Con questo racconto vogliamo accompagnarvi nella vita di Sicilia, una bellissima principessa che viveva nelle lande orientali, baciate dalle acque levantine del Mediterraneo. Appena nata un oracolo le predisse che, se avesse voluto sopravvivere, al quindicesimo anno di età avrebbe dovuto abbandonare il suo Paese e la famiglia per sfuggire al Greco-Levante, un mostro famelico che, sotto le forme di un gatto mammone, l’avrebbe divorata.
La giovane, al compimento della fatidica data, messa dai genitori su una barca e spinta a largo, ebbe, per tre mesi, come unico compagno il pensiero della morte ma, nel momento di maggiore disperazione, i venti amici la condussero sulla spiaggia deserta di una terra luminosa e calda, ricca di frutti che ne profumavano l’aria.
Nonostante il paradiso terrestre che l’aveva accolta, Sicilia, spaventata da quella solitudine che sembrava non volerla più abbandonare, iniziò a piangere ma, per incanto, uno splendido giovane le si avvicinò spiegandole il mistero di quella terra ricca, ma senza uomini. Da tempo i suoi abitanti erano morti di peste e gli Dei, benevoli, avevano deciso di ripopolarla scegliendo loro due per questa missione vivifica.
L’isola, per questa ragione, fu ribattezzata col nome di colei che avrebbe portato in grembo le future, forti e fiere generazioni. (Della reazione di Sicilia a tale rivelazione non ci è dato sapere, anche se la storia sembrerebbe suggerirci la sua grande contentezza).
Due grandi folcloristi, il Salomone Marino e il Pitrè, hanno trovato come riferimento culturale di questo racconto l’antica favola di Egesta che, abbandonata dal padre Ippota, nobile troiano, su una barchetta affidata alle onde per sfuggire al mostro marino inviato dal dio Nettuno e approdata in Sicilia, sposò il dio fluviale Crìmiso, generando Aceste o Egeste.
Il fondamento storico sarebbe, invece, da ricercare in quell’accenno all’ingordo Greco-Levante che altri non sarebbe che l’impero bizantino, la cui dominazione in Sicilia (535-827) è ricordata, soprattutto, per l’avido fiscalismo. A tal proposito si narra che per spaventare i bambini cattivi gli si diceva: “Vidi ca vénunu i greci!”. (Per un mio trasporto per i greci-bizantini, invece, spero “ca vénunu”).
Detto ciò, Viva Sicilia, nostra florida progenitrice.
(di Giusi Patti - da http://www.iviaggidicicerone.it)
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