Domina paesaggi ventosi non distogliendo mai lo sguardo al mare. Caltabellotta, fiera dalla sua rupe, veglia sulla valle del Platani, e come un presepe rimane adagiata sui monti Sicani. Da Sciaccadistante una ventina di chilometri percorrendo la provinciale 76, si giunge al borgo che domina tre colli: il Monte San Pellegrino, il Monte Castello e il Monte Gogàla. Un’atmosfera di pace regala il piccolo paese, e vagando per le sue strade, tra scorci d’incanto, insediamenti preistorici testimoniano l’antichità del sito; secondo gli studiosi da queste parti fu fondata la cittadina greca di Triocala di cui fu vescovo San Pellegrino che liberò il territorio dalla presenza in un drago. Resti archeologici siano greci che romani riferiscono dell’importanza della cittadina in epoca classica.
Con l’arrivo dei mussulmani l’insediamento fu distrutto e venne riedificato l’abitato di Qalat al balat che in arabo significa “castello della pietra spianata”; altri invece riportano Qalat al ballut (“castello delle querce” che ancora oggi fanno capolino sui picchi) toponimi plausibili entrambi da cui deriva il nome Caltabellotta. Giunti iNormanni, arrivo il benessere, fu Ruggiero IIad edificare sulla cima di delle tre rupi una fortezza, che ancora oggi porta il nome di Monte Castello, ma Caltabellotta è passata alla storia perché qui venne firmato, nel 1302, il trattato di pace che metteva fine allaGuerra del Vespro e che consegnò alla casata Aragonese la corona di Sicilia nella figura di Federico III.
Da vedere la bella Chiesa Madre, antica Cattedrale, il cui nucleo originario risale ai Normanni e dove spiccano una Madonna con Bambino e un San Benedetto del 1536 dei Gagini; la chiesa di Sant’Agostino, d’origine trecentesca, con all’interno la Passione o Deposizione, un gruppo di otto statue in terracotta policroma a grandezza naturale, probabilmente opera dell’artista Antonio Ferraro. Bellissima la facciata della chiesa del Santissimo Salvatore, con ricca decorazione floreale del XIV secolo. Nella parte alta della cittadina, dal belvedere, parte la scalinata che conduce ai resti dell’eremo di San Pellegrino, formato da un convento e dall’attigua chiesa con la facciata barocca. Vale la pena una sosta per ammirare il grandioso panorama sulla vallata che si gode da qui.
Caltabellotta come la definisceMatteo Collura è un luogo dello spirito, un rifugio della fantasia. Scrive invece Vittorio Giustolisi: “nessuno sa dire in verità cosa sia che aleggi in questo strano e misterioso paese. Certo è che, anche nella luce abbagliante di una giornata di sole, l’anima si sente avvolta da un velo di tenebra. Nel formidabile scenario di forche giganti, sospese su orrendi precipizi, essa vaga tra vasti silenzi e rovine incantate: l’opprime, doloroso, l’arcano linguaggio delle pietre. La mente ritorna ai sortilegi di Klinschor e a Salvio Trifone che leggeva nelle stelle. Ma fu forse il potente e fosco spirito del luogo, la vera origine del sacro timore, del fascino indicibile, che generò nella caverna del monastero il drago sanguinario e che attrasse maghi e sacerdoti, la cui fama si sparse per il mondo”.
(da http://www.blogsicilia.eu)
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