Figlia del porto e del Mediterraneo, Trapani, fin dalle origini, è un luogo e poi una città di o sul confine.
Tutte le città mediterranee, in realtà, lo sono; ma Trapani lo è più di molte altre, fin dall’antichità. Stette sul confine fra lo spazio romano e quello punico; poi sul limes fra il mondo bizantino e quello islamico; con la conquista normanna, divenne il lembo d’Europa neolatina e cristiana più vicino al Maghrib musulmano.
Questa tradizionale fruntera di mori nel XVI secolo diviene il luogo dello scontro fra il blocco asburgico e l’impero turco. Trapani divenne allora la piazzaforte della Sicilia occidentale. Ma quello con l’islam non è l’unico confine. Con il Vespro Trapani era divenuta il terminale siciliano delle comunicazioni con il regno d’Aragona, una porta da conservare sicura e ben difesa. La storia delle fortificazioni trapanesi è quindi anche la storia delle varie frontiere mediterranee.
In mancanza di fondazioni ufficiali, l’atto di nascita di Trapani come centro urbano può farsi coincidere con la costruzione o il rafforzamento delle mura verso il 260-259 a. C.
Scrive Diodoro Siculo che Amilcare Barca “cinse di mura Trapani e la rese città”: το δε ∆ρεπανον τειχισας και πολιν καταστησας.
A ciò seguì il trasferimento a Trapani della popolazione di Erice.
Nei secoli passati ∆ρεπανον era vissuta nell’ombra di Erice, svolgendo il ruolo di porto ed emporio.
Ora il porto di Erice sembra prendere il sopravvento sulla città del monte, affacciandosi alla storia con una sua distinta identità, divenendo o cominciando a divenire città.
La differenza è rappresentata proprio dalle mura; dalla possibilità di concentrare, controllare e proteggere al loro interno un presidio e una popolazione più cospicua rispetto al passato. Mura e città: un binomio inscindibile anche nel caso della più antica Trapani. Al momento della battaglia delle Egadi, che nel 241 a. C. decise le sorti della I Guerra Punica, Trapani è sempre un ottimo λιµην (porto) ma è già anche una πολις (polis).
Di questa più antica Trapani sappiamo che occupasse l’area degli attuali quartieri San Pietro e San Nicolò; è tradizione antica attestata dallo scrittore cinquecentesco che si cela dietro lo pseudonimo di Pugnatore e accolta in genere dagli studiosi più recenti. Oltre un miglio sarebbe stato lungo il perimetro quadrangolare delle mura di Trapani antica.
Sul lato est avrebbero avuto un andamento quasi rettilineo in senso nord-sud, ipoteticamente lungo la direttrice dell’attuale via XXX Gennaio, com’è certo per il medioevo. Su questo tratto si sarebbero aperte due porte. Per il sito della prima, gli studiosi dissentono, anche se vi è qualche possibilità che corrisponda almeno come ubicazione a quella detta da documenti del XV secolo porta vetus, ubicata da alcuni all’altezza dell’edificio della Prefettura. Dovrebbe trattarsi della stessa apertura anche detta porta di terra, che altri localizzano però all’altezza di via Giudecca. La seconda porta, identificata nel sito della futura porta dei Pali, si sarebbe aperta in prossimità dell’angolo formato da muro orientale e muro meridionale, quasi appoggiata alla torre ivi esistente. Sul lato occidentale delle mura, ipoteticamente poste lungo la direttrice dell’attuale via Torrearsa o Loggia, si sarebbero aperte, sempre secondo Pugnatore, due porte, quasi in corrispondenza di quelle del settore opposto. Una sarebbe stata ubicata presso le attuali fontana di Saturno e chiesa di Sant’Agostino, all’incontra della strada dritta che conduce infin oggi dentro della città vecchia. La seconda si sarebbe trovata poco più a nord e corrisponderebbe al sito dell’attuale porta Oscura o dell’Orologio, sotto il Palazzo Senatorio, anch’essa sulla via Torrearsa o Loggia. Due o tre, secondo il Pugnatore, sarebbero state le porte antiche del lato meridionale d’oscura apparenza, come fors’anco erano di ignobil passaggio e quindi non localizzate dall’autore. Su questo lato l’andamento delle mura antiche è ipoteticamente ricostruibile sulla via Biscottai e piazza Scarlatti o, come ha sostenuto Filippi, lungo il modesto salto di quota fra le vie Biscottai e San Pietro. È solo ipotizzabile che altrettante porte si aprissero sul lato settentrionale delle mura, il cui percorso può ipoteticamente ricostruirsi lungo le attuali via Poeta Calvino e via Cavour.
Lo stesso Pugnatore ritenne che la cinta antica di Trapani presentasse una torre su ognuno dei quattro angoli: ad esse alluderebbero quattro delle cinque torri dello stemma urbano; la quinta sarebbe la torre della Colombara (o Colombaia) o una torre mediana del muro occidentale. Tale tradizione non è però da prendersi obbligatoriamente alla lettera. In realtà non sappiamo assolutamente quante torri avesse la più antica cinta urbana trapanese. Nei fatti, un circuito murario quadrangolare lungo oltre un miglio con sole quattro torri agli angoli sarebbe stato piuttosto debole. Non si può quindi escludere che esistesse un numero maggiore di torri mediane.
Un’altra tradizione risalente almeno a Fazello, ripresa da Pugnatore e poi accolta senza critiche fino ad oggi da vari autori, è relativa alle presunte origini cartaginesi della torre della Colombara, o piuttosto alla presenza
sull’isolotto della Colombara di una torre fin da età cartaginese.
L’appiglio è offerto dal racconto di Cassio Dione tramandato da Zonara.
Un isolotto chiamato Πελιασ (Peliade) viene menzionato a proposito del
blocco posto dai romani a ∆ρεπανον nel 247 a. C., durante la I Guerra Punica.
L’isolotto, evidentemente vicinissimo alla città, era presidiato dai cartaginesi: i
romani se ne impadronirono con un colpo di mano notturno, uccidendo la guarnigione ma venendo a loro volta contrattaccati da Amilcare.
Il console Numerio Fabio assalì allora direttamente Trapani provocando il rientro fra le mura di Amilcare. I romani congiunsero allora artificialmente Πελιασ (Peliade) alla terraferma con un terrapieno, imprimendo nuovo vigore alle operazioni.
In realtà, nulla prova con certezza che Peliade corrisponda all’isolotto della Colombara, nonostante l’autorevole parere di Cluverio e di Holm.
Potrebbe anche essere il Lazzaretto, l’isolotto del villino Nasi o ipoteticamente anche un altro dei lembi di terra affioranti nel passato dalle acque a ovest del sito urbano di Trapani e solo più tardi inglobati nella falce. In tal senso Manni ha giustamente forti dubbi sulla tradizione, mentre Columba aveva proposto di identificare Peliade con l’isolotto di Sant’Antonio (il Lazzaretto). Di recente Filippi ha ipotizzato, anche sulla scorta di un particolare presente nella pianta prospettica di Trapani di Giovanni Orlandi (fine sec. XVI), che i romani abbiano congiunto fra loro con un riempimento di terra le due isolette della Colombara e di Sant’Antonio e quest’ultima con la terraferma.
Pur ammettendo in via di ipotesi che la Πελιασ (Peliade) di Zonara possa identificarsi con l’isolotto della Colombara, ciò non comporta automaticamente la costruzione di un primo e più antico nucleo della torre o castello della Colombara già in età cartaginese. Le fonti non danno alcun cenno sulla natura delle eventuali fortificazioni presenti su Peliade; inoltre sull’isolotto non sembrano sussistere elementi murari che possano far pensare a un intervento così antico, anche se è da precisarsi subito che lo straordinario monumento e tutto il sito attendono ancora uno studio esaustivo e sondaggi archeologici.
Per quanto concerne l’ipotesi di origini cartaginesi anche per il castello di terra, i saggi archeologici colà effettuali hanno sì restituito materiali ceramici di età punica, ma non permettono, almeno fino ad ora, di parlare di origini così antiche per quel complesso fortificato.
Non possediamo alcuna notizia sulle fortificazioni trapanesi fra età bizantina e islamica. Verso il 900 Trapani venne assediata da Abu al-Abbas Abd Allah,
figlio del famigerato emiro Ibrahim: le fortificazioni erano quindi efficienti. Come città murata Trapani è esplicitamente menzionata da al-Muqaddasi nella seconda metà del X secolo. Solo con la conquista normanna iniziamo a disporre di documentazione meno rara ed episodica. Goffredo Malaterra racconta la resa ai normanni della Trapani islamica nel 1077.
Le forze normanne piombarono su Itrabanis a maggio; la spedizione si mosse per terra e per mare, così come imponevano le caratteristiche della città. La caduta della città fu determinata da un audace colpo di mano del figlio di Ruggero, Giordano. Di fronte a Trapani si estendeva una stretta striscia di terra circondata dal mare che doveva consistere nella parte finale della falce, allora esterna alla città. Qui gli abitanti, hostili tempore, portavano al pascolo il loro bestiame, come in una sorta di naturale albacar, la grande area cintata destinata agli armenti nelle città e fortezze dell’Andalus islamico. Giordano Altavilla si accostò di notte alla penisola con un certo numero di imbarcazioni e rimase silenziosamente in agguato.
Con il sorgere del giorno, i trapanesi condussero, come di consueto, il bestiame al pascolo. Quando Giordano valutò che gli armenti fossero abbastanza lontani dalla città, uscì con i suoi uomini dai nascondigli: rastrellati gli animali, li condussero verso le proprie navi. A quel punto gli abitanti di Trapani effettuarono una sortita in massa: quasi diecimila, racconta Malaterra con iperbole evidente, furono quelli che uscirono dalla città. Giordano e
i suoi ruppero però l’impeto dei nemici, incalzandoli fino alle porte urbane. Ricacciata indietro la sortita, i normanni poterono tranquillamente reimbarcarsi con il bestiame razziato. I trapanesi, sconfitti sanguinosamente e privati delle proteine, dovettero arrendersi e consegnare la città.
Come di consueto, i normanni assunsero il controllo delle fortificazioni urbane e le rafforzarono. Comes itaque, urbem nactus, pro libitu suo castro et caeteris munitionibus ordinat, militibus et iis, quae necessaria erant, munit, turribus et propugnaculis undique vallans.
Per ciò che riguarda il castello, è possibile supporre tanto la riparazione e l’adeguamento di un complesso preesistente che, più probabilmente, la costruzione di un nuovo castrum.
L’ubicazione di questo primo castello trapanese rimane comunque assolutamente incerta. Chi scrive ha altrove proposto di ubicarlo nel sito del futuro castello di terra, un’area che, per quanto ne sappiamo, verso la fine del XI secolo era ancora esterna all’ambito urbano. Un castello normanno completamente esterno ad una cerchia muraria non sarebbe un fatto isolato,
come suggerisce il caso di Petralia Soprana. I sondaggi archeologici effettuati nel castello di terra a Trapani, però, sembrerebbero escludere la sua origine in epoca normanna e confermare invece la tradizione che lo vuole realizzato nella prima età aragonese. E’ quindi ipotizzabile che il castrum di Ruggero I sia da localizzarsi altrove.
di Ferdinando Maurici
continua...
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