Nel Sud Italia, per millenni crocevia di civiltà e culture e da sempre punto di intersezione delle più diverse realtà geologiche ed ambientali, la civiltà dell’abitare è stata non di rado declinata in forme decisamente originali. E’ il caso di certi suggestivi esempi di ”architettura spontanea” di cui il territorio meridionale conserva numerose testimonianze, oggi spesso al centro di oculate operazioni di recupero. Uno di tali esempi, espressione di armonico connubio fra natura e opera dell’uomo, si trova inSicilia ed è la Grotta Mangiapane,nota anche come Grotta Scurati. Alta circa 70 metri, larga 13 e profonda 60, è la più grande di un gruppo di nove grotte (le altre sono le grotte Buffa, del Crocifisso, Rumena, Miceli, Cufuni, della Clava, Maria Santissima, e Abisso del Purgatorio) presenti nel territorio di Scurati, piccola frazione di Custonaci (Trapani). La sua peculiarità, per non dire unicità, è data dal fatto chedal 1819 ospita al suo interno un piccolo nucleo di case utilizzate fino al 1950 da una famiglia di agricoltori e pescatori, i Mangiapane.
Situata nel suggestivo contesto della Riserva Naturale Orientata Monte Cofano, scrigno di preziosi ecosistemi mediterranei, la Grotta Mangiapane si trova a circa 60 metri sul livello del mare, nell’immediato entroterra del tratto costiero che da Trapani arriva a San Vito Lo Capo e a metà strada fra l’incantevole borgo di Erice e l’incontaminata Riserva Naturale dello Zingaro. Arrivati davanti al suo ingresso, una monumentale fenditura nella roccia introduce a quello che agli occhi del visitatore appare subito come un vero e proprio borgo rurale in miniatura, costituito da case in pietra di un solo piano, completo di stalle, forno a legna e cappella e percorso da una strada a piccole basole. Altre minuscole case si intravedono all’esterno, fra le piante del delizioso spazio verde che, mescolando macchia mediterranea con specie fruttifere e ornamentali da orto domestico, accresce il fascino del luogo.
Qui non sembra esserci conflitto alcuno fra Natura e opera dell’uomo: tutto risulta d’uno straordinario equilibrio di forme e colori, grazie ai materiali naturali utilizzati nella costruzione delle minuscole abitazioni, alla loro geometria essenziale, ai loro intonaci color terra bruciata e bianco calce. E poi c’è l’azzurro del mare: voltando le spalle al piccolo borgo celato nel ventre della massiccia rupe, s’offrono allo sguardo le suggestioni del golfo di Erice, incastonato tra Pizzo Cofano e Pizzo Lungo, un lembo di Sicilia ricco di storia, natura e paesaggi incontaminati.
E se il piccolo borgo di Grotta Mangiapane è ormai prossimo a compiere i due secoli, la frequentazione umana di questa così come delle altre grotte della zona, è di gran lunga più remota essendo già iniziata nel Paleolitico superiore. Un’assiduità provata da numerosi reperti preistorici, come utensili di selce, denti e ossa di animali, ossidiana e graffiti, oggi conservati presso il Museo Pepoli di Trapani e il Museo Etno Antropologico di Parigi e oggetto di studi condotti dal marchese Guido Dalla Rosa nel 1870, dal paleontologo francese Raymond Vaufrey nel 1925 e, più recentemente, dall’archeologo Sebastiano Tusa per la Soprintendenza dei beni culturali di Trapani.
Tutta questa bellezza, che ha sedotto persino il cinema (la grotta è stata set per scene di lungometraggi d’ambientazione mediterranea e per alcuni episodi del televisivo “Commissario Montalbano”), si è potuta conservare grazie all’iniziativa intrapresa circa trent’anni fa da un gruppo di abitanti della zona oggi riuniti nell’Associazione Museo Vivente di Custonaci, che decise di sottrarre il luogo allo stato di abbandono in cui versava. Il terreno antistante era ormai inaridito e la grotta utilizzata semplicemente come stalla, quando un manipolo di volenterosi decise di costituirsi in comitato e di chiedere ai nipoti della famiglia Mangiapane l’autorizzazione a rimettere in sesto l’intero complesso, oggi di proprietà della Regione. Un sogno diventato realtà: dal 1982 la grotta con il suo borgo è teatro di un bellissimo Presepe Vivente visitato ogni anno da decine di migliaia di persone. Oltre un centinaio di figuranti si preparano nell’arco dell’anno per dar vita alle 45 scene del presepe, noto per essere curato fin nei minimi dettagli. Così lo straordinario fascino del luogo si rafforza nel periodo natalizio quando al suo interno i vari gruppi di personaggi rievocano la Natività attraverso scene di vita quotidiana d’una Sicilia rurale d’altri tempi. Mestieri e contesti sempre più rari sono riprodotti fedelmente, senza infingimenti: vasi, sedie impagliate, ferri forgiati, olio d’oliva spremuto nel frantoio di pietra, formaggi…tutto prende corpo realmente, e con esso la vita stessa di un borgo secolare.
Questo accurato lavoro ricostruttivo della ricca tradizione artigianale ed agro-pastorale di Scurati è stato preceduto da una minuziosa attività di ricerca che ha visto coinvolta l’Università di Palermo, attraverso l’Istituto di Scienze Antropologiche e Geografiche e il Servizio Museografico della Facoltà di Lettere e Filosofia. I risultati di questo studio hanno trovato espressione oltre che nel Presepe Vivente, anche in un Museo Vivente dei Mestieri, proposto ai visitatori durante il periodo estivo. A inscenarlo sono gli stessi attori del Presepe che trasportano i visitatori in un’atmosfera fi grande fascino, ricreando attività e ritmi di oltre un secolo e mezzo fa con l’obiettivo di riallacciare un forte legame con la propria storia e le proprie tradizioni, in altre parole con la propria identità.
(di Rocco Mazzolari - da www.famedisud.it)
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