“Vantaggiu e onuri miritàti. Fu unu dé cchiu curaggiusi ‘nda l’azioni. Non ci sunnu palori ca lu possanu esplicari stu granni valuri”, Atto primo, scena prima. Dalle parole del messo. Pagina 13.
Se la maggior gloria d’Albione arrivasse dritta dritta dalla terra di Trinacria?
Se dietro all’enigma più longevo e impermeabile della storia della letteratura si celasse una verità talmente luminosa da apparire insostenibile?
Provate a immaginare: il bardo, William Shakespeare, la cui vita è avvolta da un impenetrabile alone di mistero, non era in realtà altri che Michele Agnolo Florio Crollalanza, messinese, in fuga dalla sua città e dalla sua terra a causa di una persecuzione religiosa.
Nel suo lungo viaggio verso nord, Crollalanza (questo il cognome del ramo materno) si è fermato a Venezia, e lì ha avuto occasione di sentire una storia a proposito di un assassinio commesso da un moro, per gelosia…
Vi ricorda nulla, questa storia?
Oggi, una delle commedie scespiriane più rappresentate, Molto rumore per nulla, potrebbe suffragare involontariamente questa tesi, azzardusa ma affascinante.
Andrea Camilleri, assieme a Giuseppe Dipasquale, regista e direttore del Teatro Stabile di Catania, ha gettato il cuore oltre l’ostacolo della verità storica, per riscrivere in siciliano quella stessa commedia e riscoprirne un possibile archetipo, molto opportunamente intitolandoloTroppu trafficu ppi nenti.
Certo, leggere in siciliano delle imprese di Eru, figghia di Lionatu, di Carrubba, capu di la ronda di la notti, e di tutti gli altri personaggi che prendono parte a questo carosello "a beccafico", chiede al lettore più che qualche rudimentale conoscenza dell’idioma siculo. E allora benvenuta è la traduzione italiana di Masolino D’Amico, posta in appendice del libro; ma il maggior godimento può vernire proprio dal mettere a confronto i due ritmi, i passi diversi delle lingue, e regalarsi una sospensione dell’incredulità che duri almeno quanto la lettura della commedia.
Se riusciremo a credere che quel che abbiamo fra le mani sia un manoscritto rinvenuto in un baule, se riusciremo a far nostra la tesi di Crollalanza/Shakespeare e stabilire un ponte ideale fra lo stretto di Messina e le bianche scogliere di Dover con la stessa naturalezza con cui Camilleri e Dipasquale sembrano farla propria, potremo capire bene perché – per dirla con un detto siciliano cu nesci arrinesci: chi esce (dal suo ambiente), rinasce.
Libri paralleli: è d'obbligo citare almeno un precedente, piuttosto recente, alla teoria affabulata così bene da Camilleri e Dipasquale. Nel 2008, infatti, Domenico Seminerio ha pubblicato (conSellerio) Il manoscritto di Shakespeare. In questo libro un manoscritto che proverebbe oltre ogni ragionevole dubbio la sicilianità del commediografo è al centro di una vicenda che sembra fatta della stessa materia di cui son fatte le commedie: passaggi di mano in mano, le attenzioni dei servizi segreti britannici e quelle di un boss locale.
Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale – Troppu trafficu ppi nenti
218 pag., 11 € - Mondadori Piccola Biblioteca Oscar
ISBN 978-88-04-60605-5
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