16 feb 2019

Cassatelle con ricotta e gocce di cioccolato





Le Cassatelle (cassateddi in dialetto trapanese, cappidduzzi a Marsala e raviola in quello mazarese) sono dolci tipici della gastronomia trapanese, originari della cittadina di Calatafimi intorno al 1700, in occasione delle festività pasquali e di carnevale. Sono oggi diffusi non solo nella provincia di Trapani, ma anche in gran parte della Sicilia occidentale.

È una produzione tipica siciliana, come tale è stata ufficialmente riconosciuta e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf) su proposta della Regione Siciliana.




Ingredienti: 
300 gr farina 00 
200 gr fariba rimacinata (grano duro) 
80 gr strutto 
30gr di zucchero 
1 uovo 
100 ml di vino 
50 acqua 
Mezza bustina lievito per dolci 
450 gr ricotta 
100 gr zucchero 
100gr cioccolato in scaglie o in gocce 


Preparazione: 

Passo 1:In una terrina miscelare le farine insieme allo zucchero e al lievito,aggiungere successivamente l'uovo, lo strutto e il vino e amalgamare il tutto. Aggiungere l'acqua al bisogno se l'impasto dovesse risultare asciutto. Impastare energicamente fino ad ottenere un panetto morbido e profumato. Far riposare in frigo per una mezz'ora. 

Passo 2:In un ciotola unire ricotta e zucchero e miscelare con l'ausilio delle fruste elettriche, affinché il ripieno di ricotta risulti liscio e cremoso. Aggiungere le scaglie o le gocce di cioccolato e mescolare. 

Passo 3: Stendere l'impasto sottile sottile e ricavarne dei dischi. Mettere al centro un po di ripieno e chiudere a mezza luna,avendo cura di sigillare per bene i bordi per evitare la fuoriuscita del ripieno. Per evitare questo potete aiutarvi con una forchetta e schiacciare i bordi, così da sigillare e allo stesso tempo dare un decoro ai bordi. Passo:Mettere a scaldare dell'olio per friggere e cuocere le cassatelle poco per volta fino a doratura. 

Passo 4:Una volta cotte cospargere le cassatelle con dello zucchero a velo e cannella a piacere.


Curiosità….

Le cassatelle – in genere – si preparano nella giornata del Venerdì Santo per essere consumate la Domenica di Pasqua e poi durante la scampagnata del giorno di Pasquetta. A tal proposito alle cassatelle pasquali è legato un simpatico aneddoto. Pare che i palermitani, un tempo amassero comprare le cassatelle proprio il Venerdì Santo, al Monastero di Santa Oliva. La richiesta era tale e tanta che le monache per far fronte alle ordinazioni ritardavano alle funzioni liturgiche. L’arcivescovo, contrariato, fece mettere allora un messo nell’androne del convento che, per tempo, faceva uscire la gente al grido: «cu ‘nnappi ‘nnappi r’e cassateddi ‘i Pasqua» (chi ne ha avute ne ha avute ebbe delle cassatelle di Pasqua), espressione idiomatica che in Sicilia è tuttora in uso per dire chi ha avuto ha avuto e tanto basti.





8 gen 2018

Arte in Sicilia



Le imponenti vestigia architettoniche di templi, teatri, acquedotti che ancora si elevano maestose nel contesto dei resti urbanistici di grandi città nonché la quantità e qualità di sculture, parti decorative di antichi edifici, vigile ed oggetti preziosi che sono in mostra nei principali musei archeologici siciliani testimoniano dei secoli di grande civiltà greco - sicula, romana e bizantina e costituiscono uno dei maggiori tesori archeologici dell’Umanità intera. I templi di Segesta, Selinunte e Agrigento, i teatri di Taormina, Siracusa e Selinunte, gli acquedotti di Termini ed Agrigento, le fortificazioni di Siracusa (Castello Eurialo), i musei archeologici di Siracusa, Palermo, Trapani, Imera etc., le vaste aree archeologiche di città antiche come Agrigento, Eraclea Minoa, Imera, Segesta, Selinunte, etc. sono difficili da descrivere in un testo sintetico come questo. Possiamo dire che l'arte siciliana dell'antichità si contraddistingue per realizzazioni architettoniche di grandi dimensioni che caratterizzavano città la cui scala urbanistica destava la meraviglia del Mondo Antico. Ciò per la evoluta tecnica ingegneristica soprattutto nelle opere di adduzione dell'acqua, per la magnificenza delle ville patrizie romane, per la raffinatezza della statuaria e la ricchezza ed il verismo dei grandi cicli di mosaici. Tutte queste caratteristiche rifiorirono sia nell'età bizantina sia nell'età medievale quando il resto dell'Europa occidentale stentava ancora ad uscire da uno stato di semi-barbarie. L'età medievale siciliana dei primi decenni del Regno (dalla fine dell'XI a quasi tutto il XII sec.) si caratterizzava per il fatto di essere prodotta quasi esclusivamente per iniziativa e con i denari della Corona. Grazie alla prerogativa di essere “legati pontifici” gli esponenti della dinastia Altavilla fecero costruire le prime grandi Cattedrali latine (Messina; Lipari; Cefalù; Monreale; Catania; Mazara; Agrigento; etc.) nelle quali le nuove spazialità architettoniche latine provenienti dal Centro-Italia e dal Nordeuropa si fondevano con il prezioso decorativismo magrebino, con gli schemi illustrativi dei mosaici bizantini e con la scultura romanica pugliese.


Ruggero II fece costruire la Cattedrale di Cefalù dove egli desiderava essere sepolto. In seguito eresse il suo Palazzo Reale di Palermo. All'interno di questo edificio egli fece costruire, nel 1132, la sua Cappella di Palazzo (la "Palatina") dedicandola a S. Pietro. In questa chiesa l'arte medievale siciliana raggiunse la sua più grande vetta di splendore. Oltre a ciò (sempre presso il Palazzo Reale) vennero allogati i laboratori regi dell'Arte di Stato nei quali venivano realizzate corone, gioielli, suppellettili preziose, abiti cerimoniali dei quali alcuni sono giunti sino ad oggi; come la splendida corona di età imperiale bizantino (Kamelaukion) oggi conservata presso il Tesoro della Cattedrale. A Ruggero II seguì Guglielmo I che fece costruire la residenza reale della Zisa all'interno del grande parco reale. Il figlio Guglielmo II fece costruire la Cuba e la grande Cattedrale di Monreale facendone un'altra gemma dell'Arte di Stato. L'interno è riccamente decorato da splendidi mosaici bizantini ed il chiostro è una delle più eleganti espressioni della scultura medievale applicata all'architettura. Nel contempo la vetusta Cattedrale di Palermo venne parzialmente demolita e ricostruita forme architettoniche molto più vaste delle precedenti su iniziativa del Vescovo Gualtiero, che ne fece la più grande cattedrale della Sicilia medievale. L'epoca dell'Imperatore Federico II Hohenstaufen è contraddistinta soprattutto dalla costruzione dei suoi castelli che costituiscono un "unícum" nella storia castellana universale. In essi le necessità residenziali del sovrano e quelle difensive vengono risolte in costruzioni di raffinata eleganza formale: Castello Ursino (Catania); Castello Maniace (Siracusa) e i Castelli di Augusta e Milazzo, nonché le Torri di Enna, della Colombaia di Trapani e di Cela. Successivamente - nel Trecento - la Sicilia, a causa della Guerra del Vespro e dell'Anarchia Baronale, si chiuderà in se stessa elaborando un'arte che è la continuazione di quella del periodo precedente. Nel Quattrocento avviene però la prima evoluzione estetica e la personalità più spiccata nel campo dell'architettura è quella di Matteo Carnelivari da Noto, che opera a Palermo sulla fine del secolo (Palazzo Abatellis, Palazzo Aiutamicristo, e la chiesa di S. Maria della Catena). 

Antonello da Messina (1430-1479) fu il più grande pittore siciliano di tutti i tempi e uno dei maggiori maestri del Quattrocento europeo. Restano in Sicilia: Il Ritratto di ignoto marinaio del Museo Mandralisca di Cefalù, Tre Santi e la stupenda Annunziata della Galleria di Palermo, il polittico di S. Gregorio del Museo di Messina, e l'Annunciazione del Museo di Palazzo Bellomo in Siracusa. Nel settore della scultura primeggia Domenico Gagini (Bissone 1420 c. - Palermo 1492). Fondò una bottega che, per diverse generazioni, mantenne una posizione preminente nel campo della scultura. Nel corso del Cinquecento si verifica l'avvento delle forme dei Manierismo toscano e romano. Le figure emergenti sono: Antonello Gagini (1478-1536) e Polidoro da Caravaggio (due belle porte laterali del Duomo di Messina), Morto Antonello, la sua opera venne continuata dai figli. Molti furono gli scultori toscani che, nel corso del '500, si trasferirono in Sicilia. Famoso il Montorsoli, (le due fontane di Orione e di Nettuno; la Scilla, ora nel Museo di Messina). Fra i suoi seguaci ricordiamo Martino Montanini, e A. Calamech. Le forme manieristiche s'impongono in architettura nella prima metà del '600. A Palermo: Quattro Canti (Giulio Lasso); Porta Felice (Pietro Novelli); chiese dell'Olivella e di S. Domenico; Arsenale navale (Mariano Smiriglio); chiesa dei Teatini (Giacomo Besio). E poi il Palazzo Municipale di Siracusa (G. Vermexio); il Monastero dei Benedettini di Catania (V. De Franchis); il Collegio e la chiesa dei gesuiti in Trapani (N. Masuccio). Il Barocco si inaugura con l'Annunziata dei teatini a Messina (Guarino Guarini). Si fa più severo a Palermo con Paolo Amato (1634-1714): chiesa del Salvatore; Giacomo Amato (1643-1732): chiesa della Pietà e S. Teresa alla Kalsa.

Un capitolo a parte è costituito dalle famose Ville di Bagheria dove la fantasia degli architetti si dispiega nella composizione scenografica dei diversi corpi di fabbrica e nei movimentati scaloni esterni (Villa Palagonia; Villa Valguarnera; etc.). Siamo ormai nel Settecento. Un Barocco più estroso è quello che si riscontra nella ricostruzione delle città distrutte dal terremoto del 1693 (Catania, Siracusa, Noto, Grammichele, Avola, Ragusa, Modica, etc.). Il palermitano Vaccarini fu il protagonista progettuale della ricostruzione di Catania (prospetto della Cattedrale; PalazzoValle; Palazzo del Comune; Badia di S. Agata). Rosario Gagliardi (1726-1770) è presente invece in numerosi centri; a Noto, Ragusa, Comiso, Caltagirone. Sue sono le chiese di S. Domenico e del Collegio (Noto), di S. Giorgio e di S. Giuseppe (Ragusa) nonché la Cattedrale di Modica. Tutte opere che si caratterizzano per la plasticità delle strutture e per il dinamismo e l'originalità dei loro profili. Nel campo della pittura la personalità più notevole fu quella del monrealese P. Novelli (1603-1647), (le tele dei Cappuccini di Ragusa e di Leonforte, la grande tela di Monreale, il S. Cristoforo del Museo di Catania, e altre ancora). Vito D'Anna (1720-1769) può considerarsi il caposcuola degli affrescatori siciliani della seconda metà del secolo. Nel campo della scultura un posto a sé occupa Giacomo Serpotta (1656-1732). Discendente da una famiglia di scultori e di plasticatori, la sua attività si volse tutta a Palermo ove apparò di stucchi festosi tutta una serie di chiese e oratori (Oratori di S. Lorenzo, di S. Cita, etc.). Altro grande scultore e plasticatore fu Ignazio Marabitti (1719-1797) (pala marmorea di S. Benedetto in gloria, nel Duomo di Monreale). L'architettura dell'800 inizia con l'opera del neoclassico palermitano G. V. Marvuglia (17291814): Oratorio dei Filippini all'Olivella e Villa Belmonte all'Acquasanta. Nell'architettura del secondo Ottocento predominano le personalità palermitane di G. B. F. Basile (Teatro Massimo) e di G. Damiani Almeyda (Politeama Garibaldi). A cavallo fra Otto e Novecento si afferma l'architetto Ernesto Basile, progettista abile e raffinato creatore di un Liberty siciliano del tutto autonomo e anticipatore del Razionalismo. Dalla sua scuola uscirono numerosi eminenti architetti.
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Fin dalla preistoria, ogni epoca ha lasciato tracce della sua civiltà con edifici ed opere d'arte che sono riusciti a volte a sfuggire alle distruzioni naturali ed al vandalismo.

L'ARTE DELLA PREISTORIA
Le prime testimonianze della presenza dell'uomo in Sicilia risalgono al paleolitico superiore con i disegni della Grotta del Genovese a Levanzo e quelli dell'Addaura, vicino Palermo. La civiltà neolitica ha lasciato numerose tracce nelle isole Eolie e a Megara Hyblaea. Si possono vedere, vestigia delle diverse età del bronzo nel promontorio del Milazzo a Panarea, a Castelluccio vicino Noto e nella necropoli di Pantalica.

L'ARTE GRECA
L'arte Greca ha trovato in Sicilia un terreno particolarmente fertile ed alcune forme vi hanno raggiunto la pienezza. Nel corso del VI e V S. a.c., Siracusa, Gela, Selinunte e Agrigento fanno costruire templi nel più puro stile dorico, eccellenti soprattutto per l'armonia delle proporzioni e la ricchezza delle loro decorazioni. I tiranni, volendo abbagliare il mondo, non esitano a lanciarsi nelle costruzioni colossali come quelle del Tempio di Giove Olimpico ad Agrigento e del Tempio G a Selinunte. Le quattro serie di mètope provenienti da quest'ultimo, conservate nel museo nazionale di Palermo, ci mostrano il passaggio dalle forme arcaiche, sommarie e rigide, alle forme elastiche di una perfetta maestria plastica. Notiamo la stessa evoluzione nell'arte della terracotta e nelle monete la cui esecuzione, specialmente a Siracusa, ha raggiunto tra il V e il III S. a.c. un elevato grado di perfezione. I templi siciliani appartengono all'ordine dorico che obbedisce a regole molto rigorose. Essi comportano uno stilòbate, la base dell'edificio. Ogni colonna striata da venti scanalature, culmina in un capitello geometrico. L'architrave è la trave che poggia sui capitelli. Essa è sormontata dal fregio composto di mètope (scolpite o mute) separate da pannelli ornati da tre scanalature. Il frontone che assume la forma di un triangolo, per la pendenza del tetto, si eleva su una cornice. Distinguiamo diversi tipi di templi secondo l'area del colonnato: In Antis: con due sole colonne sulla facciata. Pròstilo: con un portico di colonne su una sola facciata. Anfipròstilo: con colonne sulle due facciate. Periptero: con colonne sui quattro lati. Quasi tutti i templi della Sicilia sono dei peripteri esàstili, cioè hanno sei colonne su ciascuna facciata. Oltre ai templi, bisogna menzionare i teatri, come quello di Siracusa, uno dei più grandi del mondo greco ed altri edifici, come il castello di Eurialo, sempre a Siracusa, che è senz'altro la più ambiziosa costruzione fortificata del mondo antico. I monumenti greci più interessanti e meglio conservati sono tuttora visitabili ad Agrigento, Palazzolo Acreide, Segesta, Sellnunte eSiracusa.

L'ARTE ROMANA
Le vestigia dell'architettura romana non sono numerose. Non rimane che l'anfiteatro di Siracusa, lo splendido teatro di Taormina e la Villa di Piazza Armerina il cui pavimento a mosaico costituisce un insieme di grandezza e di bellezza senza precedenti. Il teatro di Catania e la Naumachia di Taormina risalgono anch'essi all'epoca romana ma questi monumenti, appaiono molto provati dalle insidie del tempo.

L'ARTE DELLA SICILIA CRISTIANA E BIZANTINA
Le prime testimonianze dell'arte cristiana appaiono nelle catacombe, principalmente in quelle di Siracusa (II e IV S) che conservano tracce di decorazioni pittoriche. Nel corso dei secoli seguenti, i templi sono stati, talvolta, trasformati in chiese come, per esempio, il Tempio della Concordia ad Agrigento e quello di Atena a Siracusa. I Bizantini importeranno l'arte del mosaico che sarà sfruttata in maniera felicissima dagli artisti sotto il regno dei Normanni (Cappella Palatina di Palermo, Duomo di Monreale e Cattedrale di Cefalù).

L'ARTE ARABA E NORMANNA
Quando conquistarono la Sicilia, gli Arabi erano padroni del Sud della Spagna da più di un secolo ed avevano fatto di Cordova, la loro capitale andalusa, una città fastosa che rivaleggiava con Bagdad (M. Andrieux). Essi introdussero nell'isola nuovi metodi di costruzione e di decorazione che avrebbero permesso la nascita di autentici capolavori: palazzi, moschee, fontane e giardini. Purtroppo, quasi tutte le testimonianze di quest'epoca fiorente sono scomparse o ci sono giunte sfigurate. Infatti, fin dal loro arrivo, i Normanni si approprieranno, ingrandiranno o trasformeranno in maniera diversa questi edifici arabi, in modo che sarà, in seguito, molto difficile distinguere l'apporto degli uni o degli altri. I Normanni, sedotti dalla perfezione dell'architettura musulmana, in perfetta armonia con il paesaggio siciliano, perpetueranno quest'arte adattandola tuttavia alle loro esigenze religiose. Questa coesistenza degli stili arabo, bizantino e normanno darà vita ad un'arte eclettica. (I re normanni, volendo rivaleggiare con i Basilei di Bisanzio, si circonderanno di artisti di origini diverse, chiamando anche architetti greci e arabi per costruire e decorare i loro monumenti). Anche quando questi principi normanni edificano chiese più severe, meglio rispondenti ai canoni di Roma, non possono disfarsi del tutto della influenza araba, giocando con i colori della pietra o collocando presso una moschea un campanile, a costo di coprirlo con una cupola la cui forma ricorda il cappello rotondo degli eunuchi (5. Cataldo e S. Giovanni degli Eremiti). Il Duomo di Cefalù, che è probabilmente la più romana delle chiese siciliane, comporta ancora numerosi elementi orientali: archi arabi e rivestimenti di mosaici su fondo d'oro. Per i loro palazzi, i normanni cederanno completamente all'influenza musulmana (Palazzo della Zisa e della Cuba a Palermo). In effetti tutti i monumenti di quest'epoca riflettono in pieno lo spirito della corte di Palermo, autentica torre di Babele dove si parla francese, greco, arabo, latino e siciliano. Quest'arte senza frontiere darà vita alla "civiltà più originale, più raffinata, più affascinante che abbia potuto creare il medioevo" (G. Diehl; Palermo e Siracusa). I principali monumenti normanni di Palermo sono: il Ponte Ammiragilo, le chiese di S. Giovanni dei Lebbrosi, la Magione, la Martorana, 5. Cataldo, il Duomo, S. Giovanni degll Eremiti e la Cappella Palatina nel Palazzo dei Normanni. L'itinerario del ricordo normanno passa da Monreale (Duomo e Chiostro), Castelve frano (S. Trinità di Delia), Mazara del Vallo (S. Nicolò Regale e il Duomo), Sciacca (S. Nicolò La Latina), Caltanissetta (S. Spirito), Catania (Duomo), Paternò (Castello), Adrano (Castello), Forza d'Agro (S. Pietro e Paolo), Messina (S. Annunziata dei Catalani, il Duomo e la Badiazza), Frazzano (S. Filippo Fragalà) e Cefalù (Duomo).

L'ARTE DAL XIII AL XVI SECOLO
Nel XIII e nel XIV secolo l'arte subisce l'influenza del gotico nordico importato dalla Francia. Questa influenza si fa sentire in particolare, nei castelli di Siracusa (Castello di Maniace), di Catania (Castello Ursino) e in alcuni palazzi costruiti da famiglie feudali, specialmente dai Chiaramonte, come i palazzi Sdafani e Steri a Palermo. Nel corso del XV 5. l'occupazione spagnola favorisce l'arte gotico-catalana di cui si trovano nell'isola alcuni esempi come il portico del Duomo di Palermo oi palazzi 5. Stefano e Corvaia. Verso la fine di questo secolo a Palermo, l'architetto Matteo Carnalivari disegna i progetti di S. Maria della Catena e dei Palazzi Abatellis e Aiutamicristo, secondo i canoni di quest'arte gotico-catalana, con uno stile elaborato. A quest'epoca risale il famoso affresco del Trionfo della Morte proveniente dal Palazzo Sdafani e conservato nella Galleria Nazionale di Sicilia. A quel tempo viveva Antonello da Messina (1430-1479), il più celebre pittore siciliano che, formato dai suoi rapporti con l'arte fiamminga e veneziana, costruì un mondo fatto di perfezione nelle forme e di luminosità nei colori. La sua Annunciazione e i suoi tre ritratti di Santi, conservati nella galleria nazionale, figurano tra le opere principali della pittura del XV secolo. Egli è stato il primo a fondere la cultura artistica siciliana con quella italiana la cui unione si consoliderà con l'arrivo in Sicilia di numerosi artisti della penisola. Lo stile del Primo Rinascimentoè introdotto dagli scultori Francesco Laurana (1458-1500) e Domenico Gagini (1420-1492). Quest'ultimo sarà il capostipite d'una famiglia di scultori che popolerà con sue opere quasi tutte le chiese dell'isola. Non si contano meno di dieci Gagini nella genealogia di questa sorprendente famiglia di artisti di cui il più celebre, dopo Domenico, sarà suo figlio Antonello.

L'ARTE BAROCCA
Questa arte, sorta dalla Controriforma, ha trovato in Sicilia la sua terra d'elezione. Nel giro di alcuni anni, l'isola sarà presa da un vero entusiasmo per questo nuovo stile importato dagli spagnoli. L'esuberanza delle forme e il gusto dello scenario lussureggiante ispireranno gli artisti siciliani. Gli edifici barocchi più caratteristici di Palermo sono probabilmente: S. Caterina, S. Giuseppe dei Teatini e Casa Professa. Ma queste chiese assomigliano più a sale da ballo che a santuari. Non vi sono che colonne a spirale, incastri di marmi preziosi, dorature, merletti di stucchi e statue che sembrano recitare una commedia. Per essere alla moda, le famiglie nobili fanno costruire oratori e affidano all'immaginazione degli artisti la cura di fare mostra della loro magnificienza. Uno dei più celebri scultori di quest'epoca fu G. Serpotta (1656-1732), artista completo dal momento che era anche musicista. Questo "figlio di Palermo", soprannominato il Watteau della scultura, ha lasciato numerose opere che si possono vedere principalmente a S. Lorenzo e S. Domenico di Palermo. Questo movimento barocco ha coinciso con la necessità di ricostruire città come Catania, Noto e Ragusa, distrutte dai sismi dell 669 e dell 693. È a Notoche l'arte barocca appare in tutto il suo vigore. La sua architettura è così omogenea che si sarebbe tentati di credere che essa sia scaturita dall'immaginazione di un solo uomo. In effetti, Noto ha avuto la fortuna di annoverare fra i suoi figli Rosario Gagilardi, uno dei più grandi architetti del tempo. Mettendo a frutto gli insegnamenti dei suoi predecessori e la posizione eccezionale che gli era stata offerta, egli concepì la sua città come un autentico scenario d'opera. Bisogna citare anche i fratelli Amatoe G. B. Vaccarini a cui si deve, in gran parte, la ricostruzione di Catania. Fin dall'inizio del XVII secolo, il passaggio in Sicilia di due grandi pittori come il Caravaggio e Van Dyck, dà un impulso nuovo alla pittura. Essa troverà la sua espressione più notevole nelle opere di Pietro Novelli (1603-1647), Mario Rossi e Vito D'Anna (1720-1769), che, insieme a Borremans, proveniente da Anversa, orneranno di affreschi e pitture, conventi, chiese e palazzi.

22 nov 2017

Un bagno nelle sorgenti siciliane d'acqua dolce



Dalla provincia di Messina a quella di Siracusa: ecco i luoghi da visitare per scoprire gli scorci d'acqua dolce più belli e suggestivi della Sicilia, premiati da Tripadvisor


Se lo stretto legame tra la Sicilia e l'acqua salata è assodato e se pensando all'Isola l'associazione con il mare è immediata, un po' meno immediata è l'idea che tra un salto a San Vito e un bagno alla Riserva dello Zingaro ci si possa fare il bagno anche in alcunipreziosi scorci d'acqua dolce.






















Sì, perché la Sicilia è fatta anche di specchi d'acqua dolce che diventano sempre più luoghi d'attrazione e punti di riferimento tanto per i siciliani che per i turisti. Un notevole incremento di visitatori è stato registrato, negli ultimi anni, alle Gole dell'Alcantara, parco fluviale che si snoda su una superficie di circa 1928 ettari. Il costo d'ingresso per gli adulti è di 3 euro, ma sono previste diverse riduzioni.


Altrettanto gettonate sono le Gole di Tiberio, un canyon naturale incastrato nelle Madonie. Alle Gole si accede gratuitamente e prenotando sull'apposito sito: è possibile navigare sul fiume, fare diverse escursioni ammirando le specie animali presenti e, naturamente, è possibile fare il bagno.


Altro posto dove passare una piacevole giornata è senza dubbio la Cascata delle Due Rocche a Corleone: lo scenario è spettacolare ed è possibile bagnarsi, cercando di stare sempre molto attenti.


Altrettanto bello è il Lago Maulazzo: un invaso artificiale di circa 5 ettari vicino Cesarò, nei cui dintorni si trova anche un'area attrezzata. Non ci sono costi d'ingresso e per arrivare (e fare il bagno) basta seguire il sentiero e godersi la bellezza della faggeta che lo circonda.


Uno dei luoghi più gettonati degli ultimi anni è la Riserva Naturale di Valle dell'Anapo (Sortino) l'ingresso è gratuito e all'interno della riserva è possibile fare il bagno sia nel fiume che nei vari laghetti che negli anni si sono formati grazie all'azione di quest'ultimo. A proposito di laghetti, è impossibile non citare la Riserva Naturale di Cavagrande del Cassibile (Avola), dove uno dietro l'altro si trovano laghi di piccole dimensioni, tutti incontaminati.


A Pantelleria, infine, i trova il Lago Specchio di Venere: alimentato dalle piogge e dalle sorgenti termali al suo interno, che raggiungono temperature intorno ai 40°/50°, il lago è un cratere naturale di un antico vulcano.

Non resta dunque che pianificare un'escursione per un giorno di vacanza diverso. 

(da www.balarm.it)

20 nov 2017

I SITI UNESCO IN SICILIA


AREA ARCHEOLOGICA DI AGRIGENTO


L’arte, la storia e la natura hanno reso questo posto famoso dall’antichità ai giorni nostri come testimoniato dagli scrittori classici Pindaro, Polibio, Diodoro Siculo e altri, dagli storiografi del 16th e 17th secolo e artisti e viaggiatori del 18th e 19th secolo che hanno lasciato dietro di loro tesi e immagini memorabili. Basta pensare a Houel, Saint-Non, Denon, Swinbume, Brydone e su tutti Gothe, che nel suo Italienische Reise (Viaggio in Italia) dedica la maggior parte delle sue pagine alle bellezze naturali e artistiche di Agrigento. 


LA VILLA DEL CASALE, PIAZZA ARMERINA 


La Villa Romana del Casale di Piazza Armerina è unica. Altre strutture che rispecchiano così dettagliatamente non solo l’antico stile di vita ma anche un complesso sistema economico che costituisce un momento di unione tra differenti culture nel bacino del Mediterraneo (quella Nord-africana e quella Romana) semplicemente non esistono in nessun altra parte del mondo.


LE ISOLE EOLIE


I peculiari aspetti vulcanici delle Isole Eolie rappresentano in maniera esemplare l’oggetto degli studi della vulcanologia mondiale. Grazie alle ricerche avviate nel XVIII secolo, le isole hanno consentito l’approfondimento dei due tipi di eruzione (vulcaniana e stromboliana) e la trattazione dei temi più importanti della vulcanologia e geologia moderne contribuendo alla formazione di una classe di scienziati in oltre 200 annidi ricerche. Le Isole Eolie continuano ancora oggi ad essere un ricco terreno di studi e continui processi che ancora stanno mutando l’aspetto del paesaggio e la composizione geologica dell’arcipelago.


LE CITTA' BAROCCHE DELLA VAL DI NOTO 


Per il periodo Barocco in Europa, non esistono fenomeni urbani e architettonici di comparabile interesse. Le 8 città nominate nel sud-est siciliano furono tutte ricostruite nel 1693 sopra o vicino alle città esistenti al tempo del terremoto di quell’anno.


Queste rappresentano un notevole impegno collettivo, condotto con successo ad un alto livello di realizzazione architettonica e artistica, compresa nello stile tardo barocco dell’epoca ma con innovazioni distintive nella urbanistica ed edilizia urbana. Le otto città sono: Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa, Scicli, Caltagirone  e Militello in Val di Catania.


SIRACUSA E LE NECROPOLI RUPESTRI DI PANTALICA 


Sostituendo la precedente cultura preistorica che è aveva il suo centro a Pantalica, la cultura della civiltà greca che si insediò e si sviluppò a Siracusa ha rappresentato il centro del Mediteranneo per un significativo arco di tempo della storia dell’umanità. Questo fu predominante sui rivali Cartaginesi e Ateniesi e crebbe fino a diventare il cuore del pensiero, dell’arte e della cultura.


La storia ha lasciato anche straordinari segni del suo passaggio nella pianificazione urbana delle città e nelle sovrapposizioni architettoniche dei secoli successivi, che sono stati sviluppati sul modello della città greca e conserva straordinarie tracce dell’esistenza e integrazione di diverse culture della più significativa era del mondo occidentale. Questa stratificazione culturale fa di Siracusa un patrimonio unico.


IL MONTE ETNA


L'etna è un imponente vulcano che contraddistingue che si innalza sull’isola della Sicilia. La diversità e la complessità del paesaggio intorno al vulcano, la colorata giustapposizione dei substrati vulcanici, la vegetazione boschiva e non boschiva si combinano sopra la vista della Sicilia e del Mar Mediterraneo. [criterio di bellezza naturale ed importanza estetica]. Il Monte Etna è uno dei vulcani più attivi ed icona tra gli stessi, eccezionale esempio di processi geologici evolutivi e di formazione di piattaforme vulcaniche. Il vulcano è caratterizzato da attività eruttive continue dai suoi crateri sommitali e abbastanza frequenti emissioni di fiumi di lava dai crateri laterali. Questa eccezionale attività vulcanica è stata documentata da almeno 2700 anni. Le diverse e accessibili caratteristiche vulcaniche come i crateri sommitali, i coni vulcanici inattivi, i fiumi di lava, le grotte di lava e la depressione della Valle del Bove hanno fatto del Monte Etna una destinazione primaria per ricerche e istruzione. Oggi il Monte Etna è uno dei più studiati e monitorati vulcani al mondo, e continua ad influenzare la vulcanologia, geofisica ed altre discipline della scienze della terra.

PERCORSO ARABO-NORMANNO DI PALERMO, MONREALE E CEFALU'



Situato nella costa Settendrionale della Sicilia, Il percorso Arabo Normanno di Palermo include una serie di 9 strutture civili e religiose, la Cattedrale della città, il Ponte e le Cattedrali di Cefalù e Monreale. 


L’insieme delle costruzioni rappresentano un esempio di un sincretismo socio-culturale tra la cultura occidentale, quella islamica e quella bizantina che in questa terra diedero vita a nuove forme di spazi, strutture e decorazioni. Rappresentano inoltre la testimonianza di come differenti culture e religioni coesistettero per secoli in Sicilia dando vita a nuove forme di arte.


Le strutture Patrimonio Unesco sono: il Palazzo dei Normanni e la Cappella Palatina, la Zisa, La Cattedrale di Palermo, La Cattedrale di Monreale e la Cattedrale di Cefalù, la Chiesa di San Giovanni degli Eremiti, la Chiesa di Santa aria dell’Ammiraglio, la Chiesa di San Cataldo e il Ponte dell’Ammiraglio.

(da www.visitsicily.travel)

I Castelli più belli della Sicilia

IL CASTELLO DI CACCAMO


Il primo cancello, risalente al Quattrocento, conduce all’ingresso del complesso, con a sinistra un imponente costruzione, l’ala Prades. Qui erano organizzate le scuderie del castello, mentre all’esterno sono ancora presenti le feritoie o calditoie in cui venivano versate olio bollente o scagliate frecce contro i nemici. Sulla roccia si trova un bassorilievo che esorta in latino, la benevolenza di chi esercita la giustizia. Si giunge al secondo cancello, realizzato nel ‘600 in ferro battuto che dà l’accesso ad un cortile, detto della Cavalerizza. Da qui si giunge alla grande cisterna e ad un ambiente di ridotte dimensioni, usato in passato quale ossario. Proprio sopra tali ambienti si trova la sala delle udienze dei Prades, trasformata nell’Ottocento in teatro. Le carceri invece hanno tutt’altra atmosfera: basse, scure e umide riportano ancora i disegni e le scritte dei detenuti in attesa di giudizio. La stanza più grande poteva ospitare sei detenuti mentre la più piccola era costituita da un vano piccolissimo in cui il prigioniero poteva a stento a muoversi. E’ presenta inoltre una stanza delle torture.

All’interno si giunge da un portone in legno, sovrastata da una scritta in onore della famiglia Amato. Si arriva al Salone delle armi, o Sala delle congiure, un tempo riccamente abbellita con tappeti e arazzi, oggi abbastanza semplice, ma grande nelle dimensioni: è la stanza più ampia dell’intero complesso, con due bei balconi da cui si godono belle viste sul panorama circostante. Nella parte ovest si trova la stanza del camino e una stanza da letto, con pavimento in maiolica, rifatto secondo l’originale. Si giunge quindi all’ampio terrazzo che domina l’intero paesaggio, da cui si ci rende conto come tale luogo era strategicamente ideale per il dominio della zona. Diversi indizi fanno presupporre che qui venivano giustiziati gli avversari politici e i personaggi più rilevanti. Nel versante est del complesso, si trova la stanza da pranzo, con pavimento in mosaico e tracce di affresco sulle pareti, oltre ad un bel terrazzo esterno. In questa parte dell’edificio si trovava anche la cappella per gli ospiti. Dalla terrazza si giunge ad altre camere, nella parte superiore dell’edificio, interamente ricostruiti.

Cenni storici
Le prime notizie documentate si hanno nel 1093, ma la zona fu certamente abitata anche in periodi antichi. Il frequente utilizzo di termini di derivazione araba nel dialetto locale, rappresenta più di una prova che qui la dominazione d’oriente aveva messo radici profonde. La struttura del castello nacque probabilmente come semplice torre di avvistamento, alla quale venne aggiunta una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana. Fu intorno al XII secolo che il castello di Caccamo assunse le dimensioni odierne: vennero alzate possenti mura e ampliata la struttura, che diventò una fortezza di primaria importanza. Fu durante il regno dei Chiaramonte, nel Trecento, che il castello vide la costruzione della parte sud-est e il consolidamento del sistema difensivo, al quale vennero aggiunte nuove torri. Furono molte le dinastie che si succedettero al regno della città e alla dimora del castello: dai Chiaramonte agli Amato, passando per gli Henriquez-Cabrera, il castello subì sempre nuove modifiche e aggiunte. Dopo il periodo degli Amato (XVII secolo) però i lavori di restauro e manutenzione furono sempre minori fino ad un totale degrado della struttura. Nella seconda metà del Novecento, il castello di Caccamo fu acquistato dalla Regione Siciliana che provvide al restauro del maniero e di alcuni dipinti e affreschi presenti all’interno del castello.

Il sistema difensivo
Il castello e la cittadella erano dotati di un sistema difensivo che prevedeva un primo complesso, costituito da spesse mura e da quattro torri per fronteggiare un eventuale attacco: la Torre della Piazza, distrutta nel XVII secolo; la Torre delle Campane, oggi divenuta Torre campanaria del Duomo di Caccamo; la Torre di Byrsarone, collegata al castello da un passaggio segreto; infine la Torre che oggi funge da torre campanaria della chiesa di Santa Annunziata. Una seconda fila di mura costituiva la cinta difensiva interna, dalle quali spiccavano tre torri: la Torre Maestra, la più grande, ma andata distrutta nel 1823 a causa di un terremoto; la Torre Gibellina; e la Torre della Fossa. Il castello non fu mai espugnato.


IL CASTELLO DI CARINI


L’affascinante complesso del Castello di Carini si deve alla volontà di Rodolfo Bonello, fedele condottiere del Conte Ruggero che alla fine del XI secolo decise di realizzare una imponente costruzione difensiva nel sito in cui precedentemente sorgeva un avamposto arabo. Nel 1283 il Castello diviene proprietà della famiglia Abate, che ne fa una un’elegante dimora residenziale. A queste opere seguirono massicci cambiamenti durante la prima parte della reggenza della dinastia La Grua-Talamanca, progettati dai migliori architetti siciliani dell’epoca. Le imponenti mura della parte frontale, aperte da un ingresso ad arco, risalgono all’XI secolo: entrati all’intero si apre un ampio cortile su cui prospetta la facciata interna, in passato intonacata. Al pian terreno si susseguono quattro portali, tutti sormontati da diversi stemmi, come l’emblema araldico della gru, uccello simbolo della famiglia La Grua, o le zolle di terra a simboleggiare la dinastia dei Chiaramonte. 

All’interno un grande salone, una volta aperto all’esterno tramite tre finestre e con colonna centrale, e nella parte est del complesso un lavatoio ed una cappella affrescata, in cui è presente una statua marmorea della Madonna di Trapani. Tramite uno scalone, si giunge al piano superiore, dove un portale in marmo reca un scritta, riferita ai lavori di ristrutturazione del Quattrocento. Qui si trova il Salone delle feste, in cui spicca lo stemma dei La Grua nel soffitto, in parte originale dell’epoca, con una scritta latina e una figura leonina, a simboleggiare la dinastia dei Lanza. Tramite diverse scale si giunge alle cucine e ai piani superiori ed infine alla torre del Castello, dove grazie a un balconcino di recente fattura si può ammirare il paesaggio tutto intorno la città di Carini.

La storia di Carini
La città di Carini fu conosciuta nell’antichità con il nome di Hyccara, dinamico centro marittimo già durante il periodo fenicio. Venne distrutta da truppe ateniesi giunte in Sicilia a supporto di Segesta e Selinunte nel 415 a.C. e riedificata per scopi difensivi lontana dal mare. Carini ritorna a splendere durante il periodo arabo, grazie alla grande maestria dei conquistatori nella coltivazione dei fertili campi. Dopo la conquista normanna, la baronia di Carini venne affidata a Rodolfo Bonello, al quale si deve la costruzione del castello-fortezza di Carini. Dal 1397 al XIX secolo l’intero feudo fu di proprietà della dinastia La Grua-Talamanca, formatasi grazie al matrimonio combinato tra Ilaria e Gilberto. L’intero periodo medievale fu un periodo di relativo benessere per la popolazione di Carini, grazie anche all’influenza positiva derivante dalla vicinanza con Palermo. La città di Carini si distinse inoltre per essere stato centro di fermento durante tutto il Risorgimento, e testa di ponte delle truppe garibaldine prima della conquista di Palermo.

L'amaro caso della Baronessa di Carini
Classica opera della letteratura popolare siciliana, ballata tramandata da generazioni in generazioni con canzoni e cantastorie, l’Amaro caso della Baronessa di Carini è stato rivisto come sceneggiato televisivo nel 1975. La storia, avvolta tutt’oggi in un alone di mistero, narra dell’amore tra Laura Lanza di Trabia, figlia del Conte di Mussomeli, Cesare Trabia, e un giovane nobile del luogo, Ludovico Vernagallo. La giovane donna spinta al matrimonio dal padre a soli 14 anni con il Conte di Carini, si innamora del giovane Ludovico: scoperti in fragranza di adulterio, i due vennero uccisi dal padre e dal marito, entrambi feriti nell’orgoglio. La stanza dell’accaduto doveva trovarsi nella parte ovest del castello, andata completamente distrutta: si narra che la giovane lasciò una sua traccia insanguinata sulla parete, ma non mancano altre dicerie sul fantasma della baronessa, ancora vagante all’interno del Castello di Carini.


IL CASTELLO DI DONNAFUGATA


L’ingresso al Castello di Donnafugata avviene tramite due cortili interni, che si concludono con un’ampia scala che conduce al piano superiore. Sono diverse e ben ricostruite le stanze, con sedie, lampadari e tappezzeria originale dell’epoca. La Sala delle donne, la Sala per i fumatori, la Sala della Musica, la Sala degli Specchi, la Sala del biliardo erano un tempo il luogo dove si consumavano importante vicende della nobiltà siciliana Il percorso si conclude con l’ampio Salone degli Stemmi, in cui tutte le pareti sono ornate con 734 stemmi nobiliari delle famiglie del Regno delle Due Sicilie. All’esterno, il grande giardino vanta enormi ficus secolari e piante esotiche. Nascosto, si trova l’attrazione più curiosa e avvincente del Castello di Donnafugata: il labirinto, costruito nella caratteristica pietra bianca, con numerosi vicoli e viottoli che non consentono di trovare facilmente la strada d’uscita.

La storia
Il nome Donnalucata deriva dall’ arabo Aian as iafaiat, fonte della salute: nella zona erano presenti sorgenti di acqua salutare. La denominazione subì notevoli, fino a essere la definitiva Donnafugata. Questo luogo, di eccezionale valore strategico, fu prontamente fortificato dagli arabi, che ne issarono una torre. Ma fu soltanto nel XIV che il complesso assunse le sembianze proprie di un moderno castello. Ma no fu abbastanza: la dinastia degli Arezzo lo cambiò notevolmente durante l’Ottocento, conferendogli le dimensioni che sono oggi ammirabili: posto in un parco di oltre 2500 ettari, il Castello di Donnafugata fu dotato di ben 122 stanze, oggi solo in parte aperte al pubblico.

La leggenda

Alla morte del Re di Sicilia Martino I nel 1410, sua moglie Bianca di Navarra divenne reggente e regina di Sicilia. Il Conte di Ragusa, Bernardo Cabrera, invaghito dal fascino della nuova regina e dalla possibilità di divenire Re, chiese la mano alla Regina. La donna, fedele al marito, rifiutò senza indugi la proposta del Conte. Bernando decise allora di punire la Regina per l’affronto subito, rinchiudendola in una stanza del castello di Donnafugata. Venuti a conoscenza della scomparsa della Regina, i suoi fedeli sudditi riuscirono a liberarla e a catturare il Conte Cabrera. Secondo alcuni, il nome Donnafugata deriverebbe proprio da questo episodio romanzesco.



IL CASTELLO DELLA ZISA 



La Zisa, edificio del XII secolo, risale al periodo della dominazione normanna in Sicilia. La sua costruzione fu iniziata sotto il regno di Guglielmo I e portata a compimento sotto quello di Guglielmo II. La Zisa delle origini era una residenza estiva creata nelle vicinanze della città per il riposo e lo svago del sovrano. I Normanni, subentrati agli Arabi nella dominazione dell'Isola, furono fortemente attratti dalla cultura dei loro predecessori. I sovrani vollero residenze ricche e fastose come quelle degli emiri ed organizzarono la vita di corte su modello di quella araba, adottandone anche il cerimoniale ed i costumi. Fu così che la Zisa, come tutte le altre residenze reali, venne realizzata alla maniera "araba " da maestranze di estrazione musulmana, guardando a modelli dell'edilizia palazziale dell'Africa settentrionale e dell'Egitto, a conferma dei forti legami che la Sicilia continuò ad avere, in quel periodo, con il mondo culturale islamico del bacino del Mediterraneo.

Al Aziz (lo splendido, il nobile)
Il nome Zisa deriva probabilmente da al-Aziz (che in lingua araba significa nobile, glorioso, magnifico). Il vocabolo (in caratteri nashi), rinvenuto nella fascia epigrafica del vestibolo dell'edificio, denota la caratteristica d'uso islamico di contraddistinguere con un appellativo gli edifici civili più importanti. La costruzione venne commissionata dal re normanno Guglielmo I ad architetti arabi di cui apprezzava lo stile ed il gusto e nasce come "casa di villeggiatura" nella quale sovrane, dilettandosi nell' attività della caco la, poteva riprendersi dalle preoccupazioni del regno. La dimora era immersa nel verde e Invitava ali ozio con lo sciabordio delle acque che dalla sala della fontana scorrevano alla peschiera e poi st riversavano nel parco, favorendo li rigoglio dei palmizi e delle piante, alcune delle quali emanavano un intenso profumo. La sala della fontana, con le sue decorazioni simboliche richiamava il sovrano a quelle che erano le sue responsabilità, ricordandogli che il suo potere discendeva direttamente da Dio e non doveva perciò essere trascurato.

Le vicissitudini del Castello sono state varie e non sempre felici e la sua costituzione architettonica ha risentito del trascorrere dei secoli e dello stato di abbandono in cui è stato. Nel 1951 divenne demanio regionale ma per essere preso in considerazione Al Àziz ha dovuto lanciare un ulteriore "grido di dolore" con il crollo di un'ala nel 1971; solo cosi si è dato il via al restauro. Il lifting non è ancora completalo, ma noi del quartiere speriamo vivamente che esso ritorni ad essere "il paradiso terrestre che si apre allo sguardo". 

Il parco del Genoardo
La Zisa delle origini si trovava inserita nel grande parco reale di caccia del Genoard (paradiso della terra), che si estendeva ad occidente della città. Tutti gli edifici reali ricadenti in esso (oltre alla Zisa, il palazzo dell'Uscibene ed i padiglioni della Cuba e della Cuba soprana) erano circondati da splendidi giardini, irrigati ed abbelliti da fontane e grandi vasche, utilizzate anche come peschiere.

Le trasformazioni nei secoli
La Zisa delle origini subì nei secoli numerose trasformazioni. Nel Trecento, tra le altre modifiche apportate, fu realizzata una merlatura, distruggendo parte dell'iscrizione in lingua araba (a caratteri cufici) che faceva da coronamento all'edificio. Radicali furono le trasformazioni seicentesche intervenute quando il palazzo, in pessime condizioni, venne rilevato da Don Giovanni di Sandoval, a cui risale lo stemma marmoreo con i due leoni, oggi posto sopra il fornice di ingresso. Per le mutate esigenze residenziali dei nuovi propri etari furono modificati alcuni ambienti interni, soprattutto all'ultima elevazione, furono realizzati nuovi vani sul tetto a terrazza, fu costruito un grande scalone e vennero modificate le finestre sui prospetti esterni. Nel 1808, con la morte dell'ultimo Sandoval, la Zisa passò ai Notarbartolo, principi di Sciara, che la utilizzarono per usi residenziali fino agli anni '50, quando la Regione Siciliana la espropriò. Il restauro della fine degli anni '70 ed '80 ha restituito la Zisa alla pubblica fruizione. Nella parte dell'ala Nord crollata nel 1971 si è proceduto alla ricostruzione delle volumetrie originarie, adoperando, per una piena riconoscibilità dell'intervento, cemento e mattoni in cotto, materiali differenti dalla originaria pietra arenaria.

L'esposizione
Nelle sale sono esposti alcuni significativi manufatti di matrice artistica islamica provenienti da paesi del bacino del Mediterraneo. Tra questi sono di particolare rilevanza le eleganti musciarabia (dall'arabo masrabiyya), paraventi lignei a grata (composti da centinaia di rocchetti incastrati fra di loro a formare, come merletti, disegni e motivi ornamentali raffinati e leggeri) e gli utensili di uso comune o talvolta di arredo (candelieri, ciotole, bacini, mortai) realizzati prevalentemente in ottone con decorazioni incise e spesso impreziosite da agemine (fili e lamine sottili) in oro e argento.

Le origini del quartiere
In origine, il territorio del quartiere faceva parte del "Parco normanno", luogo di caccia e di villeggiatura dei sovrani e si estendeva da fuori le mura fino a sotto i colli. L'aria salubre, la ricchezza di acque (quelle del torrente Gabriele), la rigogliosa vegetazione e lo stupendo Castello che lo caratterizzava dandogli il nome, ne avevano fatto un luogo rinomato da salvaguardare. Per questo motivo, quando Palermo cominciò ad estendersi fuori le mura, la Zisa resta ancora "zona verde" (campagna). La prima delibera comunale che la cita è quella del 1860 che la definisce "territorio suburbano n. 2" unitamente all'Uditore. Solo nella delibera comunale del 1889, che da un nuovo assetto alla città di Palermo il nostro quartiere appare come "Sezione urbana n, 6" della città. Da allora, è stato un continuo espandersi e popolarsi, talvolta con uno sviluppo edilizio poco razionale, di questo quartiere che, a ridosso del vecchio centro storico, è stato delimitato dalla nuova circonvallazione che ne costituisce il confine, Iato monte, e lo separa dagli altri quartieri, cui in origine era unito.



Oggi, amministrativamente, il quartiere fa parte (insieme con i quartieri di Noce, Uditore, Passo di Rigano e Borgo Nuovo) della quinta circoscrizione del Comune di Palermo. Vi possiamo distinguere tre diverse realtà urbanistiche: Zisa Olivuzza, dal palazzo di Giustizia fino a Piazza Principe di Camporeale, Zisa Ingastone, dal Corso Alberto Amedeo (subito fuori le mura) fino a Piazza Zisa (ai piedi del Castello), Zisa Quattro Camere, dalle spalle del Castello della Zisa fino ai Viale della Regione siciliana, anche se tale distinzione non ha nessun supporto formale. Dal punto di vista sociologico-culturale, rappresenta ancora oggi un punto di unione tra antico e moderno, tra vecchia e nuova Palermo, tra la civiltà dei venditori ambulanti che chiamano i clienti per nome e quella dei grandi discount massificanti.


IL CASTELLO DI ADRANO


La Costruzione del Castello di Adrano si deve ai Normanni, che dopo aver scacciato gli Arabi decisero di porre una poderosa costruzione a difesa dello strategico sito, entrando a far parte di un più ampio progetto di militarizzazione della Sicilia. Durante la dominazione normanna, il centro, rinominato in Adernò, conobbe un prolungato periodo di prosperità, dove Arabi, Normanni e gente del luogo riuscirono a convivere e rendere l’odierna Adrano un centro fiorente. Nel Trecento, Adrano passò in mano alla famiglia Sclafani, che adibì il castello in propria dimora, edificando all’interno anche una cappella di famiglia. Oggi Adrano si presenta con sembianze moderne, all’interno del quale si trovano luoghi di sicuro interesse storico che lo rendono uno dei centri più importanti posto alle falde dell’Etna.

L’opera di edificazione del castello avvenne sotto il Gran Conte Ruggero, alla fine dell’XI secolo. La costruzione militare venne stranamente posta in una posizione che, a differenza degli altri bastioni, non si trova nella parte più alta della città. Questo probabilmente a causa di una sorgente d’acqua che vi scorreva vicino. Oggi si presenta imperioso e perfettamente mantenuto al centro della piazza principale di Adrano, con la struttura allungata a parallelepipedo, rafforzato da una cinta muraria, con torri ai lati costruita in epoca successiva. Durante il periodo normanno doveva presentarsi protetto da una cinta muraria esterna, all’interno della quale trovano collocazione le stalle, magazzini e abitazioni per i servi. All’interno del Castello è stato organizzato già dal 1958 il Museo Archeologico di Adrano, comprendente cospicui materiali che ripercorrono tutte le tappe storiche della città, dalla preistoria fino al periodo medievale. Non mancano inoltre, resti di altri siti archeologici di Sicilia.

Piano terra
Il piano terra espone in due sale distinte materiali risalente all’epoca preistorica: nella prima stanza, utensili, armi primitive e piccoli contenitori, proveniente da siti di scavo differenti. Nella seconda invece, sono presenti numerosi corredi funerari rinvenuti nelle grotte che si trovano nei dintorni di Adrano: la difficoltà a scavare il terreno a causa della durezza della pietra lavica, ha favorito l’utilizzo delle grotte naturali quale posto dove collocare i defunti.

I Piano
Il primo piano conserva all’interno della prima stanza reperti risalenti al VII-V secolo a.C. Nella seconda invece materiale provenienti da necropoli, quali corredi e vasi in cui venivano poste le ceneri dei defunti. Tra di essi si trovano materiali probabilmente proveniente dal nord-africa, oltre ad un elmo di battaglia in bronzo. Nell’ultima sala invece, materiale proveniente da diverse zone della Sicilia orientale, tra cui un busto femminile.

II Piano
Al secondo e ultimo piano del Museo archeologico si trovano numerosi materiali, soprattutto vasellame e statuette risalente al periodo della fondazione di Adranon. Nella sala successiva invece, materiale romano,bizantino e medievale testimonia l’importanza che Adrano ha ricoperto in passato.


IL CASTELLO DI NARO


Intatto e potente, il castello di Naro è una delle più belle costruzioni militari presenti in Sicilia. Posizionato nella parte più elevata della città, la sua struttura originaria si fa risalire al periodo arabo. I Normanni lo riformularono nella sua totalità dopo averlo sottratto ai musulmani mentre diverse aggiunte furono operate da Federico III d’Aragona, come la torre a pianta quadrata sulla parte est. La costruzione odierna è il frutto dei rifacimenti voluti da Matteo Chiaramonte durante il periodo feudale. All’interno dell’alta cinta muraria che corre per 166 metri, la parte centrale è occupata dal vasto cortile dove si trovavano le stalle, la cappella ed il pozzo. Al suo interno sono diversi gli ambienti che fanno ritornare con la mente all’epoca che fu. Tra i più belli da annotare il Salone del Principe, situato nella torre aragonese ed illuminato da due finestre di chiare fattezze gotiche. Il castello si trova in splendide condizioni grazie al recente restauro. Dal 1912 è monumento di interesse nazionale.


IL CASTELLO DI SPERLINGA


Sperlinga è una piccola e graziosa città dell’entroterra siciliano. Situata tra i Monti Nebrodi e le Madonie, distante circa 50 km da Enna, Sperlinga è una delle località siciliane che meriterebbero più attenzione da parte dei visitatori: antico borgo d’origine medievale si contraddistingue per il suo castello interamente scavato nella roccia, così come alcune costruzioni civili. Il nome della cittadina, derivante dal greco Spelonca (grotta), si deve proprio all’ attitudine della popolazione del luogo a ricavare le proprie dimore direttamente dalla pietra nuda.

Il castello, edificato in epoca remota da popolazioni autoctone, è uno degli esempi più esaltanti di architettura rupestre nel panorama nazionale ed internazionale. Un tempo fortezza inespugnabile, dotata di ponte levatoio, mantiene intatto tutto il suo fascino: all’interno del complesso si possono ancora visitare le scuderie, le prigioni e gli ambienti dedicati ai numerosi fabbri del possedimento, oltre ad una serie di luoghi di culto. In cima al castello si giunge grazie ad una angusta ma suggestiva scala composta da 80 scalini, anch’essa scavata nella roccia. Nella spianata trovavano posto le armi militari utilizzate per respingere gli assalti al castello (oltre delle cisterne usate per convogliare le acque piovane). Da qui si gode un eccezionale colpo d’occhio sul verde ancora intatto di questo scorcio di Sicilia.

Le grotte di Sperlinga


Le Grotte di Sperlinga o Borgo Rupestre è una zona della città caratterizzata da numerose abitazioni rupestri, probabilmente risalenti a periodi preistorici. Abitate fino agli anni Sessanta, oggi sono in parte visitabili e adibite a piccoli musei locali, al cui interno sono esposti attrezzi contadini. Via Valle è un’altra parte del Paese assai suggestiva dove le costruzioni di recente realizzazione si mischiano alle grotte, formando un panorama davvero insolito.

La storia
Del piccolo borgo di Sperlinga si hanno poche notizie relativamente alla sua fondazione e al periodo antico. In epoca medievale il suo poderoso castello venne sfruttato dai Normanni quale fortezze strategica sulle rotte viarie che collegavano la Sicilia centrale verso il Mar Tirreno. Durante la Rivolta dei Vespri del 1282, la città divenne di fondamentale importanza per le sorti della Sicilia: la dinastia francese degli Angioini infatti, riuscì a trovare riparo dalle rivolte della popolazione siciliana soltanto nella fortezza di Sperlinga. Fu l’esercito di Piero d’Aragona, l’anno seguente, ad espugnare il castello rupestre. Nei secoli successivi, Sperlinga legò il suo nome alla potente famiglia dei Ventimiglia, che vendette nel 1597 il feudo ed il Castello a Giovanni Forti Natoli, primo principe di Sperlinga. Una curiosità è importante sapere: il dialetto di Sperlinga è famoso per aver mantenuto nel tempo gli influssi fonetici francesi, tanto da essere definito una parlata gallo-italica.


IL CASTELLO URSINO


Il Castello Ursino rappresenta l’edificio più imponente di Catania. Costruito per volontà di Federico II e più volte danneggiato e restaurato, era il bastione principale di un sistema difensivo voluto dal sovrano per difendere la parte orientale dell’isola. Il castello al tempo della sua edificazione sorgeva direttamente sul mare: l’eruzione del 1669 lambì l’edificio, riempiendo i fossati della sua colata lavica, e di fatto lo allontanò dalla costa. La sua pianta quadrangolare, le imponenti torri che si innalzano dai vertici e le massicce mura, lo rendono una delle più grandi costruzione dell’epoca normanna in Italia. Durante il corso dei secoli venne usato sia per guarnigione, sia per motivi politici e amministrativi. Mantenuto in eccellente stato, il Castello Ursino ospita il museo civico della città, in cui vengono sono esposti reperti archeologici di epoca classica, dipinti medievali e collezioni di armi e armature di diversi periodi storici.




(da www.visitsicily.travel)