20 giu 2016

LE CATACOMBE DEI CAPPUCCINI A PALERMO



Una visita assolutamente da consigliare, per comprendere meglio l’idea di morte che i siciliani, ed in questo caso i palermitani, atavicamente si tramandano, e per capire quale concetto i nobili e il clero panormiti avevano di se stessi e del loro destino. La visita presso “le Catacombe dei Cappuccini” a Palermo, inizialmente risulta un pugno nello stomaco; non è facile trovarsi faccia a faccia con la morte, ed in questo luogo non è un eufemismo, ma poi la nostra anima viene rapita da quel mondo di volti putrefatti e spontaneamente siamo portati a riflettere sull’aldilà ma anche a sorridere della morte. In effetti assumiamo delle facce buffe da trapassati. Ridere però non è consigliabile in questo luogo, il Cimitero sotterraneo dei Cappuccini impropriamente chiamato “ Catacombe “ ancora oggi viene custodito dai frati francescani che vigilano sulla condotta appropriata da tenere nel luogo sacro. Si percorre in discesa dei cunicoli spogli e squallidi che conducono ad una grande porta, da qui inizia il tour dell’orrore. Uomini, donne, frati, alti prelati, nobili, dottori, bambini e neonati, una serie innumerevole di mummie affollano le pareti del grande corridoio sotterraneo. In gran parte appese, qualche centinaio sdraiate in nicchie, altre in bare aperte, financo il pavimento e fatto di lastre tombali. Il primo fu Frate Silvestro da Gubbio nel 1599, dopo di lui una schiera di frati, ma presto chi contava in città, la gens publica, volle far parte di quel battaglione della morte. 

Per i Gattopardi desiderare quel tipo di sepoltura scaturisce unicamente dalla loro più accesa vanità, quella di allontanare dal corpo la corruzione della morte, di mantenere integre le care spoglie per ottenere una bellezza senza tempo ma nello stesso tempo vivere con i propri cari un rapporto “senza tempo”. I familiari andavano a visitare la mummia, le facevano circolo intorno come se si trattasse di un semplice ammalato o di una persona viva, si dedicavano a lui lo pettinavano, lo profumavano, di prendevano cura del vestiario. Insomma i vivi parlavano, il morto ascoltava. Era leggenda che di notte scendesse nelle Catacombe Padre Bernardo da Corleone, un santo Cappuccino morto nel ’600 e tutt’ora venerato, col preciso incarico di interrogare le mummie, su quanto avevano sentito dalla bocca dei vivi e per raccogliere preghiere e suppliche. Quello che più colpisce il visitatore è il metodo utilizzato dai frati per la conservazione dei cadaveri. I corpi venivano posti distesi o seduti sopra una grata fatta di tubi di terracotta, in una stanza chiamata non a casa colatoio – era la fase iniziale del processo di imbalsamazione che serviva al corpo per perdere tutti i fluidi. Serrata ermeticamente la porta i defunti vi restavano per un periodo di circa otto mesi un anno. In seguito venivano trasportati sulla terrazza del convento dove prendevano aria e sole per una ventina di giorni. Ben secchi, venivano lavati e ripuliti con acqua ed aceto e li si rivestivano dei loro abiti migliori. 

A questo punto stava ai parenti decidere, in base alle possibilità economiche, se far conservare il defunto appeso, in una bara o in un loculo. In periodi di gravi epidemie, per la conservazione, si usava immergere i cadaveri in un bagno di arsenico o di latte di calce ed è questo il metodo utilizzato per il cadavere di Antonio Prestigiacomo riconoscibile dal colorito rossastro e dal perfetto incarnato e dagli occhi ancora aperti e vigili. L’ultimo cadavere mummificato dai frati risale al 1881, anno in cui anche a Palermo, tardivamente, venne applicato l’editto napoleonico di Saint Cloud. Solo una dispensa venne data per la piccolaRosalia Lombardo nata a Palermo nel 1918 e ivi morta (si pensa di polmonite o altra infezione bronchiale) il 6 dicembre 1920. Il padre della piccola Rosalia affida la bimba alle cure del grande imbalsamatore palermitano Alfredo Salafia (lo stesso che imbalsamò Francesco Crispi) Il cadavere fu trasportato nel cimitero perché il dottor Salafia procedesse all’imbalsamazione, per poi essere seppellita altrove. Ma il medico-alchimista iniziato il procedimento non poté portarlo a termine a causa della sua prematura morte e per causali eventi dei familiari della bambina il corpicino è rimasto ai piedi dell’altare oggi dedicato a Santa Rosalia. “La bella addormentata”, cosi viene chiamata la dolce bambina dai capelli biondi e guance paffute che riposa presso il Cimitero delle Catacombe dei Cappuccini, un luogo da non perdere, anche per soddisfare e rendere omaggio all’apparente immortalità dell’essere eternamente ammirati, dei gattopardi siciliani.

(da http://www.blogsicilia.eu)

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