30 ago 2016

FAVIGNANA... L’ ISOLA DELLA CALCARENITE



Fin da tempi remoti, l’isola di Favignana è stata scavata in lungo e in largo per estrarre la Calcarenite (pietra porosa chiamata impropriamente Tufo)

Grazie alla durezza, compattezza e duttilità ottimali per l’edilizia, tutto il centro abitato e buona parte del lato orientale dell’Isola, sono stati scavati per esportare questo materiale in diverse località del Mediterraneo.

La produzione di “cantuna” (conci di calcarenite) è stata una tra le attività più antiche e tipiche di Favignana; Essa rappresentava l’unica fonte continua di lavoro per gli abitanti dell’isola, non soltanto per i “Pirriaturi” (così venivano chiamati i cavatori) ma anche per trasportatori sull’isola, con le barche per la terra ferma, cantieri edili, artigiani. Curioso è il perché i conci di tufo ( di dimensioni prestabilite di 25 x 25 x 50 cm) venissero chiamati “Cantuna”.

E’ utile, al fine di spiegare ciò, chiarire che, specie con le antiche tecniche d’estrazione, scolpiti con attrezzi a mano, appesi alle pareti di cava, i conci di tufo non risultavano tutti idonei all’utilizzo nell’edilizia; infatti, a volte potevano essere lesionati internamente.

Pertanto, l’unico modo per controllarne la bontà, era dare un colpetto con un attrezzo di ferro e ascoltare il rumore che questo colpo emetteva.

Se questo rumore era tonfo, privo di vibrazioni, il concio era da scartare, mentre se il suono era un tintinnio armonico, come a sembrare un canto, il concio era promosso ad essere un “Cantuni”!

Tale attività ha modificato la morfologia del territorio, dando vita ad un’architettura unica al mondo nell’adattare archi e volte in condizioni sempre diverse e dalle configurazioni mai uguali tra di loro (architettura dello “scava e riempi”).

Il retaggio culturale legato alle Cave di Calcarenite è un patrimonio di inestimabile valore storico. Non sempre viene tenuto in degna considerazione, ma esistono delle eccezioni fatte da persone che ne hanno salvato la ricchezza e che, oltre a portarle all’attenzione dei visitatori, ne hanno fatto, ancora una volta, un lavoro per se e per gli altri.

Primo tra tutti, ad unire creatività e pietra sull’isola, è stato Rosario Santamaria, conosciuto come “u Zu Sarino”, definito un eccentrico artista autodidatta.

Egli conosceva bene la Calcarenitre, in quanto da giovane aveva lavorato nelle cave di Favignana.

Con grande abilità riusciva a trasformare blocchi di tufo in teste suggestive ed espressive.

Il suo “laboratorio” era il porto, dove lo si vedeva sempre intento a lavorare. Con le sue opere divenne uno dei personaggi più caratteristici di Favignana. È scomparso nel 1992, la sua “eredità artistica” è stata raccolta da un altro artista autodidatta, il maestro Antonino Campo, che continua tutt’oggi.

La calcarenite ha sempre avuto un alone di mistero misto a magia, almeno a quanto ci è stato tramandato dai cavatori di pietra, i quali le conferivano proprietà miracolse, donando loro forza e vigore; inoltre veniva utilizzata anche per le sue proprietà curative.

La “Sabbia magica di Favignana”, come ogni leggenda, ha un fondo di verità. Infatti ha proprietà curative se usata come antiemorragico.

(da www.eventitrapani.it - a cura di Vincenzo Campo)


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