5 gen 2017

Santa Lucia. La chiesa, dimenticata, dei pescatori corallini



La chiesa di Santa Lucia (o Santa Maria della Catena, con riferimento alle strutture portuali ) si trova lì... in un angolo nascosto della città di Trapani, attigua all'ex Convento di S. Anna (oggi archivio di Stato, in precedenza comando della Guardia di Finanza) e fu costruita nel XIV secolo dai pescatori di corallo.

La comunità dei pescatori trapanesi, una delle più antiche della Sicilia, si divideva in due gruppi:
inizialmente i pescatori erano concentrati nel quartiere del Casalicchio (san Pietro), dove si trovava l’antica chiesa in cui allora si riunivano, Santa Maria delle Grazie presso la Porta dei Pescatori; in seguito, con l’espansione verso occidente della città e l'incremento demografico, un nucleo consistente di pescatori si addensò attorno alla chiesa di Santa Lucia costruita intorno al Trecento nel quartiere Palazzo, la zona ad ovest dell’odiema via Torre Arsa, dove sorgevano varie isolette, sui quali i trapanesi costruirono alcune case e le Nazioni marinare eressero i loro consolati. 

Questo quartiere nuovo, costruito alla fine del XIII secolo dagli Aragonesi, venne denominato «rione del Palazzo», perché, a dire dello storico Orlandini, ab antiquo sopra tre isolette sorgevano i palazzi dei Caro, dei Giordani e dei Lino. La zona terminava a ponente con la porta Eustachia (detta poi dei Cappuccini).

I pescatori del quartiere Palazzo divennero sempre più autonomi rispetto agli altri, proprio in quanto si dedicarono principalmente alla pesca del corallo, che consentiva un guadagno sicuro collegato all’incremento degli scambi commerciali di oggetti di lusso.
Il corallo non venduto sulle banchine del porto veniva ammassato nella chiesa di Santa Lucia e i compratori trapanesi e forestieri potevano scegliere e comprare tra le varie merci.

Come scrive Mario Serraino:
«I pescatori corallari erano riuniti nella Corporazione dei "Pescatori della marina piccola del palazzo", abitavano nella strada «dei Rais », oggi denominata via Corallai., e si congregavano nell’ex chiesa di santa Lucia per organizzarsi e trattare i loro problemi.

Pescarono il corallo nel mare di Trapani, presso le isole Egadi, nei pressi di Bonagia, Cofano, San Vito Lo Capo e Castellammare del Golfo, ma più tardi si spinsero a Tabarka (Tunisia), nei pressi delle isole Gaiìte (Cartagine), nel mare di Lipari, di Sardegna e della Dalmazia, intrepidi nell’affrontare non solo i pericoli del mare ma anche quelli derivanti dalla presenza delle navi corsare o barbaresche.

Le società dei pescatori di corallo venivano costituite tra i proprietari delle barche (ligudelli) e degli attrezzi e i componenti la ciurma, che erano cinque o sei uomini se la pesca avveniva nella lontana località di Tabarka, due o tre per la pesca nei mari più vicini. 

Per la campagna della pesca, annualmente partivano nella prima decade del mese di maggio e ritornavano nel mese di settembre successivo con le loro barche (coralline o ligudelli), stracolme del prezioso prodotto pescato. Tornati dalla pesca, i nostri allineavano le loro piccole barche nella rada di ponente e nel tratto che da porta Serisso conduceva al forte di san Francesco, e qui sbarcavano il prezioso carico, attesi dai mercanti, che lo acquistavano per rivenderlo ai fabbricatori e agli artisti».

In occasione della scoperta di nuovi banchi corallini nelle isole del trapanese, che diede nuovo impulso a quest'attività, i pescatori vollero ricordare questo evento come un dono ricevuto dalla divinità, un dono così grande che gli autori del rinvenimento reputarono necessario fissarne la memoria per gli altri pescatori e per tutta la cittadinanza, su due lapidi, datate rispettivamente al 1651 e al 1673, un tempo esposte nella parete esterna della chiesa di Santa Lucia, ed oggi una si trova murata nell'atrio della Biblioteca Fardelliana.

Nella chiesa di S. Lucia veniva, tra l’altro, ammassato tutto il ricavato della pesca di corallo, non soltanto delle barche trapanesi, ma anche quello delle barche algerine, genovesi e di Torre del Greco. Nella chiesa si offrivano le massime garanzie per i depositari e per gli acquirenti stessi, i quali potevano a loro piacimento scegliere le qualità più adatte ai lavori loro commessi, sia per ciò che concerneva il colore, sia per quanto era relativo alla consistenza del corallo stesso.

Nel chiesa faceva bella mostra di sé il pavimento maiolicato, oggi conservato al Museo Pepoli, raffigurante alcune scene della pesca del tonno. Il coronamento del portale è costituito da uno stemma. Nello stemma che risulta sormontato da una grande corona si trova colloca l’iscrizione dedicatoria a santa Lucia:

LVCIAE / VIRGINI ET MARTIRI / DIVAE TUTELARI / PISCATORES MDCLXXV.

La chiesa, tuttora esistente, è stata chiusa al culto nel 1945.

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