I VIAGGI ED I LUOGHI DI ULISSE IN SICILIA
L'Odissea è un poema epico che parla del lungo viaggio e delle numerose avventure di Ulisse per ritornare in patria, nell'isola di Itaca in Grecia, dopo la Guerra di Troia, combattuta tra Achei e Troiani e conclusasi con la distruzione di Troia. Circa la composizione del poema e l'attribuzione ad esso di un autore, identificato nella figura di Omero, rimangono vari dubbi e perplessita, al punto che si parla di una "Questione Omerica". Al di la del problema della paternità dell'opera e della veridicità o meno della narrazione, cose che lasciamo agli studiosi e agli storiografi, possiamo comunque considerare la figura di Omero come una personificazione della facoltà poetica del popolo greco e l'Odissea (unitamente all'Iliade uno dei più grandi capolavori dell'arte letteraria.
Accompagniamo Ulisse, nel suo viaggio di ritorno verso la sua amata Itaca, in alcuni dei più suggestivi luoghi siciliani.
Ulisse, re di Itaca, figlio di Laerte e di Anticlea, sposo di Penelope, padre di Telemaco, vorrebbe ritornare agli affetti familiari e alla nativa Itaca dopo dieci anni passati a Troia a causa della guerra, ma l'odio di un dio avverso, Poseidone, glielo impedisce. Costretto da continui incidenti e incredibili peripezie, dopo altri dieci anni, grazie anche all'aiuto della dea Atena, riuscirà a portare a compimento il proprio ritorno a casa.
Sulla ricostruzione del viaggio di ritorno di Ulisse esistono più di settanta teorie, differenti l'una dall'altra, avanzate nei venticinque secoli che ci separano dagli avvenimenti. Si vuole che Ulisse sia stato in Italia, in Palestina, nella Spagna, in Crimea, a Tenerife, addirittura al Polo Sud e al Polo Nord. Evidentemente Ulisse non potè visitare tutti questi luoghi perché il suo viaggio, secondo Omero, durò non più di sessanta giorni; mentre gli otto anni di soggiorno vengono distribuiti nelle dodici tappe, che contrassegnarono la sua avventura.
Lasciamo da parte per il momento tutte le settanta teorie, anche quelle più antiche e legate a realtà locali, domandiamoci invece: è possibile individuare tutti i dodici percorsi del viaggio di Ulisse sulla base dei dati direzionali forniti da Omero?
"La Trinachia, isola del sole, è nominata quattro volte (XI, 107; XII,127,135; XIX,275). Siculi e Sicania sono messi in relazione col mondo greco in particolare per il commercio degli schiavi. In XX, 383, uno dei Proci consiglia a Telemaco di mandare su una nave i due ospiti “dai Siculi che ce ne venga buon prezzo.” In XXIV, 307, l’accorto Odisseo dice che “un demone l’ha deviato dalla Sicania”. E dalla Sicilia veniva la vecchia “ donna sicula, moglie di Dolfo e serva di Laerte (XXIV, 210,366,389.). In XV,(403ss. 474ss.), Eumeo dice: “Siria chiamano un’isola sotto Ortigia, dov’è il calar delsole … ricca di vacche, greggi,. viti, grano. Lasua gente viveva felice…”. " (Cit. Melchiorre Trigilia)
Di seguito riportato un itinerario che fa da guida, parte dalle rovine di Troia e conduce a terre reali: Tunisia e Malta, intorno alla Sicilia e, infine, attraverso la Calabria ad Itaca.
Primo percorso - Da Troia a Capo Malea: Partiamo dall'universalmente noto: Cavallo di Troia, lo stratagemma di Ulisse causa della distruzione della città e seguiamo la cartina.
Secondo percorso - Da Capo Malea (Terra dei Ciconi) alla Terra dei Lotofagi: Dopo la distruzione di Troia, Ulisse salpa con le 12 navi della flotta per ritornare in patria, dirigendosi prima verso la Terra dei Ciconi (una popolazione semileggendaria della Tracia) per fare approvvigionamenti. Qui gli Achei saccheggiano e distruggono la capitale fortificata Ismaro (ex alleata di Troia) ma subiscono un contrattacco e gravi perdite, ritirandosi sulle navi per riprendere il largo.
Terzo percorso- Dalla Terra dei Lotofagi all'Isola dei Ciclopi: Durante la navigazione una tempesta fa perdere la rotta alla flotta, facendola approdare nella Terra dei Lotofagi. I Lotofagi erano un popolo (leggendario) di indole mite, abitante sulle coste settentrionali dell'Africa (forse la Libia), cosi chiamato in quanto mangiatori di Loto. Il Loto è una pianta e un fiore considerati sacri e simbolici dagli Egizi e dagli Indiani. La narrazione prosegue portandoci nella Terra dei Ciclopi.
Quarto percorso - Dall'Isola dei Ciclopi (Polifemo) all'isola di Eolo: I Ciclopi erano terribili giganti, antropofagi e selvaggi, con un solo occhio posto in mezzo alla fronte.
Polifemo (nome che significa "celeberrimo"), figlio di Posidone e della ninfa Thoosa, era forse il loro capo e viveva in una grande caverna (presso il monte Etna in Sicilia). Ulisse, seguendo incuriosito orme gigantesche, arriva con alcuni compagni alla caverna di Polifemo e, all'arrivo del gigante, rimangono rinchiusi dentro e vengono scoperti.
Disperati e terrorizzati, essi devono assistere all'orrido banchetto del perfido gigante, che inizia a cibarsi coi loro corpi. Lo strattagemma ideato per potersi salvare: Ulisse offre a Polifemo un fortissimo vino che aveva portato con se durante l'esplorazione dell'isola, il gigante beve (dopo il "pasto") e si addormenta.
Preparato un tronco d'albero acuminato e reso ardente, gli uomini accecano il gigante dormiente. Alle grida di aiuto di Polifemo, che dichiara che Nessuno lo vuole uccidere ("Nessuno" è il nome con cui l'astuto Ulisse si fa conoscere dal gigante), i fratelli ciclopi non prestano molta attenzione, interpretandole come effetti di un incubo o simili.
Per uscire dalla caverna Ulisse fa legare i compagni sotto al ventre delle pecore (che il gigante tasta sopra per farle uscire) mentre lui stesso esce aggrappato sotto la pancia del montone. Ulisse, non rinunciando a maledire il ciclope accecato e adirato e a rivelargli la sua identità, prende precipitosamente il largo assieme ai compagni rimasti.
Quinto percorso- Dall'isola Eolia (di Eolo) alla Terra dei Lestrigòni: Scampato da Polifemo, Ulisse sosta su questa isola presso la reggia del signore dei venti Eolo, il quale gli concede la benevolenza dei venti a patto che egli non abbia mai offeso Posidone. Il dio racchiude i venti in un otre in cuoio che consegna ad Ulisse, con l'avvertimento di non aprirlo prima di essere arrivati a destinazione, altrimenti i venti si scateneranno. Ulisse riprende così la navigazione verso Itaca, che prosegue tranquilla. Giunti quasi alla meta, con Ulisse sfinito per essere stato sempre vigile, l'intemperanza dei compagni, sospettosi circa il misterioso contenuto dell'otre, porta loro ad aprirlo: immediatamente si scatena una furiosa tempesta che riporta la nave al punto di partenza.
Sesto percorso - Dalla Terra dei Lestrigòni all'Isola di Circe: L'equipaggio approda poi alla Terra dei Lestrigoni. I Lestrigoni (popolo leggendario la cui sede è incerta: lontano occidente, Sardegna, Sicilia, Lazio), simili a giganti, di aspetto mostruoso, forti e cannibali, fanno strage dei Greci e a stento si salva solo Ulisse con la sua nave e la ciurma, che riprende il mare.
Settimo e ottavo percorso - Dall'Isola di Circe alla Dimora di Tiresia e Imera: L'Isola di Ea (o Aea, isola della Colchide, o dell'estremo oriente del mondo greco, o del Circeo nel Lazio, isola dove era il bosco con appeso il Vello d'oro) era la residenza di Circe, dea e maga figlia del Sole (Elios) e di Perse (Perseide). Qui la perfidia maga tramite pozioni magiche trasforma in porci molti compagni di Ulisse. È grazie ad un infuso di erbe magiche fornito dal dio Ermete come antidoto che Ulisse riesce a resistere alla magia di Circe, ottenendo così di far ritornare umani i suoi compagni sottoposti all'incantesimo, i quali rimarranno però in qualche modo segnati dagli eventi.
Per un anno i greci rimangono nell'isola, ove la maga e Ulisse diventano amanti. Trascorso tale periodo la ciurma, grazie anche alle indicazioni di Circe, si appresta ad attraversare l'Oceano (al tempo concepito come vastissima distesa di acqua) approdando ad una baia al limite dell'allora mondo conosciuto. Qui Odisseo si reca nell'impossibile Mondo dei Morti, ed evoca lo spirito dell'antico indovino Tiresia, per avere consigli e predizioni.
Da Tiresia viene così a conoscenza di cose del suo futuro e dell'avidità e arroganza dei Proci, che stanno minacciando la sua casa e il suo regno. Oltre a Tiresia, appare ad Ulisse pure lo spirito della madre, apparizione che confermandone la morte lo lascia in stato di costernazione, e gli spiriti di altri famosi personaggi, quali Agamennone, assassinato al ritorno in patria dall'amante della moglie e l'invincibile Achille. Ritornato all'Isola di Circe e messo in guardia circa i pericoli da affrontare nel viaggio, Ulisse riparte per la tanto agognata patria.
Nono percorso- Da Imera a Scilla e Cariddi: Le Sirene, abitanti in un'isola nei pressi di Scilla e Cariddi, erano creature (fantastiche) dotate del potere di affascinare col loro canto suadente e irresistibile i marinai, per attirarli e condurli alla rovina.
Ulisse riesce a sfidare e superare anche questo pericolo tappando con della cera le orecchie dei compagni e facendosi fermamente legare ad un albero della nave per poter così udire il canto delle Sirene senza divenirne vittima. Sembra che le Sirene, avendo fallito il loro scopo, si gettassero in mare tramutandosi in scogli.
Decimo percorso- Da Scilla e Cariddi all'Isola di Trinachia, l'isola del sole: Superate le Sirene, altri pericoli mortali incombono sulla rotta di Ulisse, tali da concatenarsi l'uno con l'altro: Scilla e Cariddi. Scilla , ninfa bellissima trasformata in mostro (mostro latrante orrendo dalle 6 teste e bocche irte di denti, poi scoglio tutto a caverne mugghianti divoratrici di marinai di fronte ad una rupe orrida abitata dal mostro Cariddi) secondo varie leggende (legate a gelosie nel mondo degli dei), viveva in una caverna di fronte a Cariddi, rupe e vortice infernale che Omero immagina inghiottisse e vomitasse tre volte al giorno le onde dello Stretto di Messina.
Undicesimo percorso- Dall'Isola di Trinachia all'isola di Ogigia: Nonostante i terribili pericoli e le impressionanti profezie di Circe, Ulisse riesce a portare in salvo il suo equipaggio, approdando all'Isola Trinacria (Sicilia) o Isola del Sole. Costretti a rimanere sull'isola dalla bonaccia e spinti dalla fame, gli uomini dell'equipaggio, contravvenendo alle direttive di Ulisse, basate sugli avvertimenti di Tiresia e di Circe, uccidono alcuni capi della sacra mandria del dio Sole (Elio). Questo sacrilegio, alla ripresa della navigazione, viene punito con un tremendo naufragio ove la nave va distrutta e trovano la morte tutti i compagni di Ulisse, il quale, naufrago, sarà spinto dal mare sulle rive dell'Isola di Calipso.
Dodicesimo percorso- Dall'isola di Ogigia (Isola di Calipso) alla Terra dei Feaci (Itaca): Calipso, ninfa regina dell'isola di Ogigia, accoglie Ulisse e lo trattiene amorevolmente per 7 anni. Visto alfine l'irrinunciabile desiderio di Ulisse di ritornare in patria, nonostante l'offerta di immortalità fattagli dalla ninfa per farlo rimanere, Calipso, sollecitata anche dal messaggero degli dei Ermete, lascia Ulisse ripartire per la sua meta. Preso il mare su una zattera con provviste, Ulisse, sfinito, arriva infine all'Isola Scheria (forse l'attuale Corfù o più probabilmente la Sardegna), patria dei Feaci.
Trovato naufrago da Nausicaa, figlia del re Alcinoo, Ulisse viene portato alla corte ed accolto con benevolenza. Durante la permanenza nell'isola Ulisse, pur non volendo rivelare la sua vera identità, non riesce tuttavia a contenere un moto di emozioni allorquando il cantore cieco Dimodoco racconta della tragica fine di Troia, svela allora la sua identità ed inizia a raccontare la sua incredibile storia.
I Feaci, popolo di abili navigatori, decidono allora di aiutare Ulisse e riportarlo ad Itaca, pur consci di una vecchia profezia per la quale ciò facendo potrebbero far scatenare le ire del dio Posidone.
Tornato ad Itaca, Ulisse assume le sembianze di un mendicante e raggiunge la capanna di Eumeo, il guardiano dei porci un tempo suo schiavo fedele. Nel frattempo, il figlio Telemaco, partito per mare alla ricerca del padre, rientra dopo esser scampato ad un'imboscata dei Proci recandosi anche lui da Eumeo.
Qui Ulisse svela la sua vera identità al figlio e progetta un piano per eliminare i Proci e riprendere il trono. Sempre fingendosi un mendicante e non rivelandosi neppure alla moglie Penelope durante un colloquio, Ulisse riesce a stazionare al palazzo reale e ad osservare gli accadimenti e i nemici, organizzando nel frattempo il suo piano.
Solo il vecchio cane Argo riconosce subito l'antico padrone, dopo vent'anni, accasciandosi poi per morire. Durante il bagno offertogli per ospitalità, Ulisse viene però riconosciuto, per un'antica cicatrice sulla gamba, dalla vecchia nutrice Euriclea, la quale viene costretta a mantenere il segreto. Non riuscendo più a ritardare le pretese dei Proci che vogliono sposarla e sedere sul trono, Penelope indice una gara di abilità nel tiro con l'arco di Odisseo, arco che solo lui stesso è riuscito a tendere. Nessuno dei pretendenti riesce a superare la prova.
A quel punto, tra l'ironia generale, il "vecchio mendicante" riesce ad intromettersi nella gara e, tra lo stupore generale e con grave smacco per i nobili pretendenti, vince. Immediatamente scatta il piano e con l'aiuto di Telemaco e pochi seguaci Ulisse uccide tutti i Proci. Successivamente vengono uccise pure alcune ancelle infedeli amanti dei Proci.
Finalmente Odisseo può rivelarsi all'adorata moglie Penelope, sciogliendone le esitazioni descrivendo con cura lo speciale letto che egli stesso aveva costruito per le loro nozze.
Il giorno seguente, Ulisse insieme a Telemaco si reca dal suo vecchio padre Laerte, da anni fuori dal palazzo e vivente in una sua fattoria, sciogliendo anche qui le esitazioni paterne descrivendo il frutteto un tempo donatogli dal padre stesso.
Nel frattempo, molti abitanti di Itaca chiedono vendetta, ritenendo Odisseo causa della morte di due intere generazioni di giovani Itacesi, quelli partiti per la guerra di Troia di cui nessuno è ritornato e quelli uccisi in patria con le sue mani. Solo l'intervento della dea Atena convincerà tutti a non spargere altro sangue.
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Prendendo in esame i versi dell’Odissea, dal quarto percorso in poi si può dire quasi con certezza che le descrizioni delle località in cui Ulisse approda corrispondano a sei località siciliane; Da questo studio nasce “Sulle Orme di Ulisse” un itinerario che si propone per tutti coloro i quali vogliano rivivere l’esperienza del mito, del sogno, ripercorrendo le tappe siciliane che Ulisse attraversò per il suo ritorno a Itaca.
Prima tappa: l’isola dei Ciclopi, Acitrezza (Catania)
"Rapidamente all'antro arrivammo, ma dentro
non lo trovammo; pasceva pei pascoli le pecore pingui.
Entrati nell'antro osservammo ogni cosa;
dal peso dei caci i graticci piegavano;
steccati c'erano per gli agnelli e i capretti [...].
Là, acceso il fitoco, facemmo offerte, e anche noi
prendemmo e mangiammo formaggi, e l'aspettammo dentro,
seduti, finch'è venne pascendo; portava un carico greve
di legna secca, per la sua cena.
E' dentro l'antro gettandolo produsse rimbombo,
noi atterriti balzammo nel fondo dell'antro". (Odissea, LX, 216-236)
Seconda tappa: l’Isola dei Lestrigòni, Mozia (Trapani)
"Qui come entrammo nel bel porto, che roccia
inaccessibile cinge, ininterrotta da una pane e dall'altra,
e due promontori sporgenti, correndosi incontro
sulla bocca s'avanzano, stretta è l'entrata".
(Odissea, X, 87-90)
La conformazione del porto dì Mozia permette, gettando pietre dai due lati di tagliare le vie di fuga alle navi nemiche, così come fecero, secondo il racconto di Omero, i Lestrigòni.
"Essi dai picchi con pietre che appena può
un uomo portare colpivano [...]".
(Odiessea, 3(5. 121-122)
Terza tappa: Ustica, l’isola di Circe
E' questa l'unica isola di cui si può dire, come fa Omero:
"[…] che intorno il mare infinito corona". (Odissea, X, 195)
"e mi apparve del fumo su dalla terra ampie strade,
in casa di Circe, tra i folti querceti e la macchia" . (Odissea, X, 149-150)
Quarta tappa: Imera (Termini Imerese)
"Qui in Acheronte il Piriflegetonte si getta
e il Cocito, ch'è un braccio dell'acqua di Stige,
e c'è una roccia, all'unione dei due fiumi sonanti […]". (Odissea, X, 513-515)
Anche qui troviamo una roccia altissima, il Monte Calogero, e ci sono le foci di due fiumi, il fiume Torto e alle spalle il fiume Grande o Imera.
Quinta tappa: L’isola di Calipso e Ogigia, le Isole Eolie.
A Nord dello Stretto di Messina, l'unica isola in cui può essere trasportato un naufrago, è il gruppo delle isole Lipari. Determinare quale isola di questo gruppo sia l'isola Ogigia di Omero è difficile. Secondo Omero, l'isola si trova là dove si trova l'ombelico del mare; forse questo farebbe concludere che si tratti dell'isola principale del gruppo e cioè Lipari, o, a causa della forma del vulcano, Vulcano; ma forse Omero si riferisce con la sua descrizione della ricchezza delle piante a Panarea, anche qui si trovano insediamenti preistorici. Sull'isola di Calipso, Ulisse si costruì una zattera con cui riuscì a raggiungere la terra dei Feaci, che, finalmente, lo accompagnarono ad Itaca.
Sesta tappa: il mostro di Cariddi, Messina
"L'altro scoglio, più basso tu lo vedrai, Odisseo,
vicini uno all'altro, dall'uno potresti colpir l'altro di freccia.
Su questo c'è un fico grande, ricco di foglie:
e sotto Cariddì gloriosa l'acqua livida assorbe".
(Odissea, XII, 101-104)
(da www.lorenzozampini.it)
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