccia e di pascolo.
L'aristocrazia siciliana fu pesantemente mortificata e tutto questo porto allo scoppio della ribellione che diede avvio a una serie di guerre, chiamate "Guerre del Vespro" per il controllo della Sicilia, definitivamente conclusesi con il trattato di Avignone del 1372.

Tutto ebbe inizio all'ora del vespro del 30 marzo 1282, lunedì dopo la Pasqua, sul sagrato della Chiesa dello Santo Spirito, a Palermo. 
L'insurrezione dilagò immediatamente in tutta la Sicilia. 
A generare l'episodio fu - secondo la ricostruzione storica - la reazione al gesto di un soldato dell'esercito francese, tale Drouet, che si era rivolto in maniera irriguardosa ad una giovane nobildonna accompagnata dal consorte con la scusa di ricercarle armi nascoste sotto le vesti. La reazione dello sposo, a difesa della nobil-donna, fu appunto la scintilla che dette inizio alla rivolta. Nel corso della serata e della notte che ne seguì i palermitani si abbandonarono ad una vera e propria "caccia ai francesi", presto trasformatasi in una autentica carneficina.
Si racconta che i siciliani, per individuare i francesi che si camuffavano fra i popolani, facessero ricorso ad uno shibboleth (cfr. Giudici 12,5-6), mostrando loro dei ceci e chiedendo di pronunziarne il nome; appena i francesi dicevano "siseró" anziché "ciciru" venivano uccisi!

La corona dell'Isola fu offerta dai notabili siciliani a Pietro lll re d'Aragona

Pietro III D'Aragona il 30 agosto 1282 sbarca a Trapani, e viene accolto come liberatore da Palmiero Abate, Signore di Trapani, ed il 4 settembre viene proclamato Re di Sicilia a Palermo.

Nell'aprile del 1283 giunge a Trapani dalla Catalogna tutta la famiglia reale, con la regina Costanza e gl'lnfanti Giacomo, Federico e Violante.
Pietro III d’Aragona rimane in Sicilia dal 30 agosto 1282, giorno del suo sbarco a Trapani, all’11 maggio 1283 data della sua partenza da Trapani per Valencia.

In seguito agli avvenimenti del Vespro, il porto divenne “porto dei re” come scrive Laura Sciascia, infatti, dopo l'arrivo di Pietro III d'Aragona, fu consuetudine dei re aragonesi sbarcare in Sicilia dal porto di Trapani.

TRAPANI NEL DECAMERON DI BOCCACCIO



Nel Decameron, il Boccaccio fa menzione della città di Trapani nella quarta novella della quarta giornata, nella seconda e nella settima novella della quinta giornata.

Ma più rilevanti sono i i riferimenti alla città di Trapani nella settima novella della quinta giornata, raccontata da Lauretta.
La vicenda, infatti, si svolge tutta a Trapani e il quadro storico è il medesimo della novella quarta della quarta giornata.

La Sicilia è governata da Guglielmo il Buono e il capitanato di Trapani è affidato al nobile uomo Amerigo della famiglia degli Abbate.

Il Boccaccio conferma che Trapani nel Medioevo godeva di una posizione molto privilegiata grazie al suo porto, che favoriva non solo un’intensa attività commerciale ma anche offriva un approdo sicuro per le navi dei crociati in partenza e di ritorno dalla Terra Santa. Una consistente presenza di templari, la sua vicinanza alla costa berbera, i rapporti mai interrotti con Tunisi, la presenza di tante legazioni straniere, il fiorente artigianato, l’abbondante produzione agricola, le saline, la pescagione, facevano di questa piccola città un importante snodo politico, militare e 
commerciale.

Così, inizia la novella:

Quinta Giornata
Novella settima

Teodoro, innamorato della Violante figliuola di messere Amerigo suo signore, la 'ngravida ed è alle forche condannato; alle quali frustandosi essendo menato, dal padre riconosciuto e prosciolto, prende per moglie la Violante. 
Le donne, le quali tutte temendo stavan sospese ad udire se i due amanti fossero arsi, udendogli scampati, lodando Iddio, tutte si rallegrarono; e la reina, udita la fine, alla Lauretta lo 'ncarico impose della seguente, la quale lietamente prese a dire. 
Bellissime donne, al tempo che il buon re Guiglielmo la Cicilia reggeva, era nella isola un gentile uomo chiamato messere Amerigo Abbate da Trapani, il quale, tra gli altri ben temporali, era di figliuoli assai ben fornito.


Di straordinario interesse è la realtà economico-politica che la novella delinea e l'importanza assunta dalla città di Trapani a quell'epoca. 
Che Amerigo compri Teodoro da corsari genovesi, i quali con le loro galee hanno rapito dall' Armenia vari fanciulli, testimonia gli intensi traffici commerciali del Mediterraneo in cui è coinvolta Trapani, in perfetto accordo con i Genovesi, secondo l'indirizzo inaugurato dal re Guglielmo II d'Altavilla. 
In particolare, Boccaccio precisa che i corsari si recano nella zona di Laiazzo, dove, alla fine della novella, si trasferiscono Teodoro e Violante, a voler palesare il legame di Trapani con questa città, «emporio all' incrocio delle vie della Siria e dell'Egitto, della Persia e dell'Armenia». 
E se la ricchezza di Trapani non è dovuta solo al commercio ma anche alla terra, come provano i possedimenti di Amerigo, le buone relazioni con l'Oriente sono ulteriormente attestate dal fatto che tre ambasciatori dell' Armenia si fermano a Trapani a riposare prima di proseguire il viaggio per incontrare il Papa. 

DIDASCALIA - Pietro candannato menato alle forche passò dabanti ad un albergo dove tre nobili ambasciatori quivi smontati per rinfrescarsi e riposarsi alcun di e molto onorati da' nobili uomini di Trapani bennero ad una finestra a bedere (Dec. V. VII)

23 ott 2016

30 MOTIVI PER I QUALI IL SUD ITALIA ROVINERA' PER SEMPRE LA TUA VITA

La lunga lista dei motivi per cui il Sud Italia può cambiare per sempre la vita di tutti è un elogio delle virtù dei luoghi, del cibo, dello stile di vita di tutta la parte bassa dello stivale. Con qualche piccola frecciatina alle "mancanze" del Nord. D'accordo o meno che a vincere la sfida fra Nord e Sud d'Italia sia quest'ultimo, sono innegabili i 33 motivi per i quali il Sud Italia rovinerà per sempre la tua vita. In senso ironico, naturalmente.

1. Perché nel Sud, non c'è bisogno di guidare per un'ora, se avete voglia di una nuotata in mare. E' semplicemente ovunque.



2. Perché puoi sentirti libero di stendere i panni al sole


3.Perché mentre il caffè a Milano arriva a costare 2 euro, a Palermo bastano 80 centesimi


4. Perché "pioggia al nord, sole al sud" è la previsione più probabile in un meteo


5. Perché il Sud non sarà ricco come il Nord, ma è senz'altro più "ricco"


6. Perché i paesi sono così


7.Per questo


8.E per questo cibo paradisiaco


9.Perché nel Sud sanno prenderla con semplicità


10.Perché ci sono vulcani innevati


11.Perché anche gli antichi greci hanno scelto di vivere qui


12.Perché nel Sud la gente balla nelle piazza


13.Perché anche se non è certo se sia centro o sud, di sicuro Roma non è al Nord


14.Perché puoi perderti nei bellissimi vicoli delle città


15.E sederti prima fila a guardare il migliore spettacolo della natura


16.Perché al Sud giocare a carte è più di un gioco: è un'arte


17.E la siesta dopo pranzo è una religione


18.Perché nessuno avrebbe pensato a un posto migliore per costruire una chiesa


19.Perché si può ancora suonare su un palco costruito nel III secolo a. C.


20.Perché l'architettura non è mai noiosa


21. Perché i cortili sono fondamentalmente piazze pubbliche


22. Perché al Sud questa è solo la prima di 11 portate


23.Perché se non hai mai provato gli arancini è come se non avessi vissuto


24.Perché al Sud le nonne iniziano a fare la pasta fresca alle 6 di mattina


25.Perché a Napoli hanno inventato la pizza


26.Perché se sai guidare la macchina qui, lo sai fare ovunque


27.Perché al Sud lo street food è buono come quello di un ristorante a 5 stelle


28.Perché ci sono gli stadi migliori del mondo


29.Perché nel Sud, tutto ciò che serve per evitare di portare pesanti borse della spesa su per le scale sono un cesto e un pezzo di corda


30.E perché molti italiani del nord trascorrono le proprie vacanze al Sud, ma il contrario accade raramente


(di Lorenzo Tondo - da www.huffingtonpost.it)

22 ott 2016

ITINERARIO DI 7 GIORNI NELLA PROVINCIA DI TRAPANI


La costa trapanese è sicuramente una delle più ricercate dal punto di vista turistico, grazie alla presenza di località di punta del turismo sia balneare, come San Vito lo Capo, sia del turismo culturale, come Selinunte e Marsala.
Non mancherà infatti di offrire spunti sia per gli amanti delle spiagge di sabbia che per chi preferisce scogliere e immersioni, con perle assolutamente uniche dal punto di vista paesaggistico e naturalistico.

Partiremo da Selinunte, una delle più importanti polis della Magna Grecia e sede oggi del Parco Archeologico più grande d'Europa. Qui il litorale di spiaggia dorata interessa anche le frazioni di Triscina di Selinunte e, in linea d'aria, Tre Fontane e Torretta Granitola, per un litorale che prosegue per oltre 20 km, intervallando spiagge sabbiose, per gran parte, con affascinanti scogliere che celano, quasi in un abbraccio intimo, baie naturali, calette, spiaggette private circondate dalla più verde e caratteristica macchia mediterranea.

Si giunge a Mazara del Vallo, importante centro sia balneare che culturale della Sicilia Occidentale, con un importante museo archeologico oltre che un lungomare tra i più caratteristici, con locali, ristoranti, intrattenimenti e, soprattutto, il primo porto peschereccio d'Italia. 

Marsala, già di per sé, è ormai diventato un marchio riconosciuto in tutto il mondo grazie al particolare vino liquoroso nato e prodotto proprio in queste zone. Il centro pullula di storia e cultura, con caratteristiche uniche al mondo ed una costa contraddistinta dalla presenza della Riserva dello Stagnone, una laguna composta da alcune isolette tra le quali spicca Mothia, un vero e proprio museo a cielo aperto immerso in un orto botanico naturale.

Il capoluogo, Trapani, è anch'esso noto internazionalmente grazie al suo connubio con le Saline, con una costa variegata e, anche qui, una importante Riserva Naturale, quella di Monte Cofano. Da un marchio all'altro, con la località di San Vito lo Capo ormai riconosciuta in tutto il mondo e riconosciuta come la spiaggia più bella d'Italia e quinta in tutta Europa per il secondo anno consecutivo. Anche qui non mancano gli spunti paesaggistici che, oltre che dalle spiagge candide, ci vengono offerti dal vicino borgo di Scopello e dalla Riserva Naturale dello Zingaro, con grotte naturali e spettacoli subacquei da far invidia ai più ricercati paradisi tropicali.

Il nostro viaggio termina a Castellammare del Golfo, centro di quello spettacolo panoramico che è appunto il golfo delimitato da est a ovest da Capo Rama e San Vito lo Capo. Anche qui, spiagge, scogliere, storia, leggende, si intersecano come in un fantastico intreccio, come in fondo è la Sicilia intera.


1 GIORNO

Parte da qui l'itinerario delle coste trapanesi, da un luogo intriso di storia e magia; una località, ad esser sinceri, dall'immenso potenziale, ma soltanto in piccola parte sfruttato. Sorge proprio a Selinunte infatti il Parco Archeologico più grande d'Europa: non ad Atene, non ad Agrigento, ma qui. 40 ettari della più gloriosa e della più tragica storia della Sicilia antica, teatro della più brillante crescita culturale ed edilizia e allo stesso tempo dei più sanguinosi massacri della storia antica.

Le spiagge? Una distesa di sabbia dorata interrotta soltanto da un piccolo porticciolo turistico, da una parte, e dal promontorio dell'Acropoli dall'altra, con i resti del Tempio C che imponenti ed austeri si ergono a creare uno sfondo quasi onirico, specie quando, sul fare della sera, il sole di un rosso accesso ne dipinge i contorni con un chiaroscuro, come se calasse il sipario e restasse solo un gioco d'ombre a rievocare i tempi che furono.

E se da una parte le spiagge incontrano la suggestione della storia, scontrandosi ed incontrandosi con il l'Acropoli selinuntina, dall'altra parte si intersecano con la meravigliosa Riserva Naturale Foce del fiume Bèlice e Dune limitrofe. Qui, tra fitta e rigogliosa macchia mediterranea, si incontrano zone umide e paludose, grandi dune di sabbia, spiaggette riservate e piccole scogliere. Il mare è limpido come non mai, incontaminato come il resto del paesaggio circostante; i più fortunati potranno anche assistere alla deposizione delle uova da parte delle tartarughe marine della specie "Caretta Caretta".

In linea d'aria la costa sabbiosa prosegue verso ovest, raggiungendo dapprima la frazione diTriscina di Selinunte, in cui le spiagge raggiungono un'ampiezza notevole e i fondali diventano molto bassi per lunghi tratti, ideali quindi anche per famiglie con bambini piccoli; segue Tre Fontane, frazione di Campobello di Mazara, in cui la sabbia assume delle tonalità più chiare e la granulometria è più fine. Qui le spiagge sono ben attrezzate, con lidi e stabilimenti balneari che affittano pedalò, canoe, e il paesino è ricco di intrattenimenti per giovani. Si finisce con Torretta Granitola, dove finisce anche la sabbia e inizia una scogliera con un mare limpidissimo. La località prende il nome da un'antica torre di avvistamento, chiamata anche Torretta di Mazara, ed è molto ricercata dagli amanti di surf e windsurf.


2 GIORNO

Mazara del Vallo è un fiorente centro del trapanese, ricco di storia e tradizioni, uno di quei luoghi in cui le molteplici contaminazioni culturali della Sicilia sono immediatamente visibili ed emergono con prepotenza. Nato infatti in seguito all'impulso fenicio, Mazara del Vallo ha giocato un ruolo importante sia in epoca greca che durante le dominazioni araba e normanna.

E' proprio quello arabo e normanno l'influsso che più di ogni altro ha segnato i contorni e la fisionomia di questo luogo, ancora oggi centro di fervida integrazione culturale. All'interno del tessuto urbano è persino presente un quartiere, quello della Kasbah, dall'impianto chiaramente islamico.
L'importanza geografica di Mazara del Vallo ne ha anche segnato la storia: situato sul Canale di Sicilia e vicina al fiume Mazaro, ha visto la crescita quasi spontanea di un importantissimo porto-canale, tanto che ancora oggi l'attività principale per l'economia mazarese è la pesca. Mazara è infatti il primo e più importante porto peschereccio d'Italia.

Il lungomare Mazzini rappresenta la passeggiata a mare dei mazaresi, orlata da un susseguirsi di ristoranti e locali notturni che illuminano la città e la costa fino a tarda sera.
La spiaggia per eccellenza di Mazara del Vallo è però quella di Tonnarella, caratterizzata da sabbia fine e ben attrezzata con la presenza di lidi, alcuni dei quali propongono anche musica fino all'alba.

Curiosità: era il 1997 quando il peschereccio "Don Ciccio", capitanato da Francesco Adragna, recuperò per caso una gamba bronzea, non meglio identificabile. Un anno dopo, lo stesso peschereccio tira fuori, da 500 metri di profondità, quasi due millenni e mezzo di storia: la statua in bronzo di un satiro vien fuori come elevato da una forza soprannaturale, fuoriuscendo dal capo come volesse fin da subito sottoporsi all'ammirazione del "nuovo mondo". Ancora oggi, a distanza di oltre 10 anni, il racconto di Don Ciccio si interrompe in singhiozzi di emozione e commozione per la scoperta dall'incommensurabile importanza storica. La datazione riporta l'opera indietro fino al IV-III sec. A.C., e prende il nome di "Satiro Danzante", figura facente parte del corteo orgiastico di Dioniso. Oggi è esposto nel museo di Mazara del Vallo che ne prende il nome.


3 GIORNO

Per identificare la città e dare un assaggio della sua importanza, ci sarebbe l'imbarazzo della scelta. Marsala, la città dello sbarco dei "Mille di Garibaldi"; Marsala, città del vino; Marsala, l'antica città punica di Lilibeo. Insomma, in un modo o nell'altro, è quasi impossibile non avere memoria di questa città, dalle molteplici sfaccettature e dalla importanza cruciale sia nel trapanese che nella Sicilia intera.
Le spiagge di Marsala sono una sorta di "balcone" naturale sulle isole Egadi, di cui sono visibili i profili, con tramonti che si stagliano all'orizzonte colorandone i contorni di un rosso accesso, adombrando tutto il resto e stendendo un sipario buio su di un mare che profuma di storia.

Il lungomare cittadino ospita spesso regate di vela e manifestazione nautiche, anche semplicemente spettacoli di kite surf: gli amanti di questi sport si riuniscono infatti spesso in questi luoghi che offrono un territorio ideale per le loro attività. Chi ama gli scogli invece, potrà trovare pane per i suoi denti spostandosi in direzione di Capo Boeo, sull'omonimo lungomare.

Caratteristica peculiare del territorio di Marsala è la presenza, come accennato, del piccoloarcipelago dello Stagnone, che tra le altre comprende l'isola di Mozia o San Pantaleo. Si tratta di una delle più antiche fondazioni fenicio-puniche della Sicilia, risalente all'VIII sec. prima di Cristo. Fiorente centro commerciale per i traffici commerciali, venne completamente distrutta dal Tiranno di Siracusa Dionisio I nella sua campagna di conquista delle città fenicie della Sicilia. I pochi sopravvissuti si spostarono sulle coste fondando Lilibeo, l'attuale Marsala.

Oggi è un importante centro archeologico, con alcuni ritrovamenti eseguiti in epoca recente, nei primi anni del '900, quando l'inglese Joseph Whithaker acquistò l'isola patrocinando gli scavi che riportarono alla luce importantissime testimonianze storiche. Il santuario del Cappiddazzu, la Casa dei Mosaici e, nel 1979, il "Giovinetto di Mozia", databile intorno al 400 a.C.

L'isola si raggiunge attraverso delle piccole imbarcazioni che partono da un molo ad intervalli regolari e giungono sulle sponde di Mozia in pochi minuti. Nei periodi di bassa marea è possibile ancora vedere l'antica strada fenicia che collegava l'isola alle coste di Lilibeo. Nei mesi tra Febbraio e Marzo è possibile assistere alla fioritura di Mozia, un vero e proprio orto botanico che, in questi mesi specialmente, di tinge di colori variopinti e si arricchisce di odori inebrianti.


4 GIORNO

Spiagge per tutti i gusti nel capoluogo della provincia, una città ben nota in tutto il mondo per le caratteristiche "Saline", visibili e visitabili sia nel "museo del sale" che nella Riserva delle Saline di Trapani e Paceco. Si comincia dalla spiaggia denominata "Torre di Ligny", nome derivante dalla torre che si erge alle spalle del lungomare e che rappresentava una fortezza contro i pirati nordafricani. Qui il mare è subito profondo e non vi è sabbia, ma scogliere facilmente accessibili sui quali ci si può comodamente distendere.

Proseguendo lungo la costa, la spiaggia delle Mura di Tramontana è quella più vicina al centro storico, cui si accede da Porta Ossuna. Si trova in pratica sotto le mura di Trapani antica, con un mare sicuro e spiaggia di sabbia non molto estesa. La spiaggia seguente prende il nome dalla piazza Vittorio Emanuele che si trova alle spalle; è una delle più belle di Trapani, ed è costituita da una ampia distesa di sabbia ed acque che digradano dolcemente. Il Lido Paradise è privato con accesso a pagamento, ed offre ombrelloni, sdraio, cabine, servizi ed intrattenimenti vari. 

La Spiaggia sulla Litoranea si trova proprio sotto la strada costiera con un marciapiede in cui gli abitanti di Trapani sono soliti fare jogging. Anche qui le acque sono piuttosto basse e digradano poco a poco, e la vicinanza con bar, ristoranti e strutture varie la rende una delle preferite dai trapanesi. La spiaggia di San Giuliano è la più lunga di Trapani, si estende per 2 km con acqua limpidissima e sabbia che qui assume un colore bruno-dorato. Seguono altri 15 km di lidi e baie, come quella di Pizzolungo, Bonagia e Valderice, prima di arrivare alla Baia di Cornino, in prossimità della Riserva Naturale Monte Cofano, 500 ettari di natura incontaminata ed ecosistemi mediterranei.

Curiosità: in questo itinerario è stata dedicata una giornata intera alla tappa di Trapani per consentire di visitare almeno una delle due riserve naturali: quella delle Saline o quella di Monte Cofano.
Nella prima è possibile assistere ancora alle attività di estrazione del sale, con il suggestivo paesaggio caratterizzato dai mulini a vento e le vasche di evaporazione; nella Riserva Monte Cofano è possibile visitare le grotte, alcune delle quali rivelano importantissimi reperti ed iscrizioni risalenti addirittura al paleolitico superiore.


5 GIORNO

Basterebbe dire che San Vito lo Capo, nel 2012 e per il secondo anno consecutivo, è stata eletta la spiaggia più bella d'Italia, addirittura all'ottavo posto in tutta Europa. Basterebbe dire che, in controtendenza rispetto al trend negativo legato alla crisi economica che ha investito ogni ambito e in particolar modo il turismo, San Vito lo Capo in 10 anni ha decuplicato la sua attività turistica, intesa come presenze, tempo medio di permanenza e numero di posti letto. Basterebbe dire che il Cous Cous Fest, manifestazione gastronomico-culturale ed evento di punta della stagione sanvitese, muove da solo oltre 7 milioni di euro nelle sole giornate dell'evento.

Insomma, sono tante le cose che "basterebbe dire" di San Vito lo Capo. Ma ciò che qui, sicuramente più di ogni altra cosa, interessa sapere, è che giungere a San Vito vuol dire incrociare un turbinio di profumi, che insieme a scenari da paradiso tropicale, creano un incanto per i sensi. Profumo di gelsomino si intreccia con forti fragranze afro-orientali di cous cous, sentori intensi di limone contrastano con il seducente odore di cioccolata che gronda generoso sul "caldo freddo", molto più che un semplice dessert, ma una vera e propria esperienza di estasi per il palato più goloso.

Tutto quanto mentre lo sguardo si posa sorpreso sulla bianca distesa di spiaggia che elegantemente incontra un mare del colore del cielo, piatto come una tavola, con lievi e delicati moti che più che irrompere sul bagnasciuga lo carezzano e lo coccolano. Il paesaggio circostante è dei più suggestivi, con il Monte Monaco a frastagliare la costa, che si prepara a soddisfare anche gli amanti delle scogliere, modellate dal vento e dal moto delicato e perpetuo del mare.

No, non sono panorami caraibici; possono sembrarlo, in realtà sono panorami mediterranei. Chi ha il piacere di visitare San Vito lo Capo, non potrà che biasimare chi, da Siciliano, prova invidia per i paradisi tropicali: qui c'è molto di più. Impossibile suggerire una spiaggia piuttosto che un'altra: tutte quante sono indescrivibilmente belle, e servita da una impressionante serie di servizi e intrattenimenti: dalle escursioni in barca ai lidi sulla spiaggia, dai diving center ai ristoranti di pesce, con una immancabile sosta nelle gelateria per gustare il caldo freddo di cui sopra.

Vista la presenza del Monte Monaco, qui i servizi turistici soddisfano anche chi, a mare, vuole saziare la propria sete di avventura in montagna, con percorsi di trekking o a cavallo tra i sentieri che si inerpicano sull'altura di circa 500 metri: giunti in cima, il panorama lascia senza fiato, lasciando scorgere il promontorio del Monte Cofano fino al Golfo di Castellammare, avvistando talvolta anche il profilo dell'isola di Ustica.


6 GIORNO

La bellezza aspra della Riserva dello Zingaro è un po' la sintesi della bellezza della Sicilia. Niente mezze misure, niente compromessi: tutto o niente. La Sicilia non ama smorzare i suoi spigoli, ma si concede in tutta la sua essenza, come una mamma premurosa segnata dall'età e dagli sforzi di crescere chi si è riparata sotto il suo grembo. 

Ed un po' è così lo Zingaro, sentieri che si inerpicano selvaggi su manti incontaminati di macchia mediterranea, dirupi e strapiombi improvvisi che si affacciano su un mare dal blu più intenso che mai; un ambiente assolutamente integro e incontaminato, unacosta rocciosa che riserva piccoli angoli di paradiso, tra le tantissime calette e grotte scavate nelle falesie che decorano di bianco l'immenso blu del mare. Mare i cui fondali accolgono specie tra le più variopinte e particolari, con alghe rosse, anemoni, pesci che neppure nel più profondo Mar dei Sargassi!

Complemento fondamentale di questa bellezza dal sapore salmastro sono gli uccelli, come un coro di sottofondo alla sinfonia delle onde: il Falco Pellegrino, il Nibbio Reale, rapaci anche in via d'estinzione che si dilettano in voli e "traiettorie impercettibili, codici di geometria esistenziale", avrebbe detto il Maestro Battiato. Il tutto sotto gli "occhi" delle onnipresenti palme nane, regine di questo ambiente mediterraneo, oasi privilegiata di biodiversità.

Scopello è una gemma per coloro che decidono di visitare la Riserva, a cui è indissolubilmente legata anche nella memoria e nell'immaginario dei turisti. In tutta Europa e nel mondo ne celebrano la bellezza, con coste rocciose che aprono alle proprie spalle un museo di tradizioni e storia tipicamente mediterranee. Scopello è infatti legato alla vecchia tonnara e alle botteghe artigianali che ancora oggi producono ceramiche, anche se chi dice Scopello, dice "Faraglioni", veri e propri "Obelischi di roccia", modellati nei secoli dal mare e dal vento, i cui fondali nascondono una impressionante ricchezza di vita e una serie do tonalità che mutano in base alla prospettiva e alla luce, dal blu cobalto al violetto, dal rosa all'azzurro cielo.


7 GIORNO

Castellammare del Golfo è il centro del golfo omonimo delimitato da Capo San Vito ad Ovest e Capo Rama ad Est, e rappresenta uno dei più importanti centri turistici della Sicilia. Nato come emporio segestano, porto della vicina colonia di Segesta, divenne con gli arabi una importante roccaforte, con il nome di Al Madarig, gli "scalini". In epoca normanna venne ulteriormente fortificata e fu costruito il "Castello a Mare", da cui il nome attuale. Una delle più lunghe coste della Sicilia, si presenta piuttosto frastagliata, passando da tratti uniformi e sabbiosi a scogliere e strapiombi con fondali affascinanti.

Penisole e promontori creano baie e spiaggette,insenature e piccole calette, come Cala Bianca eCala Rossa, per una varietà della costa che soddisfa davvero ogni esigenza e ogni richiesta. La Playa, una delle più estese, è la spiaggia di sabbia per eccellenza a Castellammare del Golfo, dal colore dorato e con tantissimo spazio libero, di fianco a lidi attrezzati per chi cerca la comodità di lettino e ombrellone. Ciottoli e ghiaia si alternano tra le varie Petrolo, Marina Grande e Guidaloca, fino a toccare la Scopello dei Faraglioni.

Eccellente anche per la qualità di servizi al turista: infatti nelle stesse spiagge è possibile trovare qua e là chioschetti e piccoli locali o lidi per mangiare un boccone o bere una bibita fresca, oltre che noleggiare canoe, pedalò, surf e anche piccole barche a vela. Di sera, gli stessi diventano teatro della più sfrenata movida castellammarese, con musica e discoteca in spiaggia fino alle prime ore dell'alba. Curiosità: a pochi km da Castellammare sorgono le Terme Segestane, percorrendo contrade il cui nome funge quasi da navigatore stesso: contrada Ponte Bagni sul Fiume Caldo. Più chiaro di così...

Qui lo stabilimento di acque sulfuree è stato creato sul finire del secolo scorso, con acque sulfuree alla temperatura di circa 44 gradi che sbocca su due piscine termali. Una di queste, la Grotta Regina, è un bacino naturale di una bellezza travolgente, immerso nella vegetazione come se la natura volesse nascondere all'uomo una tale perla. In particolari serate, tra i piccoli varchi che si aprono come finestre tra i gelosi arbusti, è possibile assistere ad un fenomeno assolutamente unico al mondo: voltando lo sguardo da levante a ponente, si scorge da un lato il sole calante, dall'altro la luna nascente: questa è Sicilia.

(da itinerari.trovavacanzesicilia.it)

ITINERARIO DI 4 GIORNI NELLA PROVINCIA DI TRAPANI



La Sicilia Occidentale è un territorio dall'impagabile bellezza, che si caratterizza ed è rinomato soprattutto per la grande ricchezza di risorse naturali e per i luoghi di grande interesse ambientalistico e paesaggistico: le coste incontaminate ed uniche per la loro bellezza, le ripide scogliere, i litorali sabbiosi, le isole e gli isolotti, le saline, le distese di vigneti, le colline con i bagli antichi.

La Sicilia Occidentale, “tempio della natura”, possiede anche un patrimonio artistico, storico e archeologico di grande interesse che ci consente di fare un viaggio alla scoperta delle culture che si sono susseguite nel tempo: dai suggestivi templi di Segesta e Selinunte, alla pittoresca isola di Mozia con le sue saline, dalle Mura della piccola e incantevole rocca siciliana di Erice alle grotte di Custonaci e Levanzo, da Gibellina città d’arte contemporanea a Mazara del Vallo, porto vivace, con le sue atmosfere esotiche… fino ad arrivare a Trapani che, con i suoi profumi e suoni d’Africa, ci porta in diverse epoche storiche e attraverso le sue chiese, i palazzi, i monumenti, le piazze vi racconta la città nei vari secoli, all'immensa e bianca distesa delle saline di Trapani, oggi riserva naturale, si arriva a Marsala, nota per il suo vino liquoroso.

A far da cornice a quest’inestimabile luogo di natura, cultura e arte, troviamo le riserve naturali come quella dello Zingaro, Scopello con i suoi faraglioni e le incantevoli Isole Egadi.



(da www.sicilying.com)