La storia del corallo trapanese ha origini molto lontane e già nel secolo XII il più famoso dei geografi arabi Al-Idrisi, autore di celebri resoconti di viaggio e di mappe geografiche, nella sua opera, il cosiddetto Libro di Ruggero, descrivendo la città di Trapani, magnificava la pregiata qualità del rosso corallo trapanese.
Trapani, città di antica fondazione, è situata sul mare che la circonda da ogni lato. [….] in esso la pesca è abbondante e superiore al fabbisogno; vi si pescano grossi tonni usando grandi reti e una pregiata qualità di corallo; proprio davanti la porta della città si trova una salina”.
(Al Idrisi – geografo arabo, 1154)
Spetta ai Trapanesi la gloria di avere iniziato per primi a lavorare il corallo, e fu proprio un trapanese Antonio Ciminello, vissuto nel '500, l'inventore dell’ingegnoso strumento, che, a guisa di scalpelletto, servi per intagliare e scolpire il corallo: il cosiddetto «bulino». La pratica della raccolta del corallo, risulta segnalata nel mare di Trapani in epoca anteriore al XV, quale oggetto di appositi Privilegi che troviamo nei "Capitoli delle grazie e dei privilegi del 1418"
Nel 1354, gli scultori trapanesi, chiamati in Spagna, invadono Barcellona, che per merito loro diventa il più potente cantiere corallaio dell’Occidente. Da questo momento si scatena una lotta tra Barcellona e Genova che durerà quasi due secoli dopo i quali cadono i primati delle due città per vedere assurgere quello di Trapani solamente. Un’altra emigrazione avrà poi luogo da Trapani a Firenze nel XV secolo. Lorenzo il Magnifico vuole alla sua corte artisti d’ogni campo ed ecco che son chiamati i corallai di Trapani.
Ad attivare però una vera e propria industria locale fu la scoperta di numerosi banchi di corallo avvenute tra il 1416 e il 1418 nel mare di Trapani e nel 1439 nei pressi di San Vito Lo Capo, che determinarono addirittura l’immigrazione da numerose famiglie di religione ebraica, provenienti dal Maghreb che contribuirono alla lavorazione e alla commercializzazione del corallo che sarebbe poi finito sui mercati di tutta Italia. Il ruolo degli ebrei in quest’arte proseguì anche dopo la loro espulsione nel 1492 grazie ad alcuni esponenti della comunità convertitisi al cristianesimo i quali restarono a lavorare in Sicilia.
Allorché nel sec. XVI Antonio Ciminello inventa il bulino, fioriscono le opere d’arte che pochi conoscono, ma che brillano di luce eterna al Prado di Madrid, in Vaticano, nel Bavarese di Monaco, all’Ambrosiana di Milano, agli Argenti di Firenze, al Nazionale di Napoli, al Pepoli di Trapani.
Per citarne alcuni: la montagna di corallo, presepe composto di 80 personaggi e 120 animali, commesso a maestri corallai trapanesi dal Senato di Palermo e offerto a Filippo IÌ di Spagna; un tempietto greco, ordinato dallo stesso Senato e offerto ad Urbano VIII nel 1631, con al centro le sante di Sicilia (Oliva, Lucia, Agata, Rosalia, Ninfa) e i pontefici Agatone e Sergio, con molti angeli e ornamenti d’oro e di smalto.
Inoltre un crocifisso di straordinaria grandezza, opera di fra’ Matteo Baviera, francescano, corallaro di grande espressività vissuto nella prima metà del XVII, conservato nel museo regionale Conte Agostino Pepoli di Trapani. Tra gli artisti piú grandi che meritano di essere citati, segnaliamo, oltre ad Antonio Ciminello: Giuseppe, Andrea ed Alberto Tipa, Ignazio major, Antonio e Ignazio minor Tardia, Giovanni Abate, Carlo e Leonardo Guida, Baldassare e Giovanni Pizzitola.
Nel 1541 si pescarono e lavorarono 200 cantari (q. 1600) e il ricavato dalla sola vendita del grezzo fu di 60.000 scudi. Molte famiglie trassero le loro fortune dalla pesca e dalla lavorazione del corallo in Trapani, ma l’emigrazione in Spagna, l’esodo degli artisti trapanesi a Torre ‘del Greco, Livorno e Genova, il declinar della moda e della superstizione del corallo, chiusero le poche botteghe rimaste ancora in piedi a Trapani. Le 4 fabbriche del 1500 sono diventate 36 nel sec. XVII, 22 nel sec. XVIII, 8 nel 1880; oggi esistono ancora delle fabbriche in Italia, a Torre del Greco, a Livorno, a Genova, ma la pesca si è estesa al Giappone, che pesca ed esporta anche in Italia.
In foto, il presepe, proveniente dalla Collezione Hernandez, è databile agli inizi del XVIII. Montato su una base di rame dorato, ha per scenografia un'architettura in legno, rivestita da lamina di rame con inserti di corallo, usati per formare plinti, colonne, bugne e archi. Il tutto è ricoperto da una fitta vegetazione di foglie e fiori che si inserisce fra le strutture dell'edificio in rovina.
(Museo Interdisciplinare Regionale “A. Pepoli” di Trapani)
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