Un’arte antica che affonda le sue radici nei “Titeros” spagnoli, arrivata nel meridione, trapiantata in particolar modo nella tradizione siciliana, intorno alla metà del XIX secolo. Parliamo dei Pupi della maestria dei Pupari, definiti “Capolavoro del patrimonio orale e immateriale dell’umanità” da parte dell’UNESCO.
L’Opera dei Pupi, come particolare forma di teatro, appartiene alla tradizione marionettistica del Teatro epico-popolare della Sicilia e prende spunto dalle narrazioni cavalleresche tratte da romanzi e poemi del ciclo carolingio. Esibizioni teatrali che prendevano vita da capolavori come la “Chanson de Roland” e “L’Orlando furioso”. Di solito i protagonisti erano Carlo Magno e i suoi paladini.
I Pupi siciliani non sono delle classiche marionette e si differenziano da quest’ultime per la loro particolare meccanica di manovra, oltre che per il repertorio degli spettacoli. Le marionette venivano manovrate dall’alto grazie ad una serie di fili, mentre nei Pupi abbiamo due aste di ferro per il movimento delle braccia. Questa differenza tecnica donava ai Pupi precisione e velocità nei movimenti. Un’espediente questo che rendeva i combattimenti molto più affascinanti.
Ma i Pupi sono famosi anche per le loro decorazioni, per i loro abiti, per le loro corazze scintillanti e la loro espressività. Il Puparo, colui che lavorava e manovrava i personaggi, era allo stesso tempo artigiano, scenografo e costumista. Ponevano un’attenzione maniacale per i dettagli e, anche se spesso analfabeti, conoscevano fin troppo bene le opere artistiche da cui traevano spunto per ambientazione e personaggi.
In Sicilia si distinguevano due grandi filoni, o meglio, scuole. Da una parte la scuola palermitana e dall’altra la scuola catanese. A Palermo i pupari prediligevano Pupi leggeri e manovrabili per dirigerli dalle quinte laterali del teatro, mentre la scuola catanese preferiva dei Pupi più pesanti e con le articolazioni rigide, ma manovrabili facilmente dall’alto. Non solo: i due “stili” differivano anche per una diversa concezione del teatro e dello spettacolo, in quanto nel catanese si affermò un repertorio cavalleresco molto più vasto e diverso rispetto a quello palermitano. Nnel catanese, inoltre, i manianti non coincidevano con i parlatori, ovvero coloro che davano voce ai Pupi. Un tempo l’Opera dei Pupi era una cosa seria: intere famiglie vi lavoravano e quest’arte veniva tramandata di generazione in generazione. Un mondo che resistette fino alla Seconda Guerra Mondiale, per poi finire quasi nel dimenticatoio.
Oggi, fortunatamente, ci sono ancora alcuni pupari che mantengono viva la tradizione e l’arte legata all’Opra dei Pupi. A Palermo, nel cuore della città, si trova il Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino, dove potete ammirare circa 3.500 tra pupi siciliani, marionette e burattini provenienti da varie parti del mondo. Lungo via Vittorio Emanuele ci sono molte botteghe artigianali e in Via Bara all’Olivella troverete il Teatro dell’Opera dei Pupi dei Figli d’Arte Cuticchio. A Catania c’è il Museo e teatro dei pupi appartenente allacompagnia marionettistica dei Fratelli Napoli, celebre famiglia di pupari da quattro generazioni. Ma anche a Caltagirone, Acireale, Siracusa, Giarre, Messina e Randazzo ci sono esposizioni e piccoli Teatri-museo dedicati ai Pupi.
Ormai il Teatro epico dei Pupi non riscuote lo stesso successo di un tempo e così, per mantenere viva questa tradizioni, oggi si possono anche comprare! Per portare a casa un particolare Pupo siciliano il costo varia a seconda della grandezza. Da qualche decina a centinaia di euro. Ma è possibile anche ordinare dei Pupi su richiesta direttamente nelle botteghe, ma naturalmente le cifre possono superare le migliaia di euro. Prezzi da veri appassionati!
Nessun commento:
Posta un commento