Uno dei problemi che maggiormente preoccupò i viceré di Sicilia fu quello di difendersi dalle scorrerie dei pirati, come i famosi corsari Dragut e il Barbarossa, che fin dai primi anni del cinquecento spingevano i loro remi verso il Mediterraneo occidentale. Ma soprattutto il pericolo più grande fu rappresentato dall'avanzare dall'armata turco-ottomana verso l'occidente cristiano.
Ancora nel 1533, l'Univeritas Drepani scriveva al duca di Monteleone per avvertirlo che il corsaro Barbarossa stazionava di frequente nelle acque di Favignana, minacciando da vicino Trapani. E il Monteleone vi aveva inviato l'ingegnere Antonio Ferramolino "per vedere et esaminare quello che nella città e nei suoi castelli importava maggiormente fortificare e metter mano ai lavori".
Come scrive, il prof. Salvatore Costanza:
«Le opere di fortificazione nell'isola, iniziate da Carlo V, seguirono, per ritmi di esecuzione, le apprensioni suscitate dal "pericolo turco".
Il punto di osservazione che può presentarsi da Trapani è assai significativo, perché questa città si trova al centro dei collegamenti militari e commerciali con Tunisi.
Fu una scelta certamente calcolata della monarchia spagnola quella di costruire a Trapani l'epicentro del sistema fortificatorio, lasciando che le altre due punte del triangolo difensivo della Sicilia estremo-occidentale ( Monte San Giuliano e Marsala) fidassero ancora sulle vecchie difensive medievali. Poche, e di semplice emergenza, furono infatti le opere compiute in quel periodo nelle due città; e la stessa decisione di interrare il porto di Marsala venne presa come extrema ratio per l'impossibilità di apprestarvi le necessarie opere di difesa.
Gl'ingegneri militari accennano nelle loro relazioni ( conservate nell'Archivo General de Simancas) all'importanza strategica che ha Trapani, « una de las claves del Reyno », come è chiamata da Carlo V. L'unico baluardo occidentale contro le invasioni ottomane».
Lo stesso sbarco dell'imperatore a Trapani , il 20 agosto del 1535, dopo aver sconfitto la flotta turca ed espugnato Tunisi, testimonia l'importanza della posizione geopolitica assunta dalla città falcata in quell'epoca.
«Il lavoro di restauro del sistema fortificatorio della città, assieme alla costruzione di nuovi bastioni e cavalieri, nonché delle torri di avvistamento lungo le coste, era reso necessario dal pericolo emergente delle scorrerie piratesche, in una guerra di corsa che tuttavia impegnava tanto i Musulmani quanto i Cristiani. Non solo necessità di difesa spingevano i Trapanesi ad affrontare il nemico sul mare, ma essi stessi si organizzavano per predare le coste e le isole della Tunisia; sicchè Trapani potè essere ancora nel '500 un centro di affari per il mercato degli schiavi. La Regia Corte, ad esempio, vi si riforniva di soggetti in cattività da adibire nelle galere».
«Testimonianze della guerra di corsa esercitata dai Critiani si trovano già negli atti notarili del 400'.
Alla fine del ‘400 la flotta trapanese era costituita da almeno un terzo di navi adibite alla guerra su un totale di un centinaio di caravelle, brigantini, galeotte e tartane. Gli impresari si riunivano in societas per intraprendere le scorrerie sul mare, formando un’agguerrita classe di mercanti-corsari (De Abrignano, De Aiuto, Incumbao, Maccagnone, Riccio, De Sigerio), le cui fortune erano pure sostenute dalla partecipazione finanziaria di Ebrei, come Elya Sadias, o di potenti cittadini trapanesi, come i Fardella: Quest'ultima era ancora attiva nel '500, insieme con gli Ajuto, nell'arte piratica».
«Negli ultimi anni del secolo XVI si ebbe un certo ritorno alle conflittualità della guerra di corsa, tuttavia rese per lo più inefficaci dall'accresciuta iniziativa di rivalsa dei marinai di Trapani. Le opere di difesa approntate in questo periodo contribuirono a proteggere le coste, mediante un sistema avvolgente di "torri di avviso" già predisposto dal viceré de Vega, e costruite tra il 1549 e il '53, rafforzando le strutture murarie e i fortilizi, Le torri di avviso, che comunicavano tra di loro con segnali di fumo o di fuoco, erano quelle di S. Teodoro, Favignana, Castelli della Colombaia e di Monte San Giuliano, San Matteo, Capo Cunturrano, Punta di lu muru e Sferracavallo».
Attraverso le carte del Consejo de Estado, Archivo General de Simancas si conosce il disegno delle opere in cantiere e i reparti realizzati sulla vecchia cinta fortificata e sui castelli dagli ingegneri incaricati.
Nel 1573 l'ingegner Giulio Cesare Brancaccio,« aveva trovato "Trapana fortissimo da tutte le parti", "aggiungendoci a questo la felicità d'un meraviglioso porto". Pensava, dunque di non dover "mutar nulla di quanto sta sopra il mare, preoccupato semmai di fortificare meglio il fronte terra. I due castelli, "a mare" e di terra, costituivano le estreme emergenze del sistema difensivo della città, su cui si misurarono per anni le logiche del piano fortificatorio sviluppato nel duplice rapporto, da un lato, con le isole e il mare, dall'altro, con la terraferma, divisa dal canale d'acqua fatto costruire dal viceré de Vega».
Fonte :
Tra Sicilia e Africa: Trapani. Storia di una città mediterranea, di Salvatore Costanza
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