Il signore che vedete nella foto qui sopra si chiama Giuseppe Giangrassodetto ‘Nue’.
Ha iniziato a lavorare alla tonnara Florio di Favignana nel 1964 e oggi accoglie i turisti in visita allo stabilimento fumando una sigaretta dietro l’altra, raccontando storie e, se siete fortunati e lui è in vena, intonandola cialoma.
La parola è di derivazione ebraica e si pronuncia ‘scialoma’: è un testo in siciliano stretto su musica araba che nelle tonnare si cantava davanti allapala di San’Antonio (protettore delle tonnare) ogni 23 aprile, giorno nel quale a Favignana si calavano le reti (ma la pesca vera e propria iniziava ai primi di maggio).
È un canto mistico, pieno di riferimenti più o meno sessuali oltre che religiosi: lo intonava il Rais, il capo della tonnara che, dice Nue, “aveva quasi poteri sciamanici, perché doveva conoscere le correnti“.
L’importanza del rais è fondamentale: era un ruolo spesso trasmesso di padre in figlio, ma comunque difficilmente raggiungibile prima dei 60 anni di età perché richiedeva una grandissima conoscenza del mare e la sensibilità di montare la struttura di pesca a terra e poi calarla in acqua.
Spettava al rais decidere quali camere della tonnara aprire al passaggio dei pesci, per non far sostare i tonni troppo a lungo nella stessa rete. Era lui ogni mattina a gridare ‘Buongiorno tonnara‘, seguito dal coro dei lavoratori ‘Buongiorno signora‘.
Qui sotto la prova che quel giorno di fine marzo, quando sono entrata nella tonnara di Favignana, Nue era di buon umore: ci ha intonato ‘Aiamola‘, la cialoma più importante per chi di mestiere pescava tonni, dove la tonnara è paragonata a una donna.
Se avete intenzione di venire a Favignana, probabilmente siete attirati dal mare e dalle spiagge: in effetti la più importante delle Isole Egadi è una perla color crema nel blu del Mediterraneo.
Ma io vi consiglio di dedicare una mattina o un pomeriggio alla visita della tonnara Florio (sì, gli stessi delle cantine di Marsala: è una famiglia che in Sicilia ha fatto moltissimo): perché a guidarvi saranno un gruppo di giovani laureati volontari che si stanno impegnando per far tornare a vivere Favignana.
E soprattutto perché entrare tra le mura bianche della tonnara, oltre le quali si vede e si annusa quell’azzurro così ricco di storia che è il Mediterraneo, equivale a un viaggio di secoli nella Sicilia Occidentale, dai tempi delle guerre Puniche (che si combatterono proprio qui) fino a oggi.
Pronti a varcare il cancello con me?
Come arrivare a Favignana
Prima di tutto le questioni pratiche: Favignana è un’isola, quindi ci si arriva in barca.
I traghetti per la Sicilia di solito hanno diverse corse al giorno per Favignana da Trapani e Marsala: il tragitto dura più o meno un’ora.
Una volta arrivati o prima di partire, poco prima del molo c’è il Bar du Marinaru: è un luogo a cui non daresti due lire da fuori e invece fa ilcaffè al pistacchio più delizioso che possiate immaginare.
Credetemi, mi ringrazierete con le lacrime agli occhi per questo suggerimento.
Visita alla tonnara di Favignana
Dietro il grande portone affacciato sul mare, c’è un giardino incantato: l’ingresso della tonnara di Favignana è così, il passaggio dalla luce accecante del sole alla quiete della macchia mediterranea.
Questa è una delle tonnare più grandi di tutto il Mediterraneo: dal 2007 non è più attiva ma rimane un esempio di archeologia industriale da conservare religiosamente.
Perché questo era prima di tutto uno stabilimento per la pesca e la conservazione del pesce, costruito nel 1878 dalla famiglia Florio dove prima esisteva solo una piccola tonnara per la mattanza: qui lavoravano uomini e donne e in tempi non sospetti al suo interno c’era già l’asilo nido.
Nella tonnara di Favignana gli uomini pescavano i tonni: oggi si possono vedere le grandi barche usate per stare a lato della tonnara, un complicato sistema di reti e camere calato in acqua nel quale i tonni,pesci gregari che girano in gruppo, entravano rimanendo prigionieri.
Ora di agosto la tonnara veniva smontata e si riprendeva a maggio dell’anno successivo.
Il tonno è un pesce migratorio: entra dall’Atlantico nel Mediterraneo per riprodursi in primavera e poi torna nell’oceano passando dalla Spagna. E la tonnara era un sistema di pesca molto sostenibile, perché catturava solo il 10 per cento dei branchi di tonni.
Una volta portato il tonno a terra, si usava tutto del pesce: non è un caso, infatti, che le ricette a base di tonno siano molto simili a quelle il cui ingrediente principale è la carne.
Si dissanguava per togliere il mercurio, quindi si cuoceva.
Infine, il compito affidato principalmente alle donne: si inscatolava il pesce.
E sapete una cosa? Sono stati i Florio a inventare l’apertura a chiave delle scatolette di tonno, presentando la geniale trovata all’Esposizione Universale del 1891.
Se volete visitare la tonnara, gli orari di apertura sono dalle 10 alle 13.30 e dalle 17 alle 23.30.
Il biglietto costa 4€ (e ne varrebbe molti di più), ma la prima domenica del mese di entra gratis.
Se una volta usciti dalla tonnara avete fame, non preoccupatevi: c’è un ristorante nella piazza del paese dove mangiare pesce fresco.
(da lilimadeleine.com)
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