Enea approda, per ben due volte negli ospitali porti di Drepano e ogni volta l’immagine di questi luoghi, che viene focalizzata è quella dell’ospitalità, dell’accoglienza.
Enea approda una prima volta a Trapani spintovi dalla tempesta, una seconda volta di ritorno dal regno dell’infelice Didone, da lui sedotta e abbandonata.
Il V libro dell’Eneide è proprio dedicato alla nostra terra e al nostro mare, palcoscenico dei ludi funebri in onore del padre Anchise, qui morto un anno prima e sepolto presso il tempio della dea Venere a Erice, sua sposa e madre di Enea.
Eneide libro III, vv 1092 ss.
Morte di Anchise
Giace de la Sicania al golfo avanti
un’isoletta che a Plemmirio ondoso
è posta incontro, e dagli antichi è detta
per nome Ortigia.
A quest’isola è fama
che per vie sotto al mare il greco Alfeo
vien da Doride intatto, infin d’Arcadia
per bocca d’Aretusa a mescolarsi
con l’onde di Sicilia. E qui del loco
venerammo i gran numi; indi varcammo
del paludoso Eloro i campi opimi.
Rademmo di Pachino i sassi alpestri,
scoprimmo Camarina, e’l fato udimmo
che mal per lei fora il suo stagno asciutto.
La pianura passammo de’ Geloi,
di cui Gela è la terra e Gela il fiume.
Molto da lunge il gran monte Agragante
vedemmo, e le sue torri e le sue spiagge
che di razze fur già madri famose.
Col vento stesso indietro ne lasciammo
la palmosa Seline; e ‘n su la punta
giunti di Lilibeo, tosto girammo
le sue cieche seccagne, e il porto alfine
del mal veduto Drepano afferrammo.
Qui, lasso me! Da tanti affanni oppresso,
a tanti esposto, il mio diletto padre.
Il mio padre perdei.
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