30 ott 2016

DREPANUM URBS INVICTISSIMA


La città di Trapani per tutto il Medioevo è presente nei momenti storici più rilevanti.

Nel 1282, la città partecipò alla rivoluzione dei Vespri Siciliani, sotto la guida di Palmiero Abate signore di Trapani, uno dei maggiori promotori della rivolta del vespro contro il dominio francese degli Angioini. La città accolse per prima Pietro III d'Aragona che, sbarcato a Trapani il 30 agosto 1282, ivi soggiornò ospite dello stesso Palmerio Abate e il 4 settembre venne proclamato Re di Sicilia a Palermo. Gli Angioini, mal sopportando la sconfitta subìta, tentarono successivamente in più occasioni di riconquistare l'isola ed assaltarono ripetutamente con le loro navi le città costiere e principalmente Trapani, per strappare agli Aragonesi un punto strategico, per essi importantissimo.

Nel 1284 avvenne nel mare della città la battaglia navale tra le galee siciliane, comandate da Palmerio Abate e Ruggero Lauria, e le galee napoletane e francesi, conclusasi con la vittoria della flotta siciliana. Il primo dicembre del 1299 si combatté, invece, quella che lo storico Michele Amari definì la più grande battaglia a campo aperto, mai avvenuta in tutta la guerra del vespro.

La Battagli della Falconaria (o Falconara) avvenuta, allorquando Federico III d’Aragona governava la Sicilia contro il volere angioino e pontificio, in cui l'esercito di Federico sconfisse quello del Regno di Napoli comandato da Filippo I d'Angiò, principe di Taranto. Il sito della battaglia, secondo le fonti, fu nelle campagne di Trapani (in direzione di Marsala), nel triangolo compreso nelle frazioni trapanesi di Fontanasalsa, Marausa e Locogrande.

Così scrive l’Amari nel suo libro “La Guerra del Vespro Siciliano”: «Apprestatisi in Napoli quaranta galee, con quanti rimaneano in terraferma più rinomati nobili nazionali e francesi, e milizie, e soldati mercenari; capitanando l'oste il principe Filippo, col consiglio di sperimentati uomini di guerra; l'armata Pier Salvacossa vice ammiraglio: in sull'entrar di novembre fan vela per Trapani, a infestar le regioni occidentali dell'isola, grasse e fin qui illese, dalle quali Federigo traea il nerbo delle sue forze. Donde, come e' seppe sbarcati inimici a capo Lilibeo, depredanti il paese, accinti a strigner Trapani per mare e per terra, fieramente turbato, consultavane co' suoi capitani che fare?» 

Carlo II d’Angiò inviò il figlio Filippo, principe di Taranto, in Sicilia. La spedizione, allestita dopo la richiesta di un altro suo figlio, Roberto duca di Calabria, era costituita da quaranta galee, oltre alle navi da carico. La flotta prese il largo da Napoli i primi di novembre del 1299 e si diresse verso la Sicilia occidentale. Sbarcati a capo Lilibeo, depredato il paese, gli angioini si diressero verso Trapani, la quale venne assediata per mare e per terra. Non essendo riuscito a conquistare Trapani, piazza d’armi fortificata, che contrariamente alle aspettative si difese abilmente, arrecando notevoli danni alle truppe assedianti, il principe Filippo ritornava verso Marsala.

Federico III, che nel frattempo appresa la notizia, e radunati i suoi sostenitori, aveva rapidamente raggiunto la Val di Mazara, incontrò il suo avversario sul piano denominato della Falconara, ad otto miglia da Trapani, dieci da Marsala, due o tre dalla marina. Federico III, considerato il fatto che il suo nemico non avrebbe potuto fuggire sulle sue navi, che si trovavano a largo e forte del vantaggio di poter dare battaglia per primo, decise di affrontare gli avversari, che furono sconfitti.

Con Filippo I d'Angiò catturato e fatto prigioniero, Federico III re di Sicilia, come scrive Michele Amari, a sera entrava vittorioso in Trapani; spacciava corrieri a spron battuto per tutta l'isola: che ne resta la lettera scritta a' cittadini di Palermo, significando quella vittoria, ed esortandoli a montare su lor galee, e accozzati con le genovesi di Egidio Doria, salpare contro la sprovveduta flotta nemica. 


Inoltre, in merito de'servigi resi di questi cittadini , chiama ad osservanza e riconferma i privilegi di Federigo imperatore, Corrado e Manfredi, sopra le franchigie all'entrata o uscita delle derrate, i favori ai commerci, e altri di minore importanza. E seguì, girando per tutti i luoghi in val di Mazzara, a mostrarsi vittorioso, e spronar gli animi a nuovi sforzi per la patria.

Anche successivamente nel 1315, gli Angioini, negli ulteriori tentativi di strappare agli Aragonesi la città di Trapani, furono respinti dopo un assedio durato più di un anno per terra e per mare. Ed anche un secolo dopo, Luigi d'Angiò nel 1432 invano assediò Trapani, che vittoriosamente resistette. 

Fu così che, NON ESSENDO MAI STATA ESPUGNATA, nel 1478, Ferdinando il Cattolico concesse alla città il titolo di INVITTISSIMA per via « delle gloriose resistenze fatte sempre ai nemici del regno» e da allora non vi fu nessun atto ufficiale del Senato cittadino, lapide o atto notarile che non riportasse questo regio apprezzamento. Le lettere D.U.I.( Drepanum Urbs Invictissima), insieme alla falce e alle cinque torri sormontate da una corona, formerà anche il marchio degli argentieri trapanesi dal 1612 ai primi decenni del XIX secolo.

Il Titolo fu riconfermato dall'imperatore Carlo V, uno dei più grandi sovrani della storia moderna. Il suo impero era così vasto che si dicesse che su di esso non tramontasse mai il sole.

Il 20 agosto 1535 l’imperatore Carlo V d’Asburgo, dopo aver espugnato Tunisi, che era stata conquistata dagli ottomani, sbarcò a Trapani, con i 20.000 schiavi cristiani liberati in Tunisia e qui si trattenne fino al 25 agosto risolvendo problemi cruciali per le finanze locali , con provvedimenti che andavano dal risarcimento dei danni subiti durante l’impresa alla riconferma della concessione delle franchigie relative ai diritti di dogana per mare e terra.

Nella Chiesa di Sant’ Agostino, che ricordiamo essere stata dei cavalieri templari sin dal 1140, e che nel frattempo era diventata sempre piú importante, grazie anche alla vicinanza col Palazzo Cavarretta, sede del Senato cittadino, in pratica era diventata il Duomo nella Cittá, l'Imperatore appese il suo drappo rosso, come ex-voto, e giuró: “Drepanum civitas invictissima in qua Caesar primum juravit” di confermare i privilegi giá concessi a Trapani da Alfonso il Magnanimo e Ferdinando il Cattolico "sicut et quemadmodum nunc gaudet civitas Messinae". In questa occasione egli definí la cittá Chiave del Regno, e sul suo regno, ricordiamolo, non tramonava mai il sole.


Lo sciupato disegno di Trapani - Inchiostro su carta, raffigurante una “Veduta di Trapani”, opera di Francesco e Antonino Tummarello, copia del 1900 di un originale settecentesco. Il disegno donato dagli autori nel 1902 all’onorevole Nunzio Nasi, recentemente restaurato, è conservato presso il museo regionale Conte A. Pepoli di Trapani.

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